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Nodi cruciali per la Francia

5 Giugno 2014 15:45
financialounge -  BCE competitività debito pubblico disoccupazione francia Francois Hollande troika
“Abbiamo continuato ad aumentare la nostra esposizione sui mercati azionari, rafforzando il nostro sovrappeso in questo segmento. Il motivo della nostra scommessa rialzista rimane immutato: le attività rischiose e i mercati azionari in particolare continuano a essere sostenuti dalle iniezioni di liquidità delle banche centrali, dai rendimenti depressi dei titoli di Stato e dai ragionevoli utili aziendali. La liquidità è abbondante e il sentiment degli investitori non ha ancora raggiunto quel livello di euforia tipico di un punto culminante. Detto ciò rimaniamo ben consapevoli che i livelli di valutazione sono quantomeno equi in termini assoluti e che, per alimentare ulteriori guadagni, è necessaria liquidità abbondante e a basso costo”.

Sono queste le indicazioni operative di portafoglio che emergono nel commento di mercato del 3 giugno a cura di Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, tutto dedicato, per il resto, ad approfondire la situazione politico – economica francese.
“La seconda economia dell’area euro ha accumulato un notevole ritardo rispetto alla Germania, forza trainante dell’Unione Europea. È possibile però scorgere uno spiraglio di luce alla fine del tunnel. Le riforme predisposte dal presidente François Hollande sono un punto di partenza, a condizione che siano attuate correttamente. Un rilancio dell’economia francese sarebbe un fattore determinante per il miglioramento delle prospettive a lungo termine dell’eurozona” sottolinea Christophe Bernard che poi passa a riordinare lo status della Francia iniziando dalla notizia positiva.
La crisi finanziaria non ha scardinato la Francia. Anzi, la sua economia si è dimostrata più resistente di quella tedesca – nel 2009 il prodotto interno lordo francese è sceso del 2,9 percento rispetto al 5,1 percento tedesco – e anche con l’acuirsi della crisi non ha mai accusato stress finanziari.
La Francia non ha subito il destino di Stati periferici come l’Irlanda, la Grecia, l’Italia, la Spagna o il Portogallo, che hanno dovuto ricorrere o al programma di salvataggio della cosiddetta Troika – Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea (BCE) e Commissione Europea – o all’intervento della BCE sui propri mercati dei titoli di Stato per evitare un potenziale default.
Allo stesso tempo, però, la Francia si trova alle prese con un ristagno dell’economia, mentre il suo debito pubblico si sta avvicinando al 100 percento del prodotto nazionale lordo.
“Il paese sta lottando per centrare il target di una riduzione del deficit pubblico al 3 per cento del PIL entro il 2015. La sua bilancia commerciale rimane in rosso, la disoccupazione continua a salire e i posti di lavoro del settore industriale stanno scomparendo. La netta e persistente sottoperformance dell’economia francese rispetto a quella tedesca, osservata dal 2010, è frutto di un crescente divario di competitività, iniziato già nei primi anni 2000. Inoltre i cittadini francesi hanno perso fiducia nella “classe politica” tradizionale, come dimostra il trionfo del partito di estrema destra Front National alle recenti elezioni europee” puntualizza Christophe Bernard.

In netto contrasto con gli sforzi profusi in Spagna e anche in Italia, in Francia è dolorosamente assente qualsiasi tentativo di spronare la competitività, contenere l’eccessivo peso del settore pubblico e incrementare il potenziale di crescita a lungo termine. È vero che lo Stato francese è all’origine di successi economici di portata storica come l’Airbus e Ariane nel settore aerospaziale, il programma di energia nucleare o la rete ferroviaria ad alta velocità, ma sembrano ormai remoti: invece di promuovere l’innovazione, il governo sembra più intento ad attutire l’impatto delle trasformazioni industriali sull’economia nazionale.

François Hollande ha tracciato un ambizioso “patto di responsabilità” finalizzato a ridurre i costi dell’attività economica per le imprese e al contempo tagliare la spesa pubblica di 50 miliardi di euro. Questo cambiamento di linguaggio è di per sé positivo.
I dettagli devono essere però ancora finalizzati, e le proposte incontreranno una feroce opposizione da parte del Partito Socialista del Presidente stesso e il fatto che molti membri del partito abbiano scarse possibilità di essere rieletti non è certamente di aiuto.
“A differenza della Spagna, che è sulla via della ripresa dopo un processo di riforme profonde e dolorose, il “sacrificio” dei francesi non ha prodotto finora risultati tangibili, discreditando la classe politica in generale. Il “patto di responsabilità” è un passo positivo, ma il suo successo dipenderà dalla sua realizzazione o meno” conclude Christophe Bernard.
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