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La stagione degli utili

9 Aprile 2014 10:30
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A seconda che si guardi all’Europa o agli Stati Uniti, i risultati societari suscitano sensazioni discordanti negli investitori tanto da indurli a profonde riflessioni.

“Iniziamo dall’Europa, area nella quale la quarta stagione dei risultati trimestrali del 2013 è giunta all’incirca a metà strada. I primi risultati pubblicati a inizio febbraio sono stati deludenti: solo il 28% circa delle aziende europee ha infatti superato le aspettative relative agli utili per azione (Earnings Per Share/EPS). In seguito, tuttavia, tale percentuale è salita a circa il 53% (la metà se si escludono le società finanziarie), mentre il 45% delle aziende europee ha superato le previsioni di vendita. In termini di aspettative di crescita annua degli EPS, siamo di fronte a una riduzione del 4%” argomenta Guido Barthels, Fund Manager degli Ethna Funds.

Nonostante i risultati incoraggianti, la maggior parte delle conferenze e delle presentazioni agli investitori eseguite successivamente alle pubblicazioni degli utili sono state piuttosto pessimiste. Di conseguenza, gli analisti sell-side (che lavorano tipicamente per banche d’investimento) hanno ridotto le previsioni di crescita per il 2014, fino a quel momento molto ottimistiche, ad un moderato 10% in termini di crescita degli utili per azione.

“Ciò significa, per quel che riguarda gli investimenti in azioni europee, che in ragione della recente correzione degli EPS (earning per share, utili per azione) e dell’andamento lievemente rialzista evidenziato nel corso dell’anno dai mercati azionari europei, il rapporto prezzo/utile è aumentato fino a 14. Storicamente questo livello è relativamente elevato e implica che i mercati siano attualmente piuttosto costosi” puntualizza Guido Barthels.

Gli analisti buy-side (che operano prevalentemente per investitori istituzionali), dal canto loro, continuano a puntare sulla ripresa europea, in ragione dei continui afflussi di capitali ricevuti dai fondi nelle ultime settimane: gran parte dei quali sono confluiti dai fondi azionari orientati ai mercati emergenti ai fondi esposti al settore azionario europeo.
“I dati positivi delle PMI sono essenziali per realizzare una previsione di crescita del PIL europeo condivisa pari a circa l’1%, che si tradurrebbe in una crescita degli EPS del 10%. Come sottolineato sopra, una simile crescita è necessaria per mantenere gli attuali livelli dei mercati azionari e per evitare che in brevissimo tempo i mercati azionari europei appaiano tesi” fa presente Guido Barthels.

Tra i settori più deludenti non sorprende trovare quelli più esposti ai mercati emergenti, sia in termini di investimenti in attività fisse (ad esempio nel segmento industriale e dei materiali) che di esposizione ai beni di consumo, tra cui quelli primari.

“Passando ora agli Stati Uniti, osserviamo evidentemente un insieme di risultati migliori. Il 75% delle società che hanno pubblicato i risultati (pari all’87% del totale) ha infatti superato le aspettative sugli EPS, e il 63% quelle relative alle vendite. In termini di crescita degli EPS prevediamo un 9% annuo (7% escluso il settore finanziario) se gli utili cresceranno dell’1% annuo” rivela Guido Barthels.

Analogamente a quanto riscontrato in Europa, il settore che ha ottenuto i migliori risultati in relazione agli utili per azione e alle vendite è stato quello sanitario, seguito dai settori finanziario, industriale e tecnologico.
Un’importante eccezione è rappresentata dal settore dei beni di consumo primari, soprattutto per quel che riguarda gli EPS. Per le ragioni suddette, a causa di turbolenze nei mercati valutari, fenomeni inflazionistici, una flessione nel settore delle vendite al dettaglio (dovuta alle condizioni climatiche estreme verificatesi quest’inverno) e un rallentamento della crescita nei mercati emergenti esso ha dovuto affrontare grandi resistenze.

Un altro settore che ha evidenziato delle difficoltà nella stagione degli utili in esame è quello dei beni di consumo discrezionali. L’avvio di stagione piuttosto stentato per i distributori al dettaglio è stato attribuito principalmente alle condizioni climatiche avverse. A tal riguardo, gli indici delle vendite al dettaglio pubblicati di recente negli Stati Uniti hanno evidenziato chiari segnali di debolezza nei consumi.

“Tuttavia, il miglioramento degli ultimi risultati pubblicati dai distributori al dettaglio indica che l’impatto delle condizioni climatiche cui si faceva riferimento si sta affievolendo, il che avvantaggerà le società che pubblicano i risultati in fase avanzata del ciclo. Guardando al futuro, sarà interessante seguire da vicino l’evoluzione degli indicatori economici statunitensi, dato che quelli pubblicati di recente sono stati piuttosto disomogenei. È noto che molti commentatori minimizzano quest’attuale sviluppo, adducendo come motivazione le condizioni climatiche negative e distorcendo in tal modo il reale quadro della situazione economica statunitense. Come di consueto, continueremo a tenere sotto stretta osservazione gli sviluppi della situazione per agire di conseguenza” conclude Guido Barthels.
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