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I mercati emergenti restano una fonte di incertezza

18 Marzo 2014 10:00
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La crisi tra Russia e Ucraina ricorda agli investitori che la instabilità politica è tradizionalmente uno dei rischi principali dell’investimento nei paesi emergenti. E per questo, nonostante le valutazioni degli indici degli emerging markets siano molto basse, non sembrano ancora esserci le condizioni sufficienti ad attrarre gli investitori che preferiscono attendere segnali più concreti di stabilizzazione e i potenziali catalizzatori in grado di riaccendere la propensione ad investire in queste aree del mondo. È questa la view formulata da Maria Paola Toschi, Global Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management sull’attuale situazione della crisi tra Ucraina e Russia.

Nei giorni scorsi c’è stata una rapida evoluzione della crisi tra Russia e Ucraina. Il popolo della Crimea con il referendum organizzato in tempi rapidissimi ha espresso quasi un plebiscito con oltre il 95% dei votanti che hanno dichiarato parere favorevole all’annessione alla Federazione Russa e una forte affluenza superiore all’80% degli aventi diritto al voto. Il parlamento russo ha a sua volta votato l’inizio del processo di annessione della Crimea alla Russia. La Crimea ha dichiarato l’indipendenza dall’Ucraina.

“I prossimi passi saranno probabilmente il varo da parte della Russia di procedure semplificate per accelerare l’annessione della Crimea alla Russia. I rappresentanti della Comunità europea hanno dichiarato che non riconosceranno i risultati del referendum, cosa che ha fatto anche il leader del nuovo governo nato in Ucraina dopo la fuga dell’ex premier. La comunità internazionale critica come la vicenda sia stata gestita e come le proteste in Crimea verso l’ex leader politico, siano state sfruttate dalla Russia per procedere all’annessione. Secondo Putin al contrario il referendum ha espresso una fortissima preferenza per l’annessione alla Russia e rispetta il diritto internazionale” puntualizza Maria Paola Toschi per la quale, finora, la comunità europea ha varato sanzioni economiche molto modeste, tra cui il congelamento dei beni di alcuni leader politici ucraini o la limitazione nella concessione di visti ai cittadini ucraini.
La situazione resta fluida e potrebbe ancora creare preoccupazioni e tensioni soprattutto per l’introduzione di sanzioni da parte dell’Europa e degli Stati Uniti. Tuttavia resta spazio per la diplomazia per gestire i prossimi passi del processo di annessione e le relazioni con il resto del mondo.

“La rapida accelerazione degli eventi e il processo di annessione della Crimea alla Russia crea un pericoloso precedente destabilizzante che potrebbe generare altre spinte secessioniste non solo nell’Europa dell’est ma anche in altre parti del mondo. Si pensi ad esempio alla Spagna dove emergono periodicamente focolai di protesta da parte della Catalogna. Stiamo parlando di aree molto diverse tra loro ma che hanno alla base la stessa matrice indipendentista. Restando nell’Europa dell’est si deve evidenziare che potrebbero emergere altri focolai di protesta. Stiamo infatti parlando di un’area ancora instabile come eredità dei complessi eventi che hanno caratterizzato la storia di questi popoli dopo la fine della seconda guerra mondiale e fino ai giorni nostri” sottolinea Maria Paola Toschi che poi però confida:

“Tuttavia sembra emergere una gestione della crisi più conciliante e basata su dinamiche diplomatiche. Sembra essersi attenuato il rischio di una spirale di violenza basata su una qualche forma di conflitto armato”.

Dal punto di vista economico questa crisi penalizza la Russia che sta già soffrendo di un forte calo del Rublo e del mercato azionario e che potrà essere penalizzata da eventuali sanzioni da parte della comunità internazionale. Le mire espansionistiche stanno tuttavia prevalendo rispetto alle preoccupazioni economiche. Il mercato azionario russo sta al momento trattando a dei multipli molto bassi. Il P/E atteso quota ad un livello che è pari a circa il 50% inferiore alla media a dieci anni.

La crisi può avere delle ripercussioni anche per l’Europa e soprattutto alcuni settori come quello bancario. Secondo fonti ufficiali le banche europee vantano crediti verso le banche russe per circa 184 miliardi di dollari. Una escalation della crisi potrebbe quindi avere ripercussioni sul settore finanziario.
Anche il settore energetico potrebbe rappresentare una fonte di incertezza. La Russia fornisce oltre il 20% del gas naturale all’Europa utilizzando delle strutture che passano attraverso l’Ucraina. Il prezzo del gas è salito rendendo più caro l’approvvigionamento in un momento in cui la ripresa economica resta fragile. L’Ucraina è anche un importante fornitore di prodotti agricoli sui mercati internazionali cosa che sta generando tensioni sui prezzi del grano e del mais. Tuttavia l’effetto contagio potrebbe rimanere limitato.

“Questa vicenda ha ricordato agli investitori che la instabilità politica è tradizionalmente uno dei rischi principali dell’investimento nei paesi emergenti. I paesi emergenti continuano quindi a costituire una fonte di incertezza per le strategie di investimento del 2014 e ciò rappresenta una totale inversione di tendenza rispetto a quanto prevaleva in passato. La Cina e molte economie rallentano la crescita, le valute sono più vulnerabili, alcune banche centrali sono state forzate a inasprire le condizioni monetarie in un momento in cui la crescita economica non lo avrebbe consigliato. Le valutazioni degli indici emergenti sono molto basse, ma ciò non sembra sufficiente ad attrarre investitori che restano alla finestra e attendono segnali più concreti di stabilizzazione e la ricerca di quei catalizzatori che possano riaccendere la propensione ad investire in queste aree del mondo” è la conclusione finale di Maria Paola Toschi.
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