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Abenomics

L’enigma del grosso debito pubblico giapponese

14 Marzo 2014 12:00
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Quando si parla di Abenomics, come è stato battezzato a livello internazionale il piano di politica economica promosso dal Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, si pensa all’obiettivo di inflazione del 2% proclamato per superare la deflazione che attanaglia il paese da decenni, e per rilanciare in modo strutturale l’economia del Sol Levante.
Sarebbe tuttavia opportuno non dimenticare un aspetto non proprio secondario: come il Giappone sia riuscito a mantenere un debito tanto elevato e un contesto di tassi d’interesse così bassi tanto a lungo e le possibili conseguenze di un’accelerazione della crescita e dell’inflazione.

“Il rapporto debito/PIL del Giappone nel 2013 si attestava al 243%, cioè oltre il triplo della media dei paesi dell’OCSE (75,5%) ed è di gran lunga il più elevato tra i paesi sviluppati. Ciononostante, finora il Giappone non solo è riuscito a evitare crisi fiscali di entità pari a quelle che hanno colpito la periferia europea, ma anche a beneficiare di tassi d’interesse nominali estremamente bassi: l’ultima volta in cui il rendimento dei titoli nipponici a 10 anni ha nettamente superato il 2% è stata nel 1999” fa presente il team di Ethenea per il quale la spiegazione più semplice per la sostenibilità dell’elevato debito pubblico osservata in passato è una combinazione di tre fattori: una fase prolungata di crescita debole, un’inflazione estremamente contenuta o persino negativa e un elevato tasso di risparmio nazionale con una forte propensione agli asset nazionali.

Va detto che, con la politica di tassi zero e un’inflazione dell’indice dei prezzi al consumo nazionale inferiore al 2,5% per quasi 25 anni, il paese ha beneficiato di tassi d’interesse nominali contenuti che hanno contribuito a tenere sotto controllo il costo del servizio del debito, almeno dal punto di vista dei flussi di cassa. Alcuni potrebbero obiettare che in realtà ciò che conta è il tasso d’interesse reale, in particolare alla luce del contesto deflazionistico del Giappone negli ultimi decenni. Il team di Ethenea ritiene che ciò sia vero solo in parte: i tassi d’interesse reali sono importanti, ma ciò non significa che i tassi d’interesse nominali non lo siano. Come diversi altri paesi in tutto il mondo, il Giappone ha progressivamente prolungato la scadenza media delle emissioni di titoli di Stato, ma con un saldo del debito in costante espansione. A un certo punto il differimento del debito diventerà un problema, soprattutto in caso di aumento dell’inflazione e, di conseguenza, dei tassi d’interesse. Peraltro, non si sta ancora prendendo in considerazione l’aumento delle aspettative d’inflazione.

“Quando gli operatori prevedono ulteriori aumenti dell’inflazione, tali aspettative vengono scontate dalle stime di rendimento, gravando di conseguenza sui conti pubblici” sottolinea il team di Ethenea che poi aggiunge: “Per quanto riguarda il PIL, parte degli attuali sforzi del Giappone per stimolare la crescita non è (ancora) stata compiuta mediante un netto incremento della produzione, bensì con un aumento delle esportazioni globali”. Inoltre, il deprezzamento valutario agisce come le imposte sui consumi sui prodotti importati, riducendo il valore reale del reddito delle famiglie: se i salari non aumentano allo stesso ritmo, il deprezzamento della valuta erode anche il valore reale dei consumi delle famiglie.

“Se i tassi d’interesse giapponesi vengono mantenuti bassi, una quota significativa del PIL viene ridistribuita dalle famiglie al governo. Sfortunatamente, negli ultimi vent’anni il paese ha avuto difficoltà a ribilanciare il PIL verso un aumento del consumo delle famiglie. Sebbene nel breve periodo l’inversione di questo processo possa alleviare il bilancio del paese, non è chiaro come in questo modo sia possibile ottenere un cambiamento sostenibile a lungo termine. Inoltre, sebbene il debito pubblico nipponico continui ad aumentare, l’Abenomics potrebbe risentire degli effetti collaterali dell’innalzamento del tasso di risparmio nazionale, facendo sì che il Giappone possa emettere titoli di debito anche con tassi d’interesse (nominali) estremamente bassi. Nel caso estremo, il Giappone si ritroverebbe al punto di partenza, ma questa volta con una totale perdita di fiducia e con un rapporto debito/PIL nettamente superiore a quello iniziale. Il successo dell’Abenomics dipenderà dalla combinazione perfetta tra la situazione a livello nazionale (necessariamente coadiuvata dall’attuazione di riforme) e il saldo con l’estero” puntualizza il team di Ethenea.

Sviluppi sfavorevoli, come riforme insufficienti o una crescita globale stagnante non in grado di contenere l’aumento delle esportazioni nipponiche, costringeranno il paese ad affrontare il proprio indebitamento elevato in modo diverso. Il debito è sempre importante e deve sempre essere rimborsato da qualcuno, anche in caso di un haircut o di insolvenza del mutuatario. L’elevato onere debitorio del Giappone non è stato risolto. Anche se gli operatori del mercato sembrano aver dimenticato il colossale debito pubblico del paese, non significa che esso sia stato condonato.
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