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Un oceano di differenze nel high tech

5 Febbraio 2014 15:30
financialounge -  dogana EMEA settore tecnologico web advertising
Nell’ultimo report di Deloitte sulle 500 società dell’area EMEA in ascesa nel settore tecnologico c’è una sola italiana, Triboo, che si è classificata al 388° posto. Il report è considerato come una delle più importanti classifiche del settore high tech e valuta la crescita media del fatturato delle aziende negli ultimi cinque anni, nell’area EMEA - Europa, Medio Oriente ed Africa. In cima alla classifica troviamo i francesi con 86 aziende, seguiti dagli inglesi con 71 società e dagli olandesi con poco più di 50 aziende.

Come dicevamo precedentemente, si piazzano male gli italiani: una sola società, Triboo, che con oltre 20 milioni di fatturato presto andrà a quotarsi sull’AIM di Piazza Affari. La sua formula vincente è stata quella di essere in grado di presidiare due aree cruciali del mercato digitale: il commercio elettronico ed il web advertising. Secondo il presidente della società Giulio Corno, il futuro è quello dell’internazionalizzazione in mercati strategici, americano e cinese in primis.

Un altro dato importante che salta all’occhio dal report è che l’edizione 2013 ha registrato una crescita media delle 500 aziende pari all’1,3%, numero che cresce fino al 24% per le prime cinque aziende classificate. Rimane comunque un dato in calo se paragonato ai numeri dell’edizione 2012, dove la crescita media era pari all’1,5% e al 53,4% per le top five. La prima azienda classificata è la francese Ymagis, che nel mondo del cinema sta avviando una vera e propria rivoluzione, trasformando in digitale le sale cinematografiche rimaste ancora al tradizionale 35mm. Subito dopo i francesi di Ymagis troviamo gli israeliani di MyThings e gli olandesi di Adyen.

Tutto questo mentre dall’altra parte dell’oceano la situazione di tensione intorno ai grossi gruppi high tech sta crescendo dopo lo scandalo Datagate. Quello che si teme, e che in parte sta già avvenendo, è che ci possano essere delle forti restrizioni e dei pesanti controlli da parte dei governi stranieri intorno a quelle aziende americane che si occupano proprio di hig tech. Numeri che si è provato a quantificare in un rapporto del Technology and Innovation Foundation, secondo cui queste restrizioni potrebbero far calare del 4% la crescita dei servizi tecnologici forniti da aziende USA, per un mancato guadagno dell’ordine di 35 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.

Che la tensione intorno alle dichiarazioni della talpa Edward Snowden fosse alta già lo sapevamo. Tanto che la Germania si è fatta portavoce di un’alleanza nel favorire, attraverso barriere doganali e restrizioni di vario tipo, le società tecnologiche europee. Le linee guida prevedrebbero un maggior uso di programmi open source, più difficili da controllare. Ma non è solo l’Europa che teme di veder soffiare via i propri segreti e i dati sensibili dei propri cittadini. Su una linea simile si sta muovendo anche il Brasile che sta discutendo l’approvazione di una legge sulla conservazione dei dati dei propri cittadini all’interno dei propri confini nazionali.
Ma come possono queste norme far calare il fatturato dei big dell’high tech made in USA?
Come ha dichiarato Bradford Jensen della Georgetown University al Wall Street Journal, le rivelazioni della NSA (National Security Agency), potrebbero far alzare, come sta già accadendo, barriere doganali o costringere le aziende americane a costruire nuovi data center o a trasferire quelli già esistenti all’interno dei confini nazionali, con un considerevole aumento dei costi. Anche un atteggiamento fortemente favorevole all'open source da parte dei gruppi europei potrebbe avere come ripercussione la perdita di ingenti commesse per i colossi a stelle e strisce.
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