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La UE sfida USA e Cina su Singapore

28 Novembre 2013 08:00
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Da un lato c’è la Trans Pacific Partnership, tramite la quale gli Stati Uniti puntano ad un accordo capace di collegare una estesa area di libero scambio con i 12 paesi del Pacifico che rappresentano due quinti del PIL mondiale e un terzo del commercio internazionale. Dall’altro la Regional Comprehensive Economic Partnership, con la quale è invece la Cina a puntare più o meno allo stesso obiettivo commerciale.

In mezzo, e non solo metaforicamente, l’Unione Europea che da almeno due anni ha intavolato negoziati serrati con l’obiettivo di proteggere gli interessi delle proprie esportazioni e al fine di ridurre la perdita di competitività di merci e servizi, destinati all’area asiatica, in virtù degli accordi che questa strategica regione mondiale ha in essere con USA e Cina.

D’altra parte già oggi l’ASEAN (Indonesia, Malesia, Tailandia, Singapore e Filippine) è il terzo partner commerciale della UE (dopo gli Stati Uniti e la Cina) con un interscambio di merci pari a 181 miliardi di euro e di servizi pari a 51 miliardi. All’interno dell’ASEAN, Singapore ricopre il ruolo centrale nelle relazioni commerciali con la UE.

Il paese è infatti secondo, alla Malesia, per gli interscambi di merci (51,8 miliardi di euro, con un tasso di crescita nell’ultimo anno del 9,7%, e con un surplus a favore della UE per 8,8 miliardi), e primo nei servizi (28 miliardi). Sono presenti 9.300 imprese UE nella città Stato asiatica con un proprio hub per operare nella regione.

L’accordo a cui sta lavorando la UE con Singapore è identico a quello siglato con la Corea del Sud ed in vigore dal luglio 2011: un’intesa commerciale che ha prodotto nel suo primo anno di applicazione un incremento delle esportazioni dalla UE del 37% e il 54% del totale dei prodotti esportati che hanno visto azzerate le tariffe doganali.
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