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Weekly Brief - 15 luglio 2013

15 Luglio 2013 20:00
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In breve in questa edizione del Weekly Brief di J.P. Morgan Asset Management:

- La seconda parte della “grande rotazione” dal reddito fisso alle azioni è iniziata, sebbene i rimborsi dai fondi obbligazionari non stiano avvenendo in modo indiscriminato.

- Le performance dei listini azionari statunitensi hanno eclissato quelle di quasi tutti gli altri mercati, ma i fondi azionari dei paesi emergenti stanno incamerando una quota sproporzionata dei flussi di investimenti.


Riflessioni della settimana
I mercati sono alla disperata ricerca di chiarezza e una comunicazione trasparente da parte delle banche centrali può creare un contesto d’investimento stabile. L’incertezza sulla riduzione dello stimolo monetario da parte della Fed ha causato volatilità sui mercati obbligazionari nelle ultime settimane e ha fatto salire i tassi d’interesse a livelli superiori a quelli giustificabili nell’attuale clima economico. La Banca Centrale Europea (Bce) ha nuovamente cercato di calmare i mercati obbligazionari in Europa. L’Istituto di Francoforte ha riconfermato il suo attuale orientamento di politica monetaria e, per la prima volta, ha fornito indicazioni anticipate sull’evoluzione futura dei tassi d’interesse e sta considerando l’ipotesi di spingere in territorio negativo i tassi sui depositi. Le azioni della BCE hanno creato le condizioni per un’estate più tranquilla per i frammentati mercati delle obbligazioni governative in Europa, dopo i movimenti estremi a cui hanno dovuto far fronte gli investitori nel 2011 e 2012.


Segui il denaro
Le previsioni di una moderazione delle aggressive politiche delle banche centrali e il rialzo dei tassi d’interesse hanno indotto gli investitori a ritirare notevoli somme di denaro dai fondi comuni obbligazionari (cfr. figura 1 nella gallery). Dalla fine di maggio, oltre $ 25 miliardi sono stati prelevati dai fondi obbligazionari tradizionali sensibili ai tassi d’interesse (titoli governativi, emissioni societarie, debito dei Mercati Emergenti e high yield), mentre circa 11 miliardi di dollari sono affluiti in fondi che impiegano strategie più flessibili, come i prodotti total return e absolute return, o gli strumenti che offrono protezione contro i rialzi dei tassi, come i fondi a tasso variabile e i loan fund (dati basati su un sottoinsieme di fondi che forniscono dati settimanali). Se si considera che i patrimoni dei fondi flessibili sono largamente inferiori a quelli dei fondi tradizionali, percentualmente gli afflussi risultano ancora più consistenti. I rimborsi dai fondi tradizionali hanno tuttavia mostrato un rallentamento negli ultimi tempi, dopo che le banche centrali hanno cercato di placare i timori di un imminente inasprimento delle loro politiche. Dati economici superiori alle attese potrebbero comunque spingere al rialzo i tassi, con conseguenti possibili ulteriori prelievi di capitali.

Gran parte dei proventi delle prese di profitto degli investitori viene allocata nei fondi azionari dei Mercati Emergenti (cfr. figura 2). Tale entusiasmo nei confronti delle piazze emergenti può apparire sorprendente considerata la loro debolezza nell’anno in corso, che si è tradotta in un calo di quasi l’8% (in valuta locale, solo indice dei prezzi), a fronte dell’avanzamento di quasi il 14% delle azioni dei mercati sviluppati. L’aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti rappresenta un’altra minaccia, poiché i migliori rendimenti offerti dai paesi sviluppati tendono ad attrarre capitali a spese dei Mercati Emergenti. Le valutazioni relative favoriscono però le piazze emergenti e la convinzione che la sottoperformance sia solo un fenomeno temporaneo sembra avvalorare la tesi secondo cui gli attuali bassi livelli dei prezzi offrono un interessante punto d’ingresso. Condividiamo questa opinione.


La crescita della Cina
Uno dei principali catalizzatori della sottoperformance delle azioni dei mercati emergenti è stata la debolezza della crescita dell’economia cinese. I recenti dati sugli scambi commerciali, relativi sia alle importazioni che alle esportazioni, hanno deluso le attese, e i commenti espressi dai funzionari pubblici suggeriscono che anche il governo sta riducendo le sue aspettative per l’economia.

I dati relativi al Pil del secondo trimestre, che verranno pubblicati questa settimana, sosterranno la tesi pessimista o quella ottimista a seconda della misura dello scostamento del tasso di crescita dalle stime di consenso. Anche se il dato fosse in linea con le attese (7,5% su base annua, dal 7,7% del primo trimestre), un simile livello segnalerebbe un miglioramento dell’economia. In termini trimestrali, il Pil mostrerà quasi sicuramente un’accelerazione dell’attività dopo il disastroso risultato dei primi tre mesi dell’anno. Il saggio di crescita trimestrale (annualizzato) per tale periodo è stato infatti di appena il 6,6%, in netto calo dall’8,2% di fine del 2012. Le previsioni sono ora di un tasso annualizzato del 7,4%. Sebbene si tratti di un valore ancora inferiore all’8%, un tempo considerato il livello minimo accettabile, esso indicherebbe una stabilizzazione dell’economia e potrebbe fornire un parziale sostegno al mercato azionario.

Consulta dati e grafici nella gallery




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