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Idee di investimento – Azioni – 3 giugno 2019

Mentre sui mercati resta l’ala protettrice della banche centrali, i gestori suggeriscono di guardare ai settori, come l’healthcare e i beni voluttuari, e alle multinazionali europee

di Redazione 3 Giugno 2019 10:06

REAZIONE PER ORA COMPOSTE DEI PRINCIPALI MERCATI


Di fronte alla nuova escalation nella guerra commerciale USA – Cina, Stefano Castoldi, della Direzione Investimenti di Amundi SGR, nell’articolo Lo scontro Cina-Usa sui dazi somiglia sempre più alla guerra fredda parla di una situazione che “assomiglia sempre più ad una guerra fredda” e definisce la spirale negativa che sta avvolgendo le relazioni tra USA e Cina “molto preoccupante”. L’esperto osserva che negli ultimi decenni le grandi aziende hanno decentrato molta parte della progettazione e della produzione, e se la catena globale delle forniture si dovesse inceppare l’attività economica ne risentirebbe pesantemente. Gli investitori hanno reagito vendendo soprattutto i titoli dei settori più direttamente esposti, con l’indice Sox dei semiconduttori sceso del 6.4% e il Nasdaq del 2.7%. Sugli indici principali le reazioni sono state negative ma tutto sommato composte anche perché le ultime dichiarazioni provenienti dagli Stati Uniti fanno intravedere uno spiraglio per la ripresa dei colloqui. Unico punto fermo nello scenario globale restano le Banche Centrali, che continueranno ad essere molto accomodanti perché l’attività economica globale sta ancora alternando segnali di stabilizzazione e segnali di debolezza.

OSCILLAZIONI DI MERCATO INGIUSTIFICATE


Precisato tutto questo, Charles Hepworth, Investment Director di GAM Investments, ritiene probabile che la Cina, nel rispetto della politica di protezionismo, si concentrerà sugli aspetti più critici dal punto di vista degli oppositori di un’intesa tra le parti: i sussidi statali che determinano un vantaggio sleale , e le joint venture che, secondo gli antagonisti, sono il veicolo tramite il quale Pechino realizza il furto di proprietà intellettuale. “Certo” ammette l’esperto nell’articolo Protezionismo, la Cina a lezione dagli Usa del XIX secolo , “le nuove tensioni nei negoziati tra Usa e Cina e il vento del protezionismo non favoriscono una ripresa del ritmo di espansione della crescita globale. Tuttavia, sebbene questo nuovo scenario stia rovesciando le aspettative positive che si erano delineate all’inizio di quest’anno, non riteniamo in alcun modo giustificata l’ultima oscillazione del mercato”.

I VANTAGGI DI UN ACCORDO


Tornando alle dispute commerciali tra Washington e Pechino, William Davies, responsabile azionario globale di Columbia Threadneedle Investments, nell’articolo Due trimestri sulle montagne russe ritiene che, avendo perso il controllo del Congresso e con un ampio disavanzo di bilancio, non sarà facile per Trump far approvare ulteriori misure di stimolo economico. Trump ha però “margini di manovra molto più ampi nei negoziati con la Cina, e prevedo che concentrerà gli sforzi proprio su questo fronte per dare impulso all’economia interna”, osserva Davies. Un eventuale accordo commerciale con Pechino, in particolare laddove questo comporti un maggiore acquisto da parte cinese di beni e prodotti agricoli provenienti dagli stati centrali elettoralmente cruciali degli Usa, potrebbe fornire all’economia nazionale e alle prospettive di rielezione di Trump quella sorta di stimolo che il presidente sta cercando.

GUERRA DEI DAZI: LE IMPLICAZIONI SUI MERCATI


Per coloro che volessero cercare di conoscere cosa potrebbero comportare per i mercati azionari gli sviluppi della contesa sui dazi tra Washington e Pechino, nell’articolo Dazi e Borse: due scenari positivi e uno… pessimo si può leggere le possibili reazioni delle Borse di Cina e Usa nei tre diversi scenari. Quello più probabile per gli esperti di UBS, con una percentuale del 50%, è quello che scaturirebbe nel caso in cui nei prossimi due mesi, e cioè fino al summit G20, programmato ad Osaka (Giappone) il 28 e il 29 giugno, non sia annunciato nessun accordo tra Washington e Pechino. Ma poi, nei successivi sei mesi, ovvero entro la fine di quest’anno, si materializzi un accordo magari raggiunto dopo negoziati faticosi ma senza l’escalation di nuovi dazi e ritorsioni tra Stati Uniti e Cina. In questo scenario, gli analisti di UBS stimano un potenziale rialzo di Wall Street tra il 3% e il 7% e un possibile guadagno dell’azionario cinese tra il 5% e il 10%.

NON TUTTI I SETTORI SONO UGUALI


A proposito di Cina, gli esperti di BlackRock non escludono una possibile sorpresa proprio da Pechino. “La Cina potrebbe rappresentare un ulteriore vantaggio per l’incremento degli utili. Prevediamo un’inversione di tendenza della crescita cinese a partire dal secondo trimestre” sottolineano i professionisti del BlackRock nell’articolo Cina, possibile sorpresa positiva dalla crescita. Dazi permettendo che però, al contempo, segnalano anche i possibili rischi all’orizzonte: “Le tensioni commerciali potrebbero intensificarsi nuovamente. E le aspettative del mercato per i tagli dei tassi della Fed appaiono, dal nostro punto di vista, troppo ottimistici, il che significa che la Fed ha meno probabilità di fornire ulteriore supporto alle azioni”. In ogni caso, non tutti i settori sono uguali. Gli analisti finanziari prevedono margini di espansione quest’anno nel settore della tecnologia, dell’healthcare e dei beni voluttuari, mentre vedono maggiori difficoltà nei settori difensivi. Inoltre, in questa fase del ciclo avanzato, emerge un atteggiamento maggiormente punitivo da parte del mercato rispetto ai trimestri precedenti in occasione dei risultati aziendali deludenti. “Detto questo, i profitti delle aziende dell’S&P 500 del primo trimestre hanno confermato un quadro degli utili migliore del previsto a sostegno della nostra preferenza a breve termine per le azioni statunitensi” concludono gli esperti di BlackRock

MASSIMA FIDUCIA ANCHE SU MULTINAZIONALI EUROPEE


Rob Lovelace e David Polak, rispettivamente Equity portfolio manager e Investment director di Capital Group, ribadiscono invece che non bisogna investire tanto su paesi od economia quanto piuttosto selezionare le aziende.
In Europa, si legge nell’articolo Il Toro ha ancora gambe, ma cammina su singoli titoli, molte delle società di maggiori dimensioni che compongono gli indici operano nei servizi finanziari, ma le banche, negli ultimi anni, hanno vissuto un periodo difficile, con la redditività che è stata erosa dalla crescita debole e dai tassi negativi. Per contro, molti dei maggiori costituenti degli indici statunitensi sono tecnologici, come Amazon, Apple, Microsoft e Alphabet, . Prendendo in esame semplicemente gli indici, gli Stati Uniti godono di una potente spinta generata da società molto forti che sono all’avanguardia nell’innovazione tecnologica, mentre l’Europa non può vantare lo stesso numero di protagonisti e gli indici lo riflettono, mentre può contare su realtà di spicco nell’healthcare e nel lusso, con società come AstraZeneca, Novartis, LVMH e Kering. Quindi, i due esperti di Capital Group affermano che le azioni sono destinate a rivalutarsi a livello internazionale e ribadiscono la loro massima fiducia in alcune multinazionali europee, tra cui Airbus, in virtù del duopolio con Boeing nel mercato globale, e Nestlé, che vanta il primato di più grande azienda alimentare al mondo. Due titoli destinati a beneficiare della rapida crescita del ceto medio nei mercati emergenti, dalla Cina al Brasile
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