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Debito emergente, come diversificare efficacemente il portafoglio

Per Becker (Capital Group) è tuttavia indispensabile adottare un approccio di investimento molto rigoroso, concentrandosi sui fondamentali dei singoli Paesi in modo da evitare quelli che presentano maggiori criticità

di Redazione 31 Agosto 2019 08:00

Statistiche alla mano, negli ultimi 50 anni ogni recessione in Usa è sempre stata preceduta da un’inversione della curva dei rendimenti, ovvero con i titoli obbligazionari a breve che offrono un rendimento superiore a quello espresso dai titoli a lungo termine. Ma è altrettanto vero che il periodo di tempo medio che separa l’inversione della curva dei tassi dall’inizio della recessione è pari a 16 mesi. Non solo. In questo arco di tempo i mercati azionari hanno di solito continuato il trend rialzista e, negli ultimi tre cicli, gli indici di Borsa americani hanno registrato un rendimento medio del 37% dal punto di inversione fino al successivo picco di mercato.

UN ALTRO SEGNALE DI UN CICLO ECONOMICO NELLE ULTIME FASI


“Gli investitori non devono farsi disorientare: una curva dei rendimenti invertita non provoca immediatamente una recessione ma rappresenta un altro segnale di un ciclo economico nelle ultime fasi”, fa presente Peter Becker, investment director di Capital Group, secondo il quale la mossa più sensata è approfittare di questo “segnale” per mettere a punto la diversificazione delle posizioni obbligazionarie “core”, in modo tale che svolgano la funzione di ammortizzatore per i rischi in eccesso.

IL GIUSTO PUNTO DI EQUILIBRIO


“In una fase come questa di fine ciclo l’aspetto determinante è stabilire se la composizione dei titoli obbligazionari all’interno del portafoglio è in grado di garantire una buona diversificazione nei confronti delle azioni e il giusto livello di equilibrio”, puntualizza l’esperto. Tra le asset class con caratteristiche interessanti in termini di buon equilibrio tra rendimento e modesta correlazione azionaria, anche tra gli emittenti di più alta qualità, figura senz’altro il debito dei mercati emergenti.

MERCATI EMERGENTI, FONDAMENTALI OK


“Anche guardando ai fondamentali i numeri sono, nel loro insieme, soddisfacenti. In generale, i Paesi emergenti mostrano una minore dipendenza dagli afflussi di capitale dall’estero e risultano attualmente meno indebitati rispetto al passato. Inoltre, I paesi che evidenziano tassi di indebitamento estero ancora sostenuti potranno beneficiare dei tassi ancora bassi dei mercati sviluppati, che consentono loro di pagare interessi sul debito sostenibili” spiega Peter Becker, che inoltre ricorda come la crescita economica di questi Paesi sia molto più rapida di quella dei mercati sviluppati a fronte di prezzi al consumo relativamente contenuti.

Il mercato obbligazionario cinese si apre agli investitori stranieri


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MARGINI DI APPREZZAMENTO PER LE VALUTE


Anche dal punto di vista valutario il debito emergente presenta diversi appeal, dal momento che alcune valute dei Paesi in via di sviluppo evidenziano margini per un apprezzamento nei confronti del dollaro Usa. La ragione? Le prospettive di una politica monetaria più restrittiva negli Stati Uniti e in altri mercati sviluppati si stanno dissipando e ora prevale l’ipotesi di un ritorno a politiche monetarie di nuovo accomodanti, che rendono il dollaro meno attraente sui mercati internazionali. Si tratta di uno scenario che, combinato con rendimenti più elevati, rende nei prossimi mesi le obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale particolarmente interessanti per gli investitori selettivi.

INDISPENSABILE UN APPROCCIO SELETTIVO PER PAESE


“Infatti è indispensabile adottare un approccio di investimento molto rigoroso, concentrandosi sui fondamentali dei singoli paesi in modo da evitare quelli che presentano maggiori criticità come evidenziato per esempio dai disordini in Venezuela e Argentina”, conclude Becker.
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