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Dalle parole ai fatti

Governo Meloni al test di alleati occidentali e mercati con diversi dossier aperti

Finora gli investitori hanno vigilato ma anche tenuto il giudizio sospeso, mentre i grandi partner, da Biden a von der Leyen a Macron mandano auguri incoraggianti. I dossier caldi e le sponde di Mattarella e Draghi

di Stefano Caratelli 24 Ottobre 2022 08:11
financialounge -

Prima ancora della fiducia delle Camere, la neo premier Giorgia Meloni ha cercato quella dei grandi alleati occidentali e della Ue, incassando aperture di credito impacchettate nei messaggi di auguri di Biden, Macron e von der Leyen. Fino a venerdì scorso i mercati finanziari sono rimasti a guardare con grande attenzione, ma senza anticipare giudizi negativi, sia sui titoli di Stato che sull’azionario, che ha viaggiato in linea con il resto d’Europa, diversamente dal trattamento riservato alla premier britannica Truss brutalmente bocciata e costretta a lasciare per il disastro combinato in poche settimane sulla finanza pubblica, nel tentativo di mantenere promesse elettorali di taglio alle tasse insostenibili per il bilancio di Londra. I fronti caldi su cui Meloni non può permettersi di "sgarrare" sono soprattutto tre: i conti pubblici, da 50 anni tallone d’Achille dell’Italia, l’adesione senza tentennamenti alla disciplina non solo fiscale imposta dall’appartenenza all’Unione Europea, sui cui vigila anche la Bce, e ultimo ma forse più importante uno schieramento sui grandi temi geopolitici, dalla guerra in Ucraina alla Cina, senza tentennamenti e esitazioni, ma possibilmente da protagonista, nell’Alleanza Atlantica.

FINORA NON SI È SOTTRATTA


Finora Meloni non si è certo sottratta a dare le assicurazioni più ampie su tutti e tre, accompagnata nel percorso verso Palazzo Chigi dalle mani forti e sapienti del presidente Mattarella e del suo predecessore a Palazzo Chigi Mario Draghi. Su di lei personalmente i grandi media occidentali sembrano avere pochi dubbi. Il WSJ, subito dopo il giuramento al Quirinale, l’ha definita “un’atlantista fidata”, pronta a fornire all’Ucraina tutto il supporto necessario contro l’aggressione russa. Zelensky si è unito agli auguri incoraggianti degli altri leader occidentali e Meloni ha subito risposto su Twitter che potrà contare senza riserve sull’Italia. Ma lo stesso WSJ accompagna la sua aperture di credito con le preoccupazioni, diffuse in diverse capitali occidentali, che possa essere tirata per la giacchetta proprio dai suoi due alleati, che le siedono a fianco come vice premier sugli scranni del governo.

UCRAINA, ENERGIA E CONTI PUBBLICI


Il tema Ucraina si intreccia con quello del caro energia e con quello della tenuta dei conti pubblici. Anche qui la strada è già tracciata da Draghi, che ha coronato i suoi 20 mesi alla guida del governo italiano portando a casa l’accordo con i partner europei su un pacchetto che accoglie tutte le proposte dell’Italia e prevede un corridoio per il prezzo del gas, disaccoppiandolo da quello dell’elettricità. Nelle prossime settimane sarà il governo Meloni a dover lavorare con la Commissione e i ministri europei dell’Energia per finalizzare i dettagli ed essere operativi il più presto possibile, con la speculazione che ha comunque già accusato il colpo. È la stessa linea su cui si era schierata la nuova premier nelle scorse settimane, dicendo no a una risposta basata su scostamenti di bilancio da parte di singoli paesi.

DEBITO BUONO E CATTIVO


È una strada tentata dalla Germania, con i 200 miliardi stanziati in solitaria, punita dai mercati in termini di vendite dei Bund e aumento dei rispettivi rendimenti, nonostante Berlino abbia i conti pubblici più che in regola, a differenza dell’Italia. La punizione inflitta dai mercati a Scholz non è paragonabile a quella che ha umiliato Truss, ma mostra che gli investitori non sono solo sensibili alla dimensione degli squilibri di finanza pubblica, ma anche alla qualità di debito e spesa. Il vero problema del debito italiano non è tanto la sua dimensione, quello francese è forse superiore, ma nel fatto che negli ultimi 30 anni ha continuato a crescere mentre l’economia è rimasta ferma. C’è un debito ‘buono’, recita la dottrina Draghi, che può essere usato per sostenere reddito e occupazione, e in Italia si declina con il Pnrr, e uno cattivo, che alimenta rendite improduttive e inefficienze.

I DOSSIER NON MANCANO


La crescita è fatta di imprese che generano reddito e occupazione. I dossier sul tavolo di Meloni e dei suoi ministri non mancano: da un’Ita che da vent’anni non riesce a decollare, a una siderurgia in mezzo al guado tra pubblico e privato, a Mps che si sta cercando di restituire al mercato con un difficile aumento di capitale, a Tim e alla rete unica, fino a un impianto amministrativo e regolatorio che, a livello centrale e periferico, è più un freno a mano tirato che un meccanismo oliato per far partire nuovi progetti e iniziative, vedi i rigassificatori e le licenze e le concessioni per lo sviluppo di energie alternative. Anche per schiodare la crescita, l’Italia ha bisogno di Europa, sia a livello di sistema, portando avanti senza deragliamenti il Pnrr, sia a livello di partnership mirate, come potrebbe essere nel caso della Francia.

BOTTOM LINE


Giorgia Meloni nel suo cammino di governo dell’Italia dovrà stare attenta alle "mine" potenziali rappresentate dai suoi due alleati, ma potrà anche contare, fino a che resta coerente nei fatti con quello che finora ha assicurato con le parole, prima di tutto sull’Europa, e poi su due "mentori" che la possono guidare e consigliare senza sovrapporsi, che portano i nomi di Sergio Mattarella e Mario Draghi. Il primo soprattutto che ha sempre comunque a disposizione il bottone rosso da premere se la situazione dovesse diventare ingestibile, che si chiama scioglimento delle Camere e elezioni anticipate.
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