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Transizione energetica

La crisi del gas è uno shock di lungo periodo, LGIM spiega perché

Nick Stansbury, Head of Climate Solutions di Legal & General Investment Management, prevede che la crisi del gas naturale possa durare ancora molti anni, provocando lunghi periodi di carenza sui mercati

di Virgilio Chelli 5 Febbraio 2022 09:30
financialounge -  daily news gas naturale Legal & General Investment Management Nick Stansbury transizione energetica

L’attuale crisi del gas naturale vede l’Europa tra i mercati che saranno più colpiti a causa dei suoi scarsi investimenti in diversificazione dell’offerta e in produzione interna. Gli Stati Uniti potrebbero invece vedere una convergenza al rialzo del prezzo del gas naturale, che per anni è stato fortemente sotto la media per via della scarsa capacità di liquefazione. In generale, la domanda di gas naturale dovrebbe subire una forte flessione nel 2030, quando i governi dovranno abbandonare questa commodity per rispettare l’impegno di tenere l’innalzamento medio delle temperature sotto gli 1,5 gradi centigradi.

ALLE PORTE DI UNA CRISI GLOBALE DEL GAS


Sono le principali indicazioni dell’analisi di Nick Stansbury, Head of Climate Solutions di Legal & General Investment Management, secondo cui si prospetta una crisi del gas di lungo periodo. Dopo anni di investimenti insufficienti, il mondo è alle porte di una crisi globale del gas, e ad aggiungere ulteriori elementi di incertezza c’è il fatto che gli ambiziosi obiettivi climatici che molte nazioni si sono poste sono incompatibili con gli attuali livelli di domanda. LGIM ritiene che la vera responsabilità della crisi sia da ricercare in anni di investimenti insufficienti, che hanno portato a un’offerta di energia scarsamente diversificata.

EFFETTI NEGATIVI IN EUROPA E ASIA


Secondo LGIM ne conseguirà che gli effetti negativi dell’inflazione e dalla contrazione dei redditi reali saranno avvertiti principalmente da Europa e Asia, con i ceti più poveri più colpiti. Oggi serve dare una risposta immediata al come conciliare l’aumento degli investimenti con gli obiettivi climatici. Gli investimenti resteranno bassi soprattutto in Europa, mentre gli Stati Uniti dovrebbero supportare i costi dell’energia, dato che si sta andando verso una generale omologazione. La spinta verso una parità dei prezzi sta iniziando ad essere percepita, e secondo Stansbury indica che il gas ha ancora un costo relativo molto basso in USA.

LUNGHI PERIODI DI CARENZA


Asia ed Europa pagano invece un prezzo molto alto, un’impennata avvertita principalmente dall’industria, ma che ora inizia ad avere ripercussioni sui consumatori. La crisi del gas in Europa mostra che non sono stati fatti investimenti adeguati e per molto tempo è stata demonizzata la produzione propria, accrescendo la dipendenza dall’estero, che continuerà a peggiorare almeno fino al 2030. Secondo LGIM si tratta di uno degli shock dei prezzi più impattanti mai verificati e la situazione non migliorerà in tempi brevi, per cui l’Europa si troverà ad affrontare lunghi periodi di carenza di gas, in uno scenario che dovrebbe replicarsi in anche in Asia.

LA RAGIONE DEI PREZZI USA ANCORA SCONTATI


Le due aree sono entrate in competizione per accaparrarsi le riserve, il che porterà a una maggiore connessione tra i prezzi e la sfida si concentrerà sul mercato spot del gas naturale liquefatto, mentre negli USA il trading si mantiene su prezzi tanto scontati perché non c’è sufficiente capacità di liquefazione per raggiungere tutti i comparti economici e collegarli tra loro. Ma, secondo LGIM, nel lungo periodo anche gli Stati Uniti dovrebbero riuscire a ridurre il gap tra i prezzi del mercato locale del gas e quelli degli altri paesi, un processo che si era interrotto nei primi anni 2000 con la rivoluzione dello scisto.

INCERTEZZA FINO AL 2030


Gli studi di LGIM suggeriscono che il gas naturale è una risorsa in linea con l’obiettivo di tenere l’innalzamento delle temperature sotto i 2°, ma non è una via percorribile per stare sotto gli 1,5° e se gli obiettivi globali saranno sempre più propensi alle zero emissioni nette, allora il mondo dovrà imparare a farne a meno. Il modello Destination@Risk di LGIM evidenzia una forte contrazione della domanda dopo il 2030, in funzione degli abbattimenti di CO2. Ma oggi, sottolinea in conclusione l’esperto di LGIM, domanda e offerta semplicemente non coincidono, e questo crea incertezza.
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