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Posizione forte

Valore negli Emergenti finché inflazione e tassi Usa sono bassi

Loomis Sayles, affiliata Natixis, ritiene improbabile che gli investitori in asset emergenti possano restare intrappolati in un taper tantrum come nel 2013, causato da un’impennata di inflazione e tassi americani

di Virgilio Chelli 24 Marzo 2021 18:15
financialounge -  inflazione Loomis Sayles mercati emergenti Natixis Scenari tassi USA

I tassi reali negli Stati Uniti sono saliti bruscamente da inizio 2021, portando in molti a chiedersi se gli asset emergenti siano vulnerabili a una ripetizione del taper tantrum del 2013, quando la Fed di Bernanke annunciò l’inizio della fine del primo Quantitative Easing. Allora gli emergenti furono una delle maggiori vittime e, a differenza di altri asset a rischio, hanno impiegato molto per riprendersi. Anche se i mercati emergenti restano altamente sensibili alle dinamiche globali, oggi sono in una posizione più forte.

POSIZIONE CICLICA COMPLETAMENTE DIVERSA


Lo sostiene in un commento Gregory Hadjian, Senior Sovereign Analyst Macro Strategies di Loomis Sayles, affiliata di Natixis IM, spiegando che ci sono cinque importanti differenze che suggeriscono una maggior forza degli emergenti rispetto al 2013. La prima è la posizione ciclica delle economie emergenti oggi completamente diversa. Anche prima della pandemia, crescita e inflazione erano ampiamente sottotono, con crescita sotto il potenziale e inflazione limitata in paesi come Brasile, Messico e Sudafrica, mentre nel 2013 diverse economie emergenti mostravano i classici segni di surriscaldamento con crescita eccessiva del credito.

MIGLIORAMENTO DEI CONTI CON L’ESTERO


La seconda differenza, secondo Hadjian, risiede nel miglioramento dei conti con l’estero, perché dal 2013 il saldo medio delle partite correnti degli emergenti è passato dal deficit al surplus, che nel caso di alcuni paesi ha raggiunto livelli record. Anche se in parte il miglioramento può essere transitorio perché legato alla pandemia, la vulnerabilità esterna è comunque inferiore. Inoltre, a differenza del 2013, le valute degli emergenti sembrano oggi sottovalutate, perché l’indice dei tassi di cambio effettivi reali, Cina esclusa, è sotto del 7% nella propria media di lungo periodo, rispetto al +7% del maggio 2013. L’esperto di Loomis Sayles considera la sottovalutazione un cuscinetto che ripara da possibili debolezze valutarie.

FORTI DEFLUSSI DAL DEBITO EMERGENTE


Infine l’esposizione dell’estero nei mercati obbligazionari locali emergenti è inferiore rispetto al 2013, mentre le condizioni delle finanze pubbliche si sono ampiamente deteriorate soprattutto a causa delle spese ingenti sostenute per contrastare la pandemia. Negli ultimi anni ci sono stati infatti forti deflussi esteri dal debito emergente legati al declassamento dei rating, a cui nel 2020 si è aggiunto lo shock pandemico che ha spinto un'ulteriore ondata di deflussi.

SOSTENIBILITÀ DI BILANCIO FATTORE CHIAVE


Alcuni mercati si sono stabilizzati, ma altri continuano a registrare deflussi. Il deterioramento dei bilanci pubblici va invece ricondotto alla bassa crescita e ai deficit crescenti, soprattutto dopo la pandemia. Per questo l’esperto di Loomis Sayles si aspetta che la capacità di realizzare piani di consolidamento fiscale e di ripristinare la sostenibilità di bilancio post-pandemia sia un fattore chiave per la performance degli asset emergenti.
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