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Alitalia senza le ali, volatilizzata la soluzione di mercato

Il governo ammette che la situazione è arrivata a un binario morto. Venuta meno la soluzione di mercato restano altri finanziamenti di Stato, un supercommissario o aprire la strada alla liquidazione. L’ipotesi bad company

di Redazione 26 Novembre 2019 17:06
financialounge -  Alitalia Atlantia bad company Lufthansa

La soluzione di mercato non c’è più. E sembra difficile che riemerga. Dopo l’ennesima scadenza mancata per la presentazione di un’offerta vincolante da parte del Consorzio a guida Ferrovie, da cui Atlantia si è defilata mentre Lufthansa non è disposta a mettere capitali, il governo è stato costretto per bocca del ministro Patuanelli ad ammettere che la situazione è praticamente a un binario morto. Cosa succede ora? Si concede altro ulteriore tempo al consorzio? Si lavora ad altre soluzioni come un nuovo prestito dello Stato o la nomina di un super-commissario al posto della terna attuale? Oppure si getta la spugna e si avvia alla liquidazione la storica compagnia di bandiera? Tra le ipotesi che circolano nelle ultime ore circola addirittura quella di creare una bad company in cui mettere tutti i debiti liberando dagli oneri finanziari le attività operative, che da quello che trapela non andrebbero poi così male.

I PROBLEMI SONO SOPRATTUTTO FINANZIARI, L’OPERATIVITA’ NON ANDREBBE MALE


Fare un assessment della redditività operativa di Alitalia non è semplice, il titolo non è quotato e mancano report di analisti indipendenti che consentano di fare paragoni con altri vettori per quanto riguarda i fattori chiave, come ad esempio il load factor, vale a dire il riempimento dei voli e i relativi costi e ricavi. Sicuramente il problema principale di Alitalia è di tipo finanziario. Da oltre 2 anni è in amministrazione straordinaria, vale a dire commissariata, dopo il tentativo fallito di rilancio da parte di due cordate private, quella famosa dei capitani coraggiosi una decina di anni fa e quella della compagnia degli Emirati Arabi Uniti Etihad. Oggi Alitalia sopravvive solo grazie ai due prestiti dello Stato italiano, quello di 900 milioni concesso nel 2017 e l’altro recentissimo da 400 milioni, sempre statale.

NESSUNO VUOLE METTERE CAPITALI IN UNA COMPAGNIA CARICA DI DEBITI


Per Alitalia così come è i compratori non si trovano, nessuno o quasi vuole mettere soldi in una compagnia carica di debiti, con più di 11mila dipendenti, che si stima perda circa 1 milione al giorno. E si capisce perché. Anche se interessato, per l’ipotetico compratore conviene aspettare che la crisi giunga al culmine, che Alitalia venga messa in liquidazione e a quel punto comprare in quella sede soltanto le parti pregiate, come gli slot e le rotte. A complicare le cose con Atlantia si è aggiunta indubbiamente la polemica sulle concessioni autostradali, innescata dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova e tornata di attualità dopo il recente crollo dell’autostrada in Liguria, anche se il concessionario è diverso.

IL MOMENTO DI DECISIONI DIFFICILI. UN CANE CHE SI MORDE LA CODA


Nuovi investitori privati che possano prendere il posto di quelli che si sono defilati non si vedono, e ora il governo ha dovuto prendere atto che la soluzione di mercato non è più un’opzione. Ce ne sono altre? Le dichiarazioni del viceministro dello Sviluppo economico Stefano Buffagni non lasciano grandi speranze: «è arrivato il momento di prendere decisioni difficili» ha detto secondo quanto riportano le agenzie. Quindi restano solo due strade. O lasciare che le cose facciano il loro corso e aspettare che Alitalia fallisca, lasciando così senza lavoro oltre 10mila persone, oppure ricorrere nuovamente alle casse dello Stato come già fatto nel 2006, con il prestito ponte nel 2017, e poi con il decreto di qualche giorno fa. Ma anche in questo caso è un cane che si morde la coda. I prestiti pubblici hanno un costo, altrimenti diventano un aiuto di Stato proibito dalla Ue, e anche abbastanza elevato.

SE FOSSE UNA BANCA SI POTREBBERO CARTOLARIZZARE I DEBITI E VENDERLI COME I NPL


E dal momento che i problemi di Alitalia sono soprattutto finanziari, altri prestiti vuol dire aggiungere problemi a problemi, vale a dire oneri finanziari a oneri finanziari. Se fosse una banca si potrebbe creare una bad company, separando i debiti dalla parte sana, rendendola più appetibile per gli eventuali acquirenti. Ma anche questo avrebbe un costo per lo Stato, a meno di non cartolarizzare i debiti e venderli sul mercato proprio come si è fatto in questi anni per i Npl delle banche. Altrimenti nuovi soldi pubblici andrebbero semplicemente ad aggiungersi ai 9 miliardi che si calcola sia costata allo Stato la crisi di Alitalia negli anni, solo per guadagnare respiro per qualche altro mese.
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