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Attese & Mercati – Settimana dall'11 marzo 2019

La fissazione sul tasso di inflazione obiettivo non sta funzionando e la Fed sta pensando come cambiare. Il Toro di Wall Street compie 10 anni ma continua a essere guardato con scetticismo, e se invece fosse pronto a spiccare il volo?

11 Marzo 2019 09:56

LA TENTAZIONE DELLA FED DI ABBANDONARE IL TARGET DI INFLAZIONE


Mentre Mario Draghi porta avanti la sua strategia anche oltre il limite del suo mandato blindando l’agenda del successore che prenderà il suo posto a novembre, Jerome Powell si interroga sull’efficiacia degli strumenti che utilizzano le banche centrali, a cominciare dal target di inflazione, introdotto per la prima volta nella storia della banca centrale americana da Ben Bernanke. Parlando a Stanford il giorno dopo Draghi, Powell ha ammesso che fissare un obiettivo di inflazione funziona in teoria, ma finora non in pratica. Ma, ha aggiunto, l’asticella per un cambio di politica ‘è molto alta’, e se cambio ci sarà, sarà un’evoluzione e non una rivoluzione. Il rebus della Fed, ma anche di altre banche centrali, è costituito da un mondo in cui l’economia viaggia a piena occupazione ma per farlo ha bisogno di tassi vicino a zero. E questo crea un circolo ‘non virtuoso’ di bassa inflazione e bassa crescita. Una delle idee che circolano per uscirne è proprio l’abbandono del target di inflazione, che oggi la Fed ha fissato al 2%, in modo da avere le mani completamente libere per raggiungere l’obiettivo di una crescita più sostenuta. La discussione è aperta, dentro e fuori la Fed. Quello che potrebbe produrre è una banca centrale meno prevedibile che gioca a carte coperte, con meno pilota automatico affidato ai dati e più assunzione di responsabilità e rischio. Ai tempi dello ‘stregone’ Greenspan funzionava così.

WALL STREET GUARDA MENO I DATI E PIU’ IL NEGOZIATO SUI DAZI


A febbraio la creazione di nuovi posti di lavoro è crollata a 20.000, dopo 311.00 a gennaio e contro attese di 180.00, quasi il 90% in meno. Wall Street è rimasta sostanzialmente indifferente, guarda più al negoziato commerciale USA-Cina. Forse anche perché il tasso di disoccupazione è sceso al 3,8% mentre i salari hanno mostrato inattesa vitalità salendo del 3,4%, un segnale molto positivo per la Fed e il suo target di inflazione. Sul dato possono aver giocato diversi fattori, come l’eccezionale maltempo nel Nord-Est e la coda lunga dello shutdown. Quindi in settimana occhi puntati su nuovi dati americani, a cominciare dalle vendite al dettaglio di gennaio lunedì 11, che arrivano in ritardo sempre causa shutdown, per proseguire con l’inflazione al dettaglio di febbraio martedì e le vendite di beni durevoli mercoledì, per finire venerdì con produzione industriale e fiducia dei consumatori. Saranno però occhi un po’ distratti per non perdere di vista possibili flash d’agenzia con la data di un incontro Xi-Trump per chiudere la partita dei dazi.

QUESTO TORO SOMIGLIA A UN BRUTTO ANATROCCOLO


Sabato 9 marzo è ricorso il decimo anniversario del Toro di Wall Street. Quel lunedì di 10 anni fa lo S&P 500 partì male fino a toccare il famoso intraday mefistofelico di 666, poi finì la seduta a 676. Dal martedì successivo iniziò la corsa, con qualche ostacolo, che lo portò a sfiorare i 3.000 punti ai primi di ottobre dell’anno scorso. Ma è stato il Toro più strano della storia, perché la sua corsa è stata accompagnata dallo scetticismo di analisti, broker e investitori, per 10 anni intenti a scrutare i segnali della prossima caduta. Che non c’è stata. In questi 10 anni però sono usciti da Wall Street più soldi di quanti ne siano entrati, almeno stando ai dati sui flussi dei fondi. Gli Etf sulle azioni USA infatti hanno attirato un migliaio di miliardi di dollari, ma dai fondi tradizionali ne sono usciti circa 1.300. Il chairman di Strategas, Jason DeSena Trennert, ricorda sul WSJ che John Templeton, fondatore dell’omonima casa di investimento, descriveva la vita del mercato Toro come un percorso che vede la luce nel segno del pessimismo, cresce tra lo scetticismo, diventa maturo accompagnata da un ottimismo diffuso e finisce tra i fuochi d’artificio dell’euforia. A 10 anni dalla nascita questo Toro sembra ancora un brutto anatroccolo a cui tutti guardano con scetticismo. Il mix di incertezze che oggi preoccupano gli investitori – rallentamento cinese e europeo, guerra dei dazi, Brexit – potrebbero nel giro di qualche mese trasformarsi in una positiva miscela magica che magari trasforma il brutto anatroccolo in un cigno pronto a spiccare il volo.
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