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Idee di investimento – Azioni – 7 gennaio 2019

Il 2019 dovrebbe essere l’anno delle occasioni soprattutto per i gestori attivi. Opportunità che già ora emergono in Asia e nell’hi tech, mentre non va trascurato un settore evergreen come quello delle utilities

7 Gennaio 2019 08:35

I TRE FATTORI CHE FRENANO I MERCATI


Dal punto di vista economico-finanziario ed economico-politico secondo Edoardo Ugolini, Portfolio Manager di Zest Asset Management e gestore del fondo Zest Absolute Return Var 4 ci sono tre fattori determinanti da osservare per analizzare la recente flessione dei mercati. Primo, come ha spiegato nell’articolo Nel 2019 i gestori migliori potranno fare la differenza il boost che Trump ha dato con il taglio alle tasse per le aziende è una tantum e gli utili per azione sono saliti, ma il dubbio, più che giustificato, degli operatori è che il taglio non venga riflesso in maggiori investimenti e maggiori salari, ma piuttosto in maggiori dividendi e buy back, senza produrre dunque effetti duraturi. Il secondo fattore è il rallentamento della Cina mente il terzo è da ricercarsi nella instabilità in Europa.

LA FASE DI ‘POST PICCO’


Siamo in quella che in gergo tecnico si definisce fase ‘post picco’, contraddistinta da un rallentamento dell’economia e della crescita dei profitti aziendali, da maggiori aspettative di inflazione e da politiche monetarie che da espansive diventano sempre più restrittive. “Nel momento in cui le economie sono in fase di piena occupazione non riescono ad accelerare mentre le pressioni sui costi aziendali riducono i margini e i profitti. La combinazione del rallentamento della crescita e della compressione dei margini, si traduce in minori aspettative di utili mentre le economie in fase di piena occupazione portano ad un incremento delle retribuzioni e, a cascata, dell’inflazione: un circolo vizioso che comporta politiche monetarie sempre meno accomodanti” specifica, nell’articolo Mercati ‘post picco’: le occasioni in Asia e nell’hi tech, Larry Hatheway, capo economista di GAM Investments. Il suo collega, Jian Shi Cortesi, portfolio manager per l’azionario asiatico e cinese di GAM Investments, dal canto suo, segnala invece le opportunità che si sono venute a creare sui mercati azionari in Asia e in particolare in Cina, reduci da correzioni del 25-35% rispetto al livello massimo, con punte, in alcuni casi, anche di oltre il 50%. L’esperto, sulla base di valutazioni, in termini di rapporto prezzo-utili (p/e) di prezzo-patrimonio netto (p/bv) del 40% inferiori alle azioni USA, ritiene che sia un buon momento per iniziare a selezionare le azioni asiatiche sottovalutate. Sempre a proposito di correzione dei prezzi di Borsa, Mark Hawtin, investment director settore azionario tecnologico di GAM Investments, ricorda infine come le azioni tecnologiche tendano, di norma, a scendere più rapidamente e tocchino il fondo prima di altri settori del mercato. Le valutazioni post picco sono interessanti in quanto permettono di acquistare grandi nomi growth a valutazioni convenienti, a mano a mano che la situazione tenda a stabilizzarsi.

ALLA RICERCA DELLE AZIENDE VINCENTI


In ogni caso, c’è chi, come Don O’Neal, gestore di portafoglio di Capital Group, pur ammettendo che il quadro d’insieme evidenzia una prevalenza verso la fase avanzata del ciclo, non esclude che l’economia possa proseguire nella sua espansione e che tutto dipenda dai fondamentali. Soprattutto a livello aziendale: infatti, puntualizza Don O’Neal, le compagnie vincenti riescono ad adattarsi al cambiamento delle condizioni di mercato. L’esperto, a questo proposito, cita tre esempi concreti: Microsoft, Alphabet- Google e General Motors.  “Microsoft ha dimostrato che il proprio modello di abbonamento è in grado di generare flussi di ricavi relativamente costanti in tutti i cicli economici. In particolare Azure, la sua piattaforma cloud pubblica, sta sfruttando i vantaggi offerti dall’esplosione della domanda di servizi di cloud computing” argomenta nell’articolo Le aziende vincenti non dipendono dal ciclo economico del momento Don O’Neal, il quale, relativamente a Alphabet e GM, segnala invece le crescenti opportunità che le due compagnie si apprestano a cogliere nell’ambito dei progressi nella tecnologia delle vetture senza conducente.

UTILITIES, UN SETTORE EVERGREEN PER FAMIGLIE E AZIENDE


Nel frattempo è opportuno non dimenticare il settore delle utilities statunitensi. E’ stato il migliore durante le turbolenze del mercato post-settembre. Infatti, dal 3 ottobre al 9 dicembre 2018, mentre l’indice S&P500 ha perso dieci punti percentuali e l’indice Nasdaq composite il 13,2%, il settore delle utilities si è addirittura apprezzato del 4,8%. Ma forse, come argomentato nell’articolo Wall Street, il fascino discreto (e meno noto) del settore utilities, quello che non tutti gli investitori sanno è che il settore utilities risulta vincente rispetto alla media di mercato anche nel lungo periodo, con l’eccezione dei 10 anni. Negli ultimi 5 anni, per esempio, il settore delle utilities ha messo a segno un rialzo del 53,7% contro il +45,9% dell’S&P500 e negli ultimi 15 anni un incremento di valore del +197% contro il +148% dell’S&P500. Sulla distanza dei 10 anni, invece, l’S&P500 ha guadagnato il 201% mentre le utilities non sono andate oltre il +108,5%: pur includendo i dividendi del periodo, l’indice S&P 500 (+262%) la spunta sulle utilities (+201%).

PRONTI AD UN RALLY AZIONARIO USA SOSTENIBILE


Infine, Lorenzo Di Mattia, gestore del fondo HI Sibilla Macro , Hedge Invest Sgr, nell’articolo Dati macro e tassi Fed: possibile rallentamento economico in vista non esclude che l’indice S&P500 possa scendere anche di tre – quattro punti percentuali al di sotto dei minimi di ottobre. Successivamente, però, potrebbe essere possibile secondo l’esperto un rialzo più sostenibile per le quotazioni azionarie USA per almeno due ragioni. Da un lato la Fed sarà chiamata a congelare il percorso di rialzo di tassi e ad assumere una retorica molto accomodante. Dall’altro le aspettative sugli utili saranno state ridotte abbastanza da poter essere raggiunte e superate” riferisce Lorenzo Di Mattia, secondo il quale, infine, i titoli di stato (Treasury) USA dovrebbero aver raggiunto un punto di minimo.
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