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I dolori della corona svedese: economia forte e moneta in sofferenza

Nonostante una crescita brillante e un rapporto deficit/PIL invidiabile, la corona svedese ha perso terreno. Ma non mancano i benefici per l'export.

19 Settembre 2018 09:33

Dal 26 gennaio i mercati finanziari, che pure avevano iniziato in accelerazione il 2018, hanno registrato un brusco cambio di regime sulla scia del dato di crescita delle retribuzioni statunitensi salito al +2,9% su base annua a gennaio, il livello più alto degli ultimi 4 anni. Un dato che ha spaventato gli investitori, preoccupati che la Federal Reserve potesse essere indotta ad accelerare la politica di rialzo dei tassi con gravi conseguenze sui tassi del mercato obbligazionario e, a cascata, sulla crescita economica mondiale.

DAL 26 GENNAIO VOLA IL SUPERDOLLARO


Da allora il dollaro ha cominciato a rafforzarsi in modo significativo rispetto alle principali valute, in particolare quelle dei paesi in via di sviluppo. Da 26 gennaio allo scorso 14 settembre, il peso argentino ha lasciato sul terreno il 51% del suo valore rispetto al biglietto verde, la lira turca il 39%, il real brasiliano il 25%, il rand sudafricano il 20% e il rublo russo il 17%.

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IL FORTE CALO DELLA CORONA SVEDESE


Ma tra le monete che più si sono deprezzate rispetto al dollaro figura pure la corona svedese (-12,6%), la moneta di un paese molto solido dal punto di vista dei fondamentali macro economici. Come mai questo comportamento della corona svedese alla stregua di una qualsiasi debole moneta emergente?

TRA I POCHI PAESI CON RATING TRIPLA A


Stiamo parlando infatti di una valuta di uno dei paesi più ricchi e stabili al mondo, con una brillante crescita economica, con un invidiabile rapporto debito /PIl inferiore al 40% (molto meno della metà della media europea e circa un terzo di quello che invece evidenzia l’Italia) e, non a caso, tra i pochi stati sovrani che ancora vantano una tripla A assegnata al proprio debito da tutte le principali agenzie di rating (Standard & Poor’s, Moody’s, e Fitch).

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CINQUE FATTORI CONTRO


Alla base di questa ingente svalutazione ci sono, secondo gli analisti valutari più attenti, cinque fattori. In primis tassi di interesse sottozero dal 2015. In secondo luogo una banca centrale che mantiene una politica monetaria estremamente accomodante che sembra orientata, e siamo al terzo punto, a non alzare i tassi nemmeno in presenza di rialzi dell’inflazione (che stanno peraltro affiorando sulla scia dei rialzi determinati dalla componente energetica). In quarto luogo un’economia in leggero rallentamento e in quinto luogo un appannamento della bilancia commerciale con l’eurozona.

INSTABILITÀ POLITICA


A questi cinque fattori ostativi, se ne è aggiunto un sesto legato alle incertezze politiche che non sono state affatto cancellate con l’atteso appuntamento elettorale di domenica 9 settembre, il cui esito ha di fatto rimandato ogni soluzione di governo stabile alla sfida europarlamentare del 2019 tra europeisti e sovranisti.
Per ora la Svezia si gode la mini-corona che costituisce un bel vantaggio alle esportazioni di un paese che vive di vendite oltreconfine (l’export si attesta infatti al 45% del PIL) e che nei primi mesi di quest’anno aveva mostrato alcuni segnali di stanca proprio nelle esportazioni.
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