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Debito, cosa rischia l’Italia se perde il timbro “investment grade”

Un eventuale abbassamento del rating impedirebbe a diversi importanti investitori, tra cui la BCE, di acquistare i titoli del debito italiano: il rischio è quello di un sell-off forzato per 80 miliardi di euro.

3 Settembre 2018 09:51

In una nota diramata venerdi sera, l'agenzia Fitch ha confermato il rating BBB dell'Italia ma ha deciso di abbassare l'outlook da 'stabile ' a 'negativo'. Nella nota gli analisti dell’agenzia di rating spiegano che il fatto che il debito pubblico dell'Italia rimanga "molto elevato", lascia il Paese "più esposto a potenziali shock", mentre il nuovo esecutivo è atteso al varo di una legge di bilancio che potrebbe scontrarsi con i paletti imposti dai partner europei.

PERICOLO DI UN DECLASSAMENTO DEL RATING


Non è certo un caso se diversi analisti restano persuasi che prima o poi una delle agenzie di rating potrebbe abbassare il giudizio di merito del credito italiano portandolo vicino alla zona pericolosa del cosiddetto livello di junk, che farà scattare la paura di un eventuale sell-off (vendita incontrollata dei titoli sul mercato). La sensazione infatti è che ci siano ancora molti investitori (soprattutto esteri) con un alto stock di obbligazioni italiane, con un approccio buy-and-hold (cioè da cassettista).

AD UN PASSO DALLA SOGLIA NON INVESTMENT GRADE


Un declassamento a livello sub-investment grade, renderebbe necessario per alcuni di essi tagliare queste posizioni: i loro regolamenti, infatti, impongono categoricamente di  possedere in portafoglio soltanto obbligazioni con un giudizio di merito del credito investment grade (cioè di alta qualità dell’emittente). Il rating attuale di Moody’s assegnato all’Italia è a livello Baa2 ma potrebbe finire a Baa3, cioè vicinissimo alla soglia di discriminazione tra l’investment grade (giudizio che le agenzie assegnano agli emittenti più affidabili) e il non investment grade (attribuito agli emittenti meno affidabili e solidi).

ACQUISTI DELLA BCE VINCOLATI AL RATING


Nel momento in cui le quattro maggiori agenzie (S&P, Moody’s, Fitch e Dbrs) assegnano al nostro rating un giudizio ‘non investment grade’, la BCE non può più acquistare titoli obbligazionari italiani nell’ambito del QE. Inoltre molti investitori istituzionali (fondi pensione, fondi comuni, SICAV) che per statuto investono soltanto in emissioni obbligazionarie di alta qualità sono costretti a vendere i BTP che hanno in portafoglio. Secondo una recente stima effettuata dagli analisti di Bank of America Merrill Lynch se tale scenario si materializzasse, potrebbe far scattare vendite nette per almeno 80 miliardi di euro facendo schizzare ancora più in alto i rendimenti dei titoli del debito pubblico italiano.

IN ATTESA DELLA LEGGE DI BILANCIO


Insomma, le prossime settimane saranno estremamente delicate e tutto ruoterà sulla legge di bilancio e sulle indiscrezioni che trapeleranno prima della sua stesura ufficiale. Come ha fatto notare Eoin Walsh di TwentyFour Asset Management (gruppo Vontobale AM), nella giornata di venerdi in un articolo de La Stampa, si rivelava che il ministro delle Finanze Giovanni Tria starebbe preparando una legge di bilancio per il 2019 che porterebbe a un rapporto deficit/PIL dell'1,5%. Tuttavia, nonostante tale indiscrezione fosse molto positiva nell’attuale contesto (si tratterebbe infatti di un livello ben al di sotto del limite del 3% del deficit dell'Unione Europea, ridimensionando le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito italiano e il rischio di un'altra crisi del debito sovrano della UE) l’effetto sui btp e sullo spread è stato praticamente nullo.

Debito pubblico italiano, la garanzia del Presidente Mattarella


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RENDIMENTI INTERESSANTI MA…


“Non c’è da sorprendersi se gli investitori si mostrano prudenti nell’esporsi ai titoli obbligazionari dell’Italia. Tuttavia gli attuali rendimenti offerti (1,3% a 2 anni, 2,5% a 5 anni e 3,2% a 10 anni), risultano di estremo interesse per un Paese il cui debito è ancora in fase di acquisto da parte della BCE” puntualizza Eoin Walsh.  L’esperto, inoltre, fa presente pure un ulteriore aspetto tecnico di rilievo.

PRUDENZA NELLE DICHIARAZIONI


“E’ possibile ottenere una ripresa di circa 120 punti base (1,20%) nel momento in cui si effettua una copertura in sterline e di circa 265 punti base (2,65%) quando la si fa invece in dollari, visto i rispettivi rendimenti a due anni del 2,5% (sterline) e quasi il 4% (dollari)”. In tutti i casi, come rileva infine Eoin Walsh, nell’articolo de La Stampa il ministro Tria sembrerebbe aver espresso una richiesta ai due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio: essere più prudenti con i loro commenti.
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