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Immobiliare cinese, rischi globali in caso di brusco calo delle quotazioni
Un improvviso calo dell’immobiliare cinese provocherebbe un effetto deflazionistico a livello globale, un calo dell’import dei beni di investimento e un arretramento dei prezzi di molte commodity.
29 Agosto 2018 09:45
Il boom della privatizzazione delle aree urbane in Cina è partito nel 1998, quando cioè il governo di Pechino ha introdotto i diritti di proprietà. Un evento economico di enormi proporzioni che ha fatto sentire i propri effetti al di fuori del paese con implicazioni sull’economia mondiale. Oggi, a distanza di 20 anni, sia le attività che i prezzi immobiliari, nonostante visibili segnali di rallentamento, stazionano su livelli senza precedenti.
Diversi analisti, osservando l’elevata leva finanziaria e i forti squilibri tra offerta e domanda, reputano insostenibile il boom immobiliare cinese e, in parallelo, sono preoccupati per le implicazioni negative di questa situazione su altri settori. Sebbene la loro previsione prevalente sia quella di una contrazione graduale del mercato, non si può del tutto escludere un calo drastico o, addirittura, un collasso con conseguenze significative non soltanto per la Cina ma anche per l'economia globale. Il PIL diminuirebbe in modo sostanziale e le catene di approvvigionamento sarebbero seriamente colpite.
Ciò che alimenta la maggiore probabilità di una discesa pilotata al ribasso in modo graduale del mercato immobiliare cinese è il fatto che il mercato è ancora controllato e regolato dal governo. Detto questo non si può escludere che la situazione possa sfuggire di mano e far precipitare le cose in modo brusco e incontrollato.
Con conseguenze di assoluto rilievo anche sui mercati finanziari. Basti pensare che il boom immobiliare e delle infrastrutture ha movimentano ingenti risorse non soltanto economiche ma anche in termini di import di materie prime: Pechino ha infatti consumato circa 6,4 giga tonnellate di cemento tra il 2011 e il 2013, cioè quanto gli Stati Uniti durante il 20° secolo.
Quindi, in particolare i paesi che esportano materie prime verso la Cina sarebbero influenzate negativamente nel caso in cui il settore delle costruzioni cinesi dovesse contrarsi. Certo, il surplus commerciale cinese potrebbe aumentare ma le implicazioni derivanti da un import inferiore di merci dai mercati emergenti sarebbero probabilmente molto più profonde e negative per l’equilibrio mondiale. Non solo. A causa di un calo della domanda, i prezzi delle materie prime sarebbero destinati a scendere provocando un peggioramento nella ridistribuzione della ricchezza dai produttori ai consumatori di commodity. Tutto questo potrebbe peraltro avere un forte effetto deflazionistico a livello globale.
Tra i paesi che più soffrirebbero questa situazione estrema figurerebbero (oltre ai paesi esportatori di commodity) sicuramente la Corea del Sud e la Germania, che subirebbero un pesante calo della domanda di beni di investimento. Anche alla luce di queste prospettive, gli esperti di Credit Suisse preferiscono assumere una esposizione neutrale sul settore immobiliare.
“Restiamo neutrali sulle azioni del comparto immobiliare globale, nonostante il positivo rendimento di luglio, sospinto da un rimbalzo a Hong Kong e Singapore” spiegano i professionisti di Credit Suisse. Secondo i quali, le prospettive per il comparto immobiliare di Singapore sono peggiorate per via di ulteriori misure di inasprimento, delle revisioni negative degli utili e delle preoccupazioni commerciali.
Allargando la visuale al resto del mondo, secondo gli esperti di Credit Suisse, il mercato del real estate americano non deve ingannare. È vero che i dati trimestrali degli utili hanno sorpreso in positivo ma è altrettanto vero che analisti e management avevano in precedenza formulato previsioni eccessivamente pessimistiche.
“Al contrario, l’Eurozona dovrebbe continuare a beneficiare di fondamentali positivi. Anche i prezzi delle azioni immobiliari del Regno Unito dovrebbero godere di un sostegno. Infatti la prospettiva di una soft Brexit non trova ancora riflesso in sconti per i valori degli asset netti, che restano consistenti” concludono i professionisti di Credit Suisse.
LEVA FINANZIARIA ELEVATA
Diversi analisti, osservando l’elevata leva finanziaria e i forti squilibri tra offerta e domanda, reputano insostenibile il boom immobiliare cinese e, in parallelo, sono preoccupati per le implicazioni negative di questa situazione su altri settori. Sebbene la loro previsione prevalente sia quella di una contrazione graduale del mercato, non si può del tutto escludere un calo drastico o, addirittura, un collasso con conseguenze significative non soltanto per la Cina ma anche per l'economia globale. Il PIL diminuirebbe in modo sostanziale e le catene di approvvigionamento sarebbero seriamente colpite.
UN SETTORE ANCORA SOTTO IL CONTROLLO DEL GOVERNO
Ciò che alimenta la maggiore probabilità di una discesa pilotata al ribasso in modo graduale del mercato immobiliare cinese è il fatto che il mercato è ancora controllato e regolato dal governo. Detto questo non si può escludere che la situazione possa sfuggire di mano e far precipitare le cose in modo brusco e incontrollato.
CONSEGUENZA SUI MERCATI FINANZIARI
Con conseguenze di assoluto rilievo anche sui mercati finanziari. Basti pensare che il boom immobiliare e delle infrastrutture ha movimentano ingenti risorse non soltanto economiche ma anche in termini di import di materie prime: Pechino ha infatti consumato circa 6,4 giga tonnellate di cemento tra il 2011 e il 2013, cioè quanto gli Stati Uniti durante il 20° secolo.
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EFFETTO DEFLAZIONISTICO
Quindi, in particolare i paesi che esportano materie prime verso la Cina sarebbero influenzate negativamente nel caso in cui il settore delle costruzioni cinesi dovesse contrarsi. Certo, il surplus commerciale cinese potrebbe aumentare ma le implicazioni derivanti da un import inferiore di merci dai mercati emergenti sarebbero probabilmente molto più profonde e negative per l’equilibrio mondiale. Non solo. A causa di un calo della domanda, i prezzi delle materie prime sarebbero destinati a scendere provocando un peggioramento nella ridistribuzione della ricchezza dai produttori ai consumatori di commodity. Tutto questo potrebbe peraltro avere un forte effetto deflazionistico a livello globale.
COREA DEL SUD E GERMANIA PENALIZZATE
Tra i paesi che più soffrirebbero questa situazione estrema figurerebbero (oltre ai paesi esportatori di commodity) sicuramente la Corea del Sud e la Germania, che subirebbero un pesante calo della domanda di beni di investimento. Anche alla luce di queste prospettive, gli esperti di Credit Suisse preferiscono assumere una esposizione neutrale sul settore immobiliare.
NEUTRALI SUL COMPARTO IMMOBILIARE
“Restiamo neutrali sulle azioni del comparto immobiliare globale, nonostante il positivo rendimento di luglio, sospinto da un rimbalzo a Hong Kong e Singapore” spiegano i professionisti di Credit Suisse. Secondo i quali, le prospettive per il comparto immobiliare di Singapore sono peggiorate per via di ulteriori misure di inasprimento, delle revisioni negative degli utili e delle preoccupazioni commerciali.
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REAL ESTATE DELL’EUROZONA ATTRAENTE
Allargando la visuale al resto del mondo, secondo gli esperti di Credit Suisse, il mercato del real estate americano non deve ingannare. È vero che i dati trimestrali degli utili hanno sorpreso in positivo ma è altrettanto vero che analisti e management avevano in precedenza formulato previsioni eccessivamente pessimistiche.
“Al contrario, l’Eurozona dovrebbe continuare a beneficiare di fondamentali positivi. Anche i prezzi delle azioni immobiliari del Regno Unito dovrebbero godere di un sostegno. Infatti la prospettiva di una soft Brexit non trova ancora riflesso in sconti per i valori degli asset netti, che restano consistenti” concludono i professionisti di Credit Suisse.
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