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News & Views – 05 febbraio 2018

Insight dalla redazione di FinanciaLounge su quello che si muove nelle economie e nei mercati.

5 Febbraio 2018 09:44
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Il Bitcoin? Un asset come gli altri
La paura di tutti è che la bolla del Bitcoin, se esplode, possa contagiare anche gli altri mercati finanziari con effetti imprevedibili. La giornata di venerdì scorso ci racconta una storia del tutto diversa. Wall Street sbanda su timori legati a inflazione e tassi che mandano a picco i T-bond, tutte le asset class le vanno dietro, compresi oro e petrolio, si salvano solo il Franco svizzero e lo Yen. E il Bitcoin? Si comporta come tutti gli altri strumenti finanziari e punta a Sud, fino a toccare un minimo 7.614 dollari. Poi sabato, con tutti gli altri mercati chiusi, recupera fino a 9.290 dollari, secondo le quotazioni di coinmarketcap.com. Insomma, la lezione di venerdì sembra dirci che il Bitcoin si comporta come qualunque altro asset e si lascia contagiare dall’andamento di Wall Street. Forse contribuisce il fatto che da un paio di mesi sono quotati a Chicago i futures, chissà. Di fatto le oscillazioni sono selvagge, partito da quota 1.000 a inizio 2017 ha cominciato a correre a fine anno per sfondare prima 10.000, poi 15.000 e infine toccare 20.000. Ma sembra proprio che si stia stabilizzando. A fare da calmiere sono anche le attese di regolamentazione, annunciata dalle autorità un po’ in tutto il mondo. Anche perché la capitalizzazione sta toccando vette importanti, a un certo punto lo scorso gennaio ha toccato gli 800 miliardi di dollari. Ma la seduta di venerdì sembra dirci che la moneta virtuale si comporta come le altre asset class, e balla insieme il blues di inizio anno.

Terroristi a caccia di spazi TV
Singapore si prepara ad accogliere il vertice dei ministri della difesa del Sudest Asiatico in assetto di guerra, con le forze speciali armate fino ai denti che presidiano ogni angolo della città stato e simulazioni di attacchi terroristici. Singapore è un’isola, una conformazione perfetta per difendersi, e infatti ha una storia impeccabile in materia di sicurezza. Nell’indice delle città più al riparo da attacchi terroristici, l’Economist Intelligence Unit’s Safe Cities Index 2017, è seconda solo a Tokyo, anche se circondata da vicini a prevalenza musulmana. Ma il ministero dell’Interno sostiene che è particolarmente esposta  a serie minacce sia da parte di elementi interni radicalizzati che da terroristi stranieri. Come mai tanta paura? Il problema è che Singapore ‘vale’ moltissimo per i gruppi terroristici come i militanti dello Stato Islamico in termini di marketing mediatico, proprio perché è considerata uno dei posti più sicuri al mondo. Dan Bould, direttore per l’Asia della società specializzata in gestione di crisi Aon, ha spiegato alla Reuters che un attacco nelle Filippine, dove l’IS è molto forte, può ‘rendere’ al massimo una mezz’ora di copertura su 24 ore di news televisive globali, mentre lo stesso attacco a Singapore garantirebbe giorni interi di copertura e di pubblicità.

Protesta invisibile in Iran
Meriterebbero la prima pagina, ma non sono facili da trovare sui media occidentali, le immagini pubblicate dal Mail online domenica, che mostrano decine di giovani donne iraniane a capo scoperto che sventolano il velo da cui vogliono liberarsi in luoghi pubblici in numerose città del paese degli Ayatollah. Gli arresti continuano, 29 solo settimana scorsa, ma non scoraggiano le proteste, con immagini e video di giovani donne che sfidano l’obbligo del velo postati sui social media. Le autorità minimizzano, il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri parla di fatti insignificanti e di bambinate incitate dagli stranieri. Secondo la legge islamica, imposta in Iran dopo la rivoluzione del 1979, le donne sono obbligate a coprirsi il capo con il velo noto come hijab e ad indossare abiti lunghi che coprano tutto il corpo, chi non lo fa rischia prima ammonimenti, poi multe e infine l’arresto. Finora non è stato usato il pugno di ferro, governo e autorità religiose preferiscono chiudere un occhio e non sfidare troppo apertamente un’opinione pubblica, soprattutto giovanile, pronta a tornare in piazza.
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