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Mercati, quella strana correlazione tra Wall Street e i Treasury USA a 2 anni

Negli ultimi 12 mesi mentre i tassi dei Treasury USA a due anni sono praticamente raddoppiati, l’S&P500 di Wall Street è cresciuto di oltre il 20 per cento.

17 Novembre 2017 10:23
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Di solito, quando i tassi del mercato obbligazionario tendono a salire, gli indici di Borsa flettono. La ragione è piuttosto semplice. Se i tassi di interesse a breve termine salgono, il costo di finanziamento per le imprese aumenta, i loro margini quindi diminuiscono e le valutazioni di borsa devono tenerne conto riducendo i prezzi delle azioni. Inoltre, se il mercato obbligazionario offre rendimenti maggiori, gli investitori sono tentati di alleggerire le posizioni azionarie a favore di quelle obbligazionarie per questioni di opportunità.

Detto questo, negli ultimi 12 mesi, dal 31 ottobre 2016 al 27 ottobre scorso, mentre il rendimento dei Treasury USA a due anni è praticamente raddoppiato (balzando dallo 0,845% all’1,595%), l’indice S&P500 di Wall Street ha messo a segno nuovi record storici accumulando un progresso del 21,4%. Pertanto, negli ultimi 12 mesi, la correlazione tra rendimento dei governativi americani a due anni e borsa è stata positiva e non negativa.

Le ragioni di questo comportamento ‘anomalo’ sono da ricercarsi in quattro fattori. In primis le prospettive di crescita dell'economia globale continuano a migliorare, rafforzando la cosiddetta crescita globale sincronizzata. Infatti, il Fondo Monetario Internazionale ha appena rivisto le sue previsioni biennali, rilevando che l'economia sta godendo della più ampia e diffusa crescita dalla recessione globale del 2010. In secondo luogo, la politica monetaria a livello globale resta prevalentemente accomodante. In terzo luogo, l'ottimismo degli investitori (in particolari quelli statunitensi) resta alto grazie anche alle aspettative di implementazione da parte dell’amministrazione Trump della riduzione delle imposte individuali e societarie. Infine, ma non certo meno importante, gli utili aziendali americani sono in crescita dal terzo trimestre del 2016 (dopo che, per quattro trimestri consecutivi erano risultati stagnanti o in lieve contrazione).

“Trump ha incontrato diverse difficoltà nel far passare le proposte della campagna elettorale al Congresso, facendo nascere dubbi sul recente rally nell’azionario” premette Keith Wade, Chief Economist di Schroders che poi aggiunge: “I titoli nel settore finanziario, come le banche e le assicurazioni, sarebbero i maggiori beneficiari di una deregolamentazione finanziaria e sono infatti cresciuti del 35,5% negli ultimi 12 mesi. Anche le azioni nel settore industriale, imprese edili incluse, e quelle del settore dei materiali sono aumentate rispettivamente del 24,1% e del 26,4%”.

Insomma, per Keith Wade, i mercati hanno registrato delle buone performance quest’anno come risultato della riduzione del rischio politico in Europa e della combinazione tra crescita solida e bassa inflazione, la cosiddetta ‘Goldilocks economy’. “Anche la promessa di Trump di ridurre le tasse e introdurre una deregolamentazione ha impattato sui mercati USA, sebbene ci siano timori legati al fatto che i tagli fiscali potrebbero causare il surriscaldamento dell’economia statunitense” puntualizza Keith Wade.

Alla luce di queste considerazioni, si può affermare che la crescita dei rendimenti dei Treasury a due anni possa essere valutata come  (corroborato dal fatto che il tasso di disoccupazione è ai minimi da 16 anni) mentre la Fed garantirà che l’aumento dei tassi sarà graduale senza intralciare la ripresa. Il vero ostacolo sulla strada di Wall Street, invece, è rappresentato dai profitti aziendali che quest’anno dovrebbero salire del +10,5%, con la previsione che salgano di un altro +11,5% l’anno prossimo e di un altro +9,2% nel 2019: se però tali previsioni si rilevassero sovrastimate, potrebbe scattare la correzione dell’S&P500.
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