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Idee di investimento – Obbligazioni – 06 marzo 2017

6 Marzo 2017 09:18

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ultime settimane sta riemergendo una preoccupazione tra gli analisti finanziari: la convinzione che il mercato possa sottovalutare, in modo grossolano, il rischio di rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve americana. E, pur tenendo conto che la situazione più probabile sia quella nella quale la Fed normalizzi i tassi in modo più veloce nel 2018 e nel 2019, l’ipotesi di tre rialzi quest’anno ormai è quasi certa. Cosa fare? Se le cose stessero così, vorrebbe dire che i rendimenti dei titoli di stato statunitensi hanno già raggiunto il loro picco (o quasi) e, di conseguenza, potrebbe valere la pena acquistare quelli a lungo termine come diversificazione del portafoglio obbligazionario. Inoltre, com’è specificato nell’articolo “Rialzo tassi da parte della Fed, rischio sottostimato dal mercato”, è possibile che i prossimi dati macro economici della zona euro confermino l’accelerazione della crescita europea registrata negli ultimi mesi del 2016 e a gennaio di quest’anno costringendo la BCE ad assumere una politica monetaria meno espansiva. Secondo alcuni analisti del mercato valutario, in questo contesto, non sarebbe da escludere un graduale rafforzamento dell’euro rispetto al dollaro con il fixing eur/ usd che potrebbe salire dall’attuale 1,06 fino all’1,13 entro fine anno.

Ma c’è di più. Se la Fed si avviasse a normalizzare i tassi in modo accelerato, con l’inflazione in rialzo anche in Europa, pure la BCE dovrebbe rivedere i propri piani: l’annuncio di un tapering da parte della BCE potrebbe innescare un rialzo brusco dei tassi nella zona euro che, a sua volta, potrebbe provocare una nuova crisi dell’euro. L’area euro non è in grado di affrontare un aumento dei tassi d’interesse: una evenienza che rappresenterebbe un rischio sistemico. A sostenerlo, nell’articolo “Area euro, un aumento dei tassi rappresenterebbe un rischio sistemico”, è Yves Longchamp, Head of Research di ETHENEA Independent Investors (Schweiz) AG, secondo il quale se la BCE dovesse annunciare un tapering nei prossimi mesi si determinerebbe un brusco aumento dei rendimenti di tutti i titoli di Stato europei: i governativi decennali potrebbero raggiungere il 2% in Germania, il 2,5% in Francia, il 3,1% in Spagna, il 3,8% in Italia e il 6,5% in Portogallo. “Secondo la nostra analisi, questi livelli sarebbero insostenibili per i paesi europei più fragili e potrebbero innescare una nuova crisi dell’euro” puntualizza Yves Longchamp, che vede nell’Italia il punto critico: l’Italia, che con 2.360 miliardi di euro è il terzo paese più indebitato al mondo dopo Stati Uniti e Giappone, costituisce infatti, secondo il manager, il rischio maggiore per l’Eurozona.

In attesa di verificare quali saranno le prossime mosse delle Fed e della BCE, c’è un’asset class obbligazionaria sulla quale concordano i pareri positivi dei gestori: l’high yield. “È probabile che le notizie politiche, in un anno di importanti elezioni e dell’avvio della presidenza Trump, catturino l’attenzione del mercato. Di riflesso, i rendimenti dei titoli di Stato potrebbero esibire maggiore volatilità. Se le vicende politiche non modificassero in peggio il quadro di crescita globale moderata e inflazione positiva e modesta, per gli investitori avrebbe senso esporre il portafoglio obbligazionario alla parte corporate, in particolare a quella a più alto rendimento, diversificando l’esposizione al rischio sovrano” spiega nell’articolo “Portafogli diversificati, gli high yield restano una preziosa componente” Luca Tobagi, CFA, Investment Strategist di Invesco, che, peraltro, segnala come, in un mondo in cui le correlazioni fra asset class siano aumentate, sia opportuno cercare posizioni che aiutino a ottenere una diversificazione efficace. Alcune obbligazioni emergenti selezionate, come quelle dell’India, presentano questa preziosa caratteristica”. Per Luca Tobagi, la parte obbligazionaria societaria, soprattutto quella high yield, costituisce una delle fonti di rendimento oggi più interessanti nel reddito fisso per allestire un portafoglio diversificato. “Tale segmento potrebbe trovare sostegno in una dinamica ciclica positiva e reflattiva, e il rischio societario appare meglio remunerato del rischio sovrano” puntualizza infine Luca Tobagi.

Favorevole alle obbligazioni high yield, in particolare quelle di emittenti europei, è anche Roman Gaiser, Head of high yield di Pictet Asset Management. “È vero che a medio termine gli spread (extra rendimenti dei titoli obbligazionari societari rispetto ai titoli di stato) potrebbero ampliarsi leggermente, ma dovrebbero essere sostenuti dall’impegno della BCE di contenere i costi di finanziamento per favorire la ripresa economica” puntualizza nell’articolo “High yield europeo, un segmento impermeabile o quasi al rialzo dei tassi” Roman Gaiser che ricorda come, una dinamica di tassi di interesse più elevati, sia sintomo di fondamentali economici più solidi. Pertanto, anche il debito high yield europeo ne trarrà beneficio. “In ogni caso, anche se i rendimenti europei aumentassero, il nostro approccio basato sulla gestione della scadenza dei titoli in portafoglio dovrebbe proteggere gli investitori da potenziali perdite” afferma Roman Gaiser, che guarda con particolare attenzione agli emittenti compresi nella fascia di rating BB che, in parte, include i cosiddetti “fallen angels”, obbligazioni di società che hanno perso il merito di credito investment-grade, nonché le compagnie che evidenziano miglioramenti nelle gestione aziendale e nella loro capacità di ripagare il debito.

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