Azad Zangana

Esito referendum Italia, ecco le prime riflessioni dei gestori

Le riflessioni dei gestori sull’esito del referendum italiano sottolineano l’occasione perduta in fatto di riforme strutturali e delineano le nuove sfide all’orizzonte.

6 Dicembre 2016 09:29

financialounge -  Azad Zangana Columbia Threadneedle Investments demografia italia leva finanziaria Nicola Mai PIMCO produttività referendum riforme Schroders
I gestori avevano formulato previsioni nelle scorse settimane prima del voto, ma l’esito del referendum italiano ha inevitabilmente sparigliato le carte.

Per esempio, secondo Nicola Mai, Executive Vice President e Analista del Credito Sovrano di PIMCO, il risultato del referendum di domenica scorsa ha implicazioni negative per gli attivi rischiosi del mercato italiano ed europeo per due ordini di ragioni.

In primis, il fallimento della riforma determina un’occasione persa da parte dell’Italia per snellire il proprio sistema politico e quindi di trasformarlo in un sistema più favorevole alle riforme. In secondo luogo, le dimissioni di Matteo Renzi rischiano di innescare un periodo di elevata incertezza politica, peraltro proprio in una fase delicata per la ricapitalizzazione del settore bancario italiano.

Anche per Azad Zangana, Senior European Economist & Strategist, di Schroders, l’esito del referendum italiano rappresenta una mancata opportunità per il Paese di seguire l’esempio della Spagna sulla strada delle riforme a sostegno della crescita.

Per l’economista, sebbene la probabile incertezza politica dovrebbe essere di breve durata, il nuovo esecutivo dovrà destreggiarsi in uno scenario politico che rischia di restare paralizzato fino al varo della nuova legge elettorale e fino a che non si andrà di nuovo al voto. Ne consegue, sempre secondo Azad Zangana, che è probabile che le vere riforme economiche, se anche fossero varate, potrebbero non avere impatti significativi prima del 2020.

“Nel frattempo, l’Italia resterà altamente vulnerabile a choc globali e potrebbe facilmente perdere attrattiva nei confronti degli investitori, soprattutto quando il supporto della BCE, prima o poi, inevitabilmente, verrà meno” puntualizza inoltre Azad Zangana.

Gli esperti di Columbia Threadneedle Investments preferiscono invece concentrarsi sulle sfide che attendono l’Italia dopo la vittoria del NO al referendum. E ne individuano almeno tre di rilievo: le dinamiche demografiche, la produttività e il contesto economico, la leva finanziaria e la solidità del sistema bancario.

Per quanto riguarda le dinamiche demografiche, pur tenendo conto che l’Italia conta 62 milioni di abitanti e una popolazione relativamente stabile negli ultimi anni, si prevede un modesto calo degli abitanti entro il 2020. L’immigrazione netta, che ha contribuito a stabilizzare la popolazione potrebbe non svolgere più in seguito questo ruolo dal momento che le opportunità di lavoro sono limitate.

Passando alla produttività e al contesto economico, resta un collo di bottiglia: le piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano l’asse portante dell’economia del nostro paese, e che, per i finanziamenti, dipendono in misura significativa dai prestiti bancari. Inoltre produttività e burocrazia continuano a frenarne il potenziale di crescita. In base all’ EIU (Economist Intelligence Unit), l’Italia si posiziona in 16a posizione tra 18 paesi dell’Europa occidentale, seguita solo da Grecia e Turchia. Inoltre in base alla classifica della Banca mondiale, l’Italia si colloca al 20° posto fra 31 paesi dell’OCSE per risoluzione dei casi di insolvenza e al 30° su 31 per l’attuazione dei contratti. Sembra necessaria pertanto una revisione del sistema giudiziario e della regolamentazione delle imprese.

Per quanto attiene infine alla leva finanziaria relativa al debito del settore pubblico e privato, no si deve dimenticare che il rapporto debito pubblico/PIL dell’Italia si attestava al 132,7% l’anno scorso e dovrebbe scendere sotto il 130% entro il 2020: una previsione che si basa sul disavanzo pubblico (attualmente pari al 2,6% del PIL), che però beneficia di rendimenti obbligazionari a tassi d’interesse contenuti. Inoltre, il settore bancario italiano (nei cui portafogli figurano enormi quantità di debito pubblico) dovrebbe aver accumulato 360 miliardi di euro di in prestiti in sofferenza. Ne deriva che, sia il settore pubblico che quello privato, saranno indotti ad aumentare la leva finanziaria per sostenere la crescita, accentuando la necessità di riforme.

Trending