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Risparmio gestito: non solo prodotti ma soluzioni

31 Ottobre 2016 00:01
financialounge -  consulente finanziario risparmio gestito Schroders Schroders Global Investor Study soluzioni di investimento

Le grandi case consigliano di usare i fondi tradizionali come “mattoni” per costruire soluzioni su misura che tengano conto perfino del profilo emotivo.


Il trend è in atto e riguarda tutto il sistema produttivo del mondo avanzato. Le industrie non vendono più ai propri clienti un prodotto o un servizio, per quanto tecnologicamente avanzati, ma vendono “soluzioni”, perché sono sempre più le soluzioni che i clienti chiedono e sempre meno singoli prodotti. Solo per fare un esempio, se devi far funzionare da un punto di vista energetico una piattaforma petrolifera, non ti servono dei cavi elettrici, ti servono delle soluzioni energetiche.

Il trend è in atto e l’industria del risparmio gestito non è estranea, anzi in alcuni casi si pone all’avanguardia. E propone al proprio cliente, il risparmiatore e l’investitore, le soluzioni più adatte a risolvere il suo problema e sempre di meno il vecchio prodotto-fondo. Ovviamente le soluzioni sono degli abiti realizzati su misura insieme al consulente che mettono insieme nel modo più appropriato i vari elementi, i fondi appunto, sia quelli a gestione attiva sia quelli cosiddetti passivi, vale a dire gli ETF, che poi sono sempre meno “passivi” in quanto sono utilizzati molto attivamente dagli operatori.

Oggi il risparmiatore e l’investitore cercano sempre meno la “performance”, vale a dire un determinato rendimento annuo che protegga il capitale dall’inflazione e consenta di aumentarlo nel tempo. Anche perché l’inflazione non c’è quasi più e i generatori tradizionali di performance, come i BOT o i CCT, performano veramente poco se non nulla.

Oggi si cercano risposte a problemi e aspettative: come accumulare entro un certo periodo di tempo il capitale necessario ad affrontare l’acquisto della casa; come prepararsi a sostenere le spese di educazione dei figli e con quali obiettivi; come affrontare il tema sempre più complesso della pensione, visto che il welfare pubblico arriva solo a un certo punto, quando ci arriva.

Ovviamente creare soluzioni è più difficile e complesso che sfornare prodotti. L’innovazione è quindi l’imperativo e la sfida del momento. Per innovazione ovviamente si intende prima di tutto innovazione dei prodotti, per adattarli alle mutate esigenze degli utilizzatori finali, ma anche innovazione dei processi, per renderli sempre più efficienti anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie, ma anche e soprattutto innovazione della comunicazione e nel modo di concepire le relazioni con i clienti.

Gli asset manager più avanti sono chiamati a un cambio di paradigma, a una rivoluzione copernicana che metta al centro l’investitore e le sue esigenze piuttosto che le proprie capacità di gestione. L’industria del risparmio gestito può fare ancora molto per attrarre la fiducia del grande pubblico e sottolineare il proprio ruolo sociale, dallo sviluppo del benessere individuale alla prosperità dell’intera società. Il valore di un asset manager consiste infatti anche nella capacità di conoscere i propri clienti e di informarli in modo trasparente, producendo contenuti interessanti per educare e supportare intermediari e investitori.

È in questa direzione che va la ricerca internazionale “Schroders Global Investor Study”, condotta su 20.000 investitori in 28 Paesi, di cui 1.000 in Italia, circa i loro obiettivi, aspettative e speranze. Tra i temi uno particolarmente sentito in Italia dopo il processo riformatore avviato da qualche anno e non ancora completato: il bisogno di un reddito integrativo, specialmente in ottica pensionistica. In uno scenario in cui le tradizionali fonti di rendita, come appunto i titoli di Stato, non performano più, la responsabilità del benessere economico futuro si sta spostando sempre di più dai governi ai singoli individui.

La ricerca di Schroders osserva che 20 anni fa la percentuale media di copertura della pensione rispetto all’ultima retribuzione era del 70%: ci si ritirava a 55-60 anni e se qualcuno era stato così previdente da mettere da parte qualche risparmio, investendolo nell’allora porto sicuro dei Titoli di Stato, si portava a casa una cedola di oltre il 7%.

Oggi la situazione è drammaticamente diversa, si va in pensione tra i 67 e i 71 anni, con una copertura che scende al 35-45%. Dalla ricerca emerge che le risposte più frequenti alla alla domanda “perché investi?” riguardano la necessità di integrare sia lo stipendio che la pensione. Oggi gli italiani sono molto più consapevoli della necessità di proteggersi dopo essere andati in pensione, un periodo in media di 19 anni che tutti aspirano a vivere in un relativo benessere e nella protezione da eventi legati anche all’età.

Insomma, per il risparmio gestito, che in Italia continua a raccogliere risorse ingenti, si sta aprendo una nuova era, dove la parola gestione viene declinata in modo sempre più ampio e include sempre più componenti: la profonda conoscenza del mercato, ma anche la profonda conoscenza del cliente, insieme all’utilizzo della tecnologia e dei grandi serbatoi di dati.

E quella del consulente diventa così una professione sempre più qualificata, che richiede conoscenze diverse e complesse, non ultima la capacità di cogliere anche gli aspetti psicologici del cliente investitore e la sua capacità di sostenere lo stress e il rischio.
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