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Tassi USA, l’influenza della Fed sulle valute emergenti

10 Febbraio 2016 09:31
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Dopo un 2015 chiuso in ribasso per alcune ma non tutte le valute emergenti, il nuovo anno si è aperto all’insegna della contrazione diffusa dei fixing per tutte le divise emerging market. Infatti dal primo gennaio allo scorso 5 febbraio, dal real brasiliano (-1,7% rispetto all’euro) alla lira turca (-2,5%), dallo zloty polacco (-2,8%) al dollaro di Hong Kong (-3%), dal renminbi cinese (-3,7%) al won sudcoreano (-4,6%), dalla rupia indiana (-4,7%) al rand sudafricano (-5,5%), dal rublo russo (-7,8%) al peso messicano (-8,3%), tutte le monete dei paesi emergenti soffrono il difficile contesto internazionale. La debolezza delle valute emergenti ha diverse spiegazioni. In primis la decisione delle autorità d Pechino che, ad agosto dello scorso anno, hanno deciso di svincolare il renminbi dal fixing con dollaro lasciandolo libero maggiormente di fluttuare sui mercati. Ma anche il crollo senza soluzione di continuità dei prezzi delle materi prime (soprattutto, ma non solo, petrolio) ha contribuito in misura importante al deprezzamento delle divise dei paesi emergenti.

Ma qual è l’influenza della probabile traiettoria della politica monetaria della Federal Reserve sulle prospettive delle economie emergenti e dei loro mercati finanziari?

Se si guarda al passato, si nota che le banche centrali dei mercati emergenti hanno seguito le decisioni della Fed. Nel tempo, però, gli istituti centrali emerging markets hanno adottato una maggiore flessibilità: i cicli di rialzo dei tassi del 1994 e di inizio millennio hanno visto in parallelo una crescente volatilità e lo scoppio di crisi nei mercati emergenti, che hanno indotto le autorità monetarie di questi paesi a procedere nel rialzo dei tassi d’interesse al fine di dare un sostegno alle proprie valute. Per contro, durante l’inasprimento attuato dalla Fed nel 2004, la maggior parte delle economie emergenti aveva già ridotto l’indebitamento e accumulato ampie riserve di valuta estera, dando alle rispettive banche centrali maggiore flessibilità nel calibrare i propri interventi; infatti il ciclo dei tassi nei mercati emergenti è stato relativamente poco accentuato.

“Da allora la flessibilità dei paesi emergenti è migliorata ulteriormente: la maggior parte di essi ha ormai adottato un regime di cambi fluttuanti, che dovrebbe consentire alle rispettive economie di adeguarsi agli shock esterni con minori difficoltà rispetto al passato. Pertanto, se nella maggior parte dei mercati emergenti è prevedibile in definitive
un rialzo dei tassi, le loro banche centrali sono più preparate a modificare i tempi e il ritmo dell’inasprimento” fa sapere Michael Gomez, responsabile della gestione di portafoglio per i mercati emergenti di PIMCO, secondo il quale questo è un aspetto di particolare importanza, poiché nell’attuale contesto, generalmente caratterizzato da output gap negativi (differenziale tra pil effettivo e pil potenziale) e pressioni inflazionistiche contenute, la maggior parte dei paesi emergenti preferirebbe rinviare il rialzo dei tassi.

“In effetti i tassi reali nei mercati emergenti hanno evidenziato una netta divergenza nell’ultimo anno: i tassi ufficiali reali asiatici hanno di recente raggiunto nuovi massimi, i tassi reali dell’Europa emergente sono prossimi allo zero e quelli latinoamericani presentano un’ampia dispersione. A causa di fattori idiosincratici, come l’anomalia delle dinamiche politiche in Brasile e l’impatto dei bassi prezzi del petrolio sull’economia russa e messicana, i cicli della politica monetaria continueranno probabilmente a divergere fra loro e da quello della Fed, anziché evidenziare una perfetta sincronizzazione” puntualizza Michael Gomez mentre la sua collega Lupin Rahman, Executive vice president portfolio manager, spiega come si inseriscano le valute in questo quadro:

“Un fattore determinante della politica monetaria sarà la reazione delle valute emergenti all’inasprimento della Fed. Riteniamo che eventuali episodi di marcata debolezza saranno verosimilmente seguiti da un rialzo dei tassi nei mercati emergenti”.

Una domanda che PIMCO si pone continuamente è se le valute emergenti si siano pienamente adeguate ai più recenti sviluppi macroeconomici e di mercato, o se siano prevedibili ulteriori variazioni dei tassi di cambio. Le valute emergenti si sono deprezzate in media del 20% da gennaio 2014, con un indebolimento superiore al 40% nel caso di alcune divise come il rublo russo e il real brasiliano.

“Malgrado l’ampiezza di tali variazioni e la sensazione che la maggior parte dell’adeguamento sia ormai avvenuto, riteniamo che il processo sia destinato a proseguire, specialmente se le materie prime rimarranno sotto pressione. Tale constatazione, unitamente alle nostre previsioni di crescita inferiori alle stime di consenso per la Cina (5,5-6,5% nel 2016) e alle nostre aspettative di un graduale deprezzamento e di un andamento volatile del renminbi, lascia presagire un’ulteriore sottoperformance delle valute asiatiche (soprattutto quelle strettamente collegate all’espansione cinese) nei confronti del dollaro USA” conclude Lupin Rahman.
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