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Prezzo del petrolio, le implicazioni nel 2016

28 Dicembre 2015 11:57
financialounge -  GAM geopolitica iran iraq isis Paul McNamara petrolio Roberto Cominotto
Le quotazioni del petrolio sono state tra i principali driver dei mercati azionari del 2015. E, nell’ultimo trimestre, hanno addirittura conteso alle decisioni della Bce e della Fed la palma del fattore più determinate in assoluto per imprimere la direzione degli indici di Borsa. Infatti, il nuovo calo deciso che i prezzi del greggio hanno accusato tra settembre e dicembre ha indotto molti investitori a temere scenari molto negativi: dal rallentamento delle economie mondiali all’aumento delle pressioni deflazionistiche, dal taglio di significativi investimenti da parte dell’industria petrolifera (una delle più importanti al mondo) fino alle ulteriori instabilità delle economie dei paesi produttori di petrolio. Ma per il prossimo futuro occorrerà fare i conti sia con fattori che indeboliranno i prezzi che di fattori di supporto alle quotazioni, con importanti implicazioni sui mercati nel 2016.

Per Paul McNamara, Direttore d’investimento strategie di debito dei mercati emergenti di GAM, il rischio principale a livello globale è proprio da ricercarsi nell’impatto delle basse quotazioni del greggio nel Medio Oriente.

“In particolare, il deficit di bilancio dell’Arabia Saudita è attualmente intorno al 20% del PIL e il governo ha annunciato un programma aggressivo di emissione di debito, sebbene il paese disponga, come la maggior parte degli Stati nella regione, di ampie riserve per affrontare eventuali periodi difficili, grazie al suo fondo d’investimento sovrano” puntualizza Paul McNamara secondo il quale anche l’Iran presenta elementi di preoccupazioni a cominciare dai rendimenti obbligazionari onshore al 26%, che indicano evidenti di tensioni interne. Se le implicazioni per questi due paesi che, insieme, rappresentano quasi il 20% della produzione petrolifera globale, sono sfavorevole alle future quotazioni del petrolio, un supporto alle quotazioni del greggio potrebbe arrivare invece dalla situazione in Iraq.

“E’ molto probabile che si possa assistere alla divisione dello stato iracheno. Da un lato i curdi, i sunniti e il governo di Baghdad guidato dagli sciiti sono mobilitati a combattere l’ISIS, dall’altro nel Kurdistan e nelle regioni sunnite stanno aumentando le forze secessioniste. Inoltre, all’inizio del 2015, la regione semi-autonoma curda ha iniziato a esportare direttamente il petrolio, contro il volere del governo centrale di Baghdad grazie anche alla attività di lobbying esercitata dai leader curdi a Washington al fine si supportare uno Stato indipendente” fa sapere Roberto Cominotto, gestore di portafoglio strategie energetiche di GAM, per il quale una divisione del paese determinerebbe una maggiore instabilità non soltanto sui confini all’interno dell’Iraq, ma anche nei territori curdi in Turchia e Iran. “Dal momento che l’Iraq è uno dei più grandi produttori di petrolio e che attualmente, i prezzi del petrolio non includono premi per rischi geopolitici, un'interruzione grave della produzione non potrebbe essere compensata facilmente da nessuno degli altri principali produttori di petrolio” ricorda infine Roberto Cominotto.
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