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Debito emergente in valuta locale, il peggio forse è ormai alle spalle

15 Dicembre 2015 11:19
financialounge -  mercati emergenti mercati valutari Pictet valuta locale
L’attuale fase di apprezzamento del dollaro ha fatto impennare il suo livello di cambio rispetto a molte valute emergenti a livelli superiori di circa il 25-30% rispetto al fair value (valutazione di equilibrio). Negli ultimi trent’anni, la valuta statunitense ha raggiunto questo livello solamente tre volte (verso la fine del 1984 e all’inizio del 2002 e del 2009), e ognuno di questi picchi è stato seguito da una fase di deprezzamento, con una perdita di valore del 10-30% nei cinque anni successivi. Secondo queste elaborazioni, la Pictet Asset Management Strategy Unit (PSU), il gruppo di investimento responsabile delle linee guida di asset allocation in ambito azionario e obbligazionario, nonché in materia di valute e di commodity, non esclude che la fase peggiore di questo periodo di turbolenza che ha impattato il debito emergente in valuta locale possa sembrare ormai alle spalle.

“Le valute emergenti, che secondo i nostri modelli sono scambiate a circa tre deviazioni standard sotto il fair value, dovrebbero beneficiare più di altre di un cambio di direzione del biglietto verde. Alla luce di questo scenario, abbiamo preferito ridurre molte posizioni corte (ribassiste) sulle valute emergenti e rafforzare l’esposizione al debito sovrano emergente in valuta locale, passando da un sottopeso a un livello neutrale” fanno sapere i professionisti della PSU anche perché l’attuale rendimento di questa asset class si attesta al 7% circa, rendendo le valutazioni interessanti.

La PSU, più in particolare, sta rafforzando gradualmente l’esposizione ai mercati più penalizzati dall’ondata di vendite tra i quali il Brasile, uno dei mercati obbligazionari in valuta locale che potrebbero registrare a breve una ripresa. In base all’analisi della PSU, infatti, le recenti difficoltà del Paese, fra cui un’inflazione in forte aumento, la crescita debole e il declassamento del debito al rating «junk bond» (cioè al di sotto dell’Investment grade), sono abbondantemente scontate nei prezzi del debito, che attualmente offre un rendimento del 15% circa. Tuttavia, prima di passare a un sovrappeso, la PSU preferisce comunque spettare di avere una visione più chiara della traiettoria dei tassi di interesse statunitensi, ma anche di rilevare segnali di miglioramento della crescita nei mercati emergenti. Al contrario, la PSU ha optato per una riduzione del peso dei titoli corporate delle aree in via di sviluppo, passando ad una esposizione neutrale.

“Pur ritenendo che gli emittenti societari dei Paesi emergenti non siano così vulnerabili alla forza del dollaro americano, i solidi rendimenti generati da questa asset class nel 2015 ci hanno indotto a prendere profitto dei guadagni realizzati. Manteniamo il sovrappeso dei titoli high yield negli Stati Uniti e in Europa. I tassi di insolvenza degli emittenti con rating di categoria speculativa sono bassi e rimarranno probabilmente contenuti in uno scenario in cui la BCE si prepara ad espandere il proprio programma di Quantitative Easing” concludono gli esperti della PSU.
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