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Idee di Investimento – Obbligazioni – 09 novembre 2015

9 Novembre 2015 10:43
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Di fronte alla complessità delle dinamiche dei mercati finanziari, la logica degli acronimi e dell’analisi superficiale è fuorviante: la sintesi non è affatto di aiuto. “È questione di prospettiva, le decisioni di investimento vanno incastonate nell’unico ordine temporale possibile, quello del lungo termine: quando si tratta di scelte di portafoglio, l’approfondimento non è mai abbastanza” sottolinea nell’articolo “Scelte di portafoglio, l’approfondimento non è mai abbastanza”, Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di GAM Italia Sgr, secondo il quale, nonostante tutto, i mercati emergenti restano una formidabile opportunità di investimento con azioni, obbligazioni governative societarie, in valuta forte come in valute locali.

Anche perché, come sostiene nell’articolo “Paesi emergenti, il debito in dollari resta attraente”, James Barrineau, Co-Head of Emerging Markets Debt Relative di Schroders, la bassa probabilità di un ciclo esteso di rialzi dei tassi USA e la significativa liquidità globale assicurata dalle banche centrali dei Paesi Sviluppati, dovrebbero riuscire a depotenziare le probabilità di un ritorno alle preoccupazioni croniche sugli emergenti. Certo, il manager non esclude che il primo rialzo dei tassi della Fed, ormai dato per scontato dal mercato per dicembre, possa causare temporaneamente un ritorno del nervosismo sul mercato, ma il debito in dollaro USA dei mercati emergenti in termini di spread sui Treasury statunitensi (ovvero l’extra rendimento rispetto ai titoli di stato USA), rimane attraente con valori di rendimento più ampi, almeno di 50 punti base (+0,50%), rispetto alle medie storiche.

Questo non vuol dire che tutte le emissioni di tutti i paesi emergenti siano sulle stesso piano. La selezione resta fondamentale come si può constatare leggendo l’articolo “Brasile, c’è il pericolo di una ristrutturazione del debito”. Dall’ottobre 2014, cioè da quando Dilma Rousseff è stata rieletta presidente, i titoli azionari e obbligazionari del Brasile hanno subito forti perdite. Si è venuta a creare una situazione complessa da districare al punto che non si può escludere persino la possibile necessità di ristrutturare in futuro il debito del paese. La conferma che il momento che il paese stia attraversando è davvero molto difficile arriva dai Credit default swap (CDS) sul debito sovrano del Brasile, i contratti che consentono agli investitori di coprirsi dal rischio fallimento degli emittenti obbligazionari del paese sudamericano: i CDS a 5 anni in dollari statunitensi hanno sfiorato il 5,5% mentre quelli a 5 anni relativi invece alle obbligazioni societarie in valuta forte hanno perforato addirittura i 9 punti percentuali. Livelli, come fanno notare gli addetti ai lavori, che risultano al di sopra persino di quelli raggiunti sia durante la crisi finanziaria globale del 2008/09 e sia nel corso della precedente profonda crisi del paese del 2002.

Allargando l’orizzonte a tutto il mercato obbligazionario, per individuare dove ci possa essere ancora valore, è necessario partire da alcuni punti fermi: la crescita economica è più debole rispetto ai precedenti periodi di recupero mentre l’inflazione è la grande assente dopo la crisi finanziaria del 2008 nonostante le politiche monetarie molto accomodanti delle banche centrali dei più importanti paesi occidentali. Uno scenario macro economico che dovrebbe favorire soprattutto i titoli high yield e il dollaro.

“Assumiamo una posizione neutrale sulla duration (scadenza media dei titoli in portafoglio), con una posizione long (rialzista) sugli high yield. Il rendimento dei titoli, non dovrebbe infatti né salire troppo e nemmeno crollare finche gli stipendi dei lavoratori non mostreranno tassi di crescita superiori” fa sapere nell’articolo “Tendenze macro economiche, high yield e dollaro favoriti”, Edoardo Ugolini, manager di Zest Asset Management, che, consiglia poi una posizione long (rialzista) sul dollaro USA verso l’euro e sul dollaro USA verso lo yen giapponese ma in ottica di carry trade (utilizzo della valuta a basso tasso per finanziare attività più rischiose) e non come un vero e proprio trading valutario. Infatti il segmento valutario non dovrebbe offrire grandi opportunità sotto forma di svalutazioni competitive anche perché si è constatato che consentono un trasferimento di flussi temporanei di investimenti ma non risolvono il problema di mancanza di domanda.

Il segmento high yield è tra i preferiti pure di Toby Nangle, Co-responsabile globale multi-asset e Responsabile asset allocation, regione EMEA, di Columbia Threadneedle Investments. Nell’articolo “Investimenti, più appeal per l’high yield europeo meno per le azioni” il manager riferisce infatti di non aver aumentato il rischio del portafoglio in misura significativa, ma di avere invece colto l’occasione dei forti movimenti di mercato delle ultime settimane per ruotare il budget di rischio e assumere una maggiore esposizione all’high yield europeo nelle strategie Threadneedle Dynamic Real Return e Threadneedle Global Asset Allocation.
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