banche centrali
I tre eccessi che condizionano economia e mercati
10 Settembre 2015 12:52

zando le prospettive macroeconomiche globali, Joachim Fels, Managing director e consulente economico globale presso PIMCO, ha individuato i «tre eccessi» che hanno implicazioni a livello globale: l’eccesso di risparmio, l’eccesso di petrolio e l’eccesso di moneta.
L’effetto combinato dei tre eccessi ha, secondo il manager, diversi impatti che lui stesso sintetizza così: “In primo luogo, la crescita, l’inflazione e i tassi d’interesse globali dovrebbero restare molto più bassi rispetto ai cicli precedenti in un orizzonte di lungo periodo, per via dell’impatto dell’eccesso di risparmio globale: è questo il fulcro della nostra tesi della Nuova neutralità, ossia l’idea che il tasso d’interesse neutrale sia nettamente inferiore rispetto ai cicli precedenti, il che si traduce in una serie di rialzi meno pronunciati verso un valore di arrivo più basso, una volta che le banche centrali decideranno di sottrarsi al richiamo (in qualche modo magnetico) della soglia dello zero. In secondo luogo, ci attendiamo una ripresa dell’attività economica e dell’inflazione globale nell’orizzonte ciclico, in virtù degli effetti combinati dell’eccesso di petrolio e di quello di moneta. Infine, è prevedibile un rialzo moderato dei rendimenti obbligazionari dai livelli attuali, sulla scia della ripresa ciclica e in risposta all’avvio da parte della Federal Reserve, nei prossimi mesi di quest’anno, di un lungo ma lento percorso di rialzi verso un tasso d’interesse della Nuova neutralità del 2% circa”.
Per Joachim Fels, mentre l’eccesso di risparmio globale rappresenta probabilmente la principale forza strutturale sottesa al contesto mondiale di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi d’interesse, sia l’eccesso di petrolio che quello di moneta dovrebbero contribuire nell’orizzonte ciclico a risollevare la domanda, l’inflazione e quindi i tassi d’interesse dagli attuali livelli depressi. L’espressione “eccesso di risparmio globale” ovviamente è una semplificazione. L’ha coniata Ben Bernanke una decina di anni fa per descrivere una situazione nella quale un eccesso di risparmio desiderato rispetto agli investimenti desiderati a livello globale deprimeva i tassi d’interesse a lungo termine. Ma quello che interessa è sapere perché tutti desiderano risparmiare di più ma nessuno vuole investire. Tra i tanti motivi ce ne sono alcuni strutturali che Joachim Fels ha individuato.
Innanzitutto, la crisi finanziaria getta un’ombra lunga sui comportamenti di consumo, risparmio e investimento. Poi c’è la situazione demografica: le persone desiderano e/o devono risparmiare di più per far fronte a un periodo di vita inattiva più lungo, dato che l’età pensionabile non è aumentata di pari passo con la speranza di vita. Anche ladisuguaglianza e la tecnologia hanno un loro ruolo: la prima risulta in aumento e i ricchi risparmiano più dei poveri,e la seconda determina la tendenza in base alla quale molti nuovi settori hanno minori esigenze di capitale e, di fronte alle tecnologie rivoluzionarie, gli investitori nei vecchi settori sono restii a impegnare capitali per lunghi periodi. Infine, ma non per importanza, c’è anche una spiegazione di «necessità»: molti paesi emergenti hanno puntato a ridurre le importazioni di capitali e hanno tagliato la spesa per investimenti dopo le «fibrillazioni sul tapering» del 2013.
A causa di questi fattori, l’economia globale soffre di una carenza di domanda, sia sul fronte degli investimenti che su quello dei consumi. Inoltre, una persistente debolezza della domanda provoca un rallentamento della crescita potenziale, giacché la disoccupazione da temporanea diventa permanente e gli investimenti anemici intaccano la crescita dello stock di capitale. Ciò implica un tasso d’interesse di equilibrio (o naturale) reale nel mondo probabilmente negativo. Se poi i governi non sono in grado di ovviare alla carenza di domanda con lo stimolo fiscale e le banche centrali non riescono a spingere i tassi reali in territorio nettamente negativo (a causa della soglia dello zero dei tassi nominali e della bassa inflazione), l’economia rimane apatica e le banche centrali devono favorire la formazione di bolle nei mercati finanziari per evitare esiti ancora peggiori. A tutto questo dovrebbero contrapporsi, in termini positivi, gli altri due «eccessi».
L’eccesso di petrolio aiuta a mitigare l’impatto negativo dell’eccesso di risparmio sulla domanda di consumi, trasferendo reddito dai produttori di petrolio, che hanno un’elevata propensione al risparmio, ai consumatori, che tipicamente spendono la maggior parte del reddito di cui dispongono. Come si è potuto constatare negli Stati Uniti negli ultimi trimestri, l’effetto negativo immediato sugli investimenti nel settore petrolifero può inizialmente sovrastare l’impatto positivo sulla spesa per consumi, in quanto i consumatori sono lenti a spendere il maggior denaro di cui dispongono in virtù del calo dei prezzi dei carburanti. Eppure, per un paese importatore netto di petrolio come gli Stati Uniti, l’effetto della flessione dei corsi petroliferi sulla domanda aggregata dovrebbe restare positivo nell’orizzonte ciclico, e a ben vedere la spesa per consumi nel secondo trimestre ha evidenziato una decisa accelerazione dopo la fiacca dei primi tre mesi dell’anno. In ogni caso, il nuovo calo registrato di recente dai prezzi del greggio deve ancora tradursi in una riduzione dei prezzi alla pompa, ma non appena succederà i consumatori cominceranno a reagire.
Il terzo eccesso, quello di moneta, è invece stato alimentato dall’impatto degli eccessi di risparmio e di petrolio sulle politiche delle banche centrali. L’eccesso di risparmio costringe da tempo le autorità monetarie a tentare di spingere i tassi d’interesse reali verso il tasso di equilibrio reale negativo, e idealmente al di sotto di esso, principalmente attraverso tassi ufficiali nulli o addirittura negativi, indicazioni prospettiche (forward guidance) e quantitative easing.
“L’eccesso di petrolio, attraverso il momentaneo effetto depressivo sull’inflazione complessiva e sulle aspettative di inflazione, ha portato a un raddoppio di questi sforzi: lo testimonia l’ondata di misure espansive adottate dalle banche centrali di tutto il mondo dall’inizio di quest’anno. Dato che ci aspettiamo un ulteriore allentamento monetario, in particolare in Cina e in molti paesi produttori di commodity, l’eccesso di moneta globale, che è già in aumento per mano di pesi massimi come la Banca centrale europea e la Banca del Giappone impegnate nei rispettivi programmi di acquisti di asset, è destinato a crescere ancora” è la conclusione di Joachim Fels.
L’effetto combinato dei tre eccessi ha, secondo il manager, diversi impatti che lui stesso sintetizza così: “In primo luogo, la crescita, l’inflazione e i tassi d’interesse globali dovrebbero restare molto più bassi rispetto ai cicli precedenti in un orizzonte di lungo periodo, per via dell’impatto dell’eccesso di risparmio globale: è questo il fulcro della nostra tesi della Nuova neutralità, ossia l’idea che il tasso d’interesse neutrale sia nettamente inferiore rispetto ai cicli precedenti, il che si traduce in una serie di rialzi meno pronunciati verso un valore di arrivo più basso, una volta che le banche centrali decideranno di sottrarsi al richiamo (in qualche modo magnetico) della soglia dello zero. In secondo luogo, ci attendiamo una ripresa dell’attività economica e dell’inflazione globale nell’orizzonte ciclico, in virtù degli effetti combinati dell’eccesso di petrolio e di quello di moneta. Infine, è prevedibile un rialzo moderato dei rendimenti obbligazionari dai livelli attuali, sulla scia della ripresa ciclica e in risposta all’avvio da parte della Federal Reserve, nei prossimi mesi di quest’anno, di un lungo ma lento percorso di rialzi verso un tasso d’interesse della Nuova neutralità del 2% circa”.
Per Joachim Fels, mentre l’eccesso di risparmio globale rappresenta probabilmente la principale forza strutturale sottesa al contesto mondiale di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi d’interesse, sia l’eccesso di petrolio che quello di moneta dovrebbero contribuire nell’orizzonte ciclico a risollevare la domanda, l’inflazione e quindi i tassi d’interesse dagli attuali livelli depressi. L’espressione “eccesso di risparmio globale” ovviamente è una semplificazione. L’ha coniata Ben Bernanke una decina di anni fa per descrivere una situazione nella quale un eccesso di risparmio desiderato rispetto agli investimenti desiderati a livello globale deprimeva i tassi d’interesse a lungo termine. Ma quello che interessa è sapere perché tutti desiderano risparmiare di più ma nessuno vuole investire. Tra i tanti motivi ce ne sono alcuni strutturali che Joachim Fels ha individuato.
Innanzitutto, la crisi finanziaria getta un’ombra lunga sui comportamenti di consumo, risparmio e investimento. Poi c’è la situazione demografica: le persone desiderano e/o devono risparmiare di più per far fronte a un periodo di vita inattiva più lungo, dato che l’età pensionabile non è aumentata di pari passo con la speranza di vita. Anche ladisuguaglianza e la tecnologia hanno un loro ruolo: la prima risulta in aumento e i ricchi risparmiano più dei poveri,e la seconda determina la tendenza in base alla quale molti nuovi settori hanno minori esigenze di capitale e, di fronte alle tecnologie rivoluzionarie, gli investitori nei vecchi settori sono restii a impegnare capitali per lunghi periodi. Infine, ma non per importanza, c’è anche una spiegazione di «necessità»: molti paesi emergenti hanno puntato a ridurre le importazioni di capitali e hanno tagliato la spesa per investimenti dopo le «fibrillazioni sul tapering» del 2013.
A causa di questi fattori, l’economia globale soffre di una carenza di domanda, sia sul fronte degli investimenti che su quello dei consumi. Inoltre, una persistente debolezza della domanda provoca un rallentamento della crescita potenziale, giacché la disoccupazione da temporanea diventa permanente e gli investimenti anemici intaccano la crescita dello stock di capitale. Ciò implica un tasso d’interesse di equilibrio (o naturale) reale nel mondo probabilmente negativo. Se poi i governi non sono in grado di ovviare alla carenza di domanda con lo stimolo fiscale e le banche centrali non riescono a spingere i tassi reali in territorio nettamente negativo (a causa della soglia dello zero dei tassi nominali e della bassa inflazione), l’economia rimane apatica e le banche centrali devono favorire la formazione di bolle nei mercati finanziari per evitare esiti ancora peggiori. A tutto questo dovrebbero contrapporsi, in termini positivi, gli altri due «eccessi».
L’eccesso di petrolio aiuta a mitigare l’impatto negativo dell’eccesso di risparmio sulla domanda di consumi, trasferendo reddito dai produttori di petrolio, che hanno un’elevata propensione al risparmio, ai consumatori, che tipicamente spendono la maggior parte del reddito di cui dispongono. Come si è potuto constatare negli Stati Uniti negli ultimi trimestri, l’effetto negativo immediato sugli investimenti nel settore petrolifero può inizialmente sovrastare l’impatto positivo sulla spesa per consumi, in quanto i consumatori sono lenti a spendere il maggior denaro di cui dispongono in virtù del calo dei prezzi dei carburanti. Eppure, per un paese importatore netto di petrolio come gli Stati Uniti, l’effetto della flessione dei corsi petroliferi sulla domanda aggregata dovrebbe restare positivo nell’orizzonte ciclico, e a ben vedere la spesa per consumi nel secondo trimestre ha evidenziato una decisa accelerazione dopo la fiacca dei primi tre mesi dell’anno. In ogni caso, il nuovo calo registrato di recente dai prezzi del greggio deve ancora tradursi in una riduzione dei prezzi alla pompa, ma non appena succederà i consumatori cominceranno a reagire.
Il terzo eccesso, quello di moneta, è invece stato alimentato dall’impatto degli eccessi di risparmio e di petrolio sulle politiche delle banche centrali. L’eccesso di risparmio costringe da tempo le autorità monetarie a tentare di spingere i tassi d’interesse reali verso il tasso di equilibrio reale negativo, e idealmente al di sotto di esso, principalmente attraverso tassi ufficiali nulli o addirittura negativi, indicazioni prospettiche (forward guidance) e quantitative easing.
“L’eccesso di petrolio, attraverso il momentaneo effetto depressivo sull’inflazione complessiva e sulle aspettative di inflazione, ha portato a un raddoppio di questi sforzi: lo testimonia l’ondata di misure espansive adottate dalle banche centrali di tutto il mondo dall’inizio di quest’anno. Dato che ci aspettiamo un ulteriore allentamento monetario, in particolare in Cina e in molti paesi produttori di commodity, l’eccesso di moneta globale, che è già in aumento per mano di pesi massimi come la Banca centrale europea e la Banca del Giappone impegnate nei rispettivi programmi di acquisti di asset, è destinato a crescere ancora” è la conclusione di Joachim Fels.
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