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Idee di Investimento - Obbligazioni - 07 settembre 2015

7 Settembre 2015 10:28

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circa un anno e mezzo, ci siamo concentrati sull'eliminazione del rischio del tasso di interesse dai nostri portafogli multisettoriali e sulla rimozione di molte obbligazioni corporate di alta qualità notevolmente legate ai tassi d'interesse. Inoltre, poiché l'economia statunitense è la più forte tra i paesi sviluppati, tendiamo a favorire il credito statunitense” spiega, nell’articolo “Fed, ecco come agire se il rialzo dei tassi sarà a settembre”, Elaine Stokes, Fixed-Income Manager di Loomis, Sayles & Company (gruppo Natixis) secondo la quale, oggi occorre essere maggiormente cauti nella selezione poiché vi sono segni di un leggero ritardo degli Stati Uniti nel ciclo del credito: in tale scenario, secondo la manager, i titoli legati a temi secolari di lungo periodo nei settori di sanità e tecnologia, che stanno trainando l'economia USA e che dovrebbero far bene anche in una fase di rallentamento, diventano ancor più interessanti.

Favorevole al credito USA e, più in particolare, al segmento ad alto rendimento americano è pure Russ Koesterich, Strategist BlackRock Global Chief Investment che, nell’articolo “Turbolenze e travagli dell'economia, ma questo non è il 2008”, sostiene che la vendita indiscriminata sui mercati finanziari ha aperto altre sacche di valore, anche nell’ambito delle obbligazioni ad alto rendimento. “Ai prezzi minimi all'inizio della scorsa settimana, le obbligazioni ad alto rendimento offrivano il più elevato extra rendimento degli ultimi tre anni rispetto ai titoli del Tesoro USA. Visto che ipotizziamo che l'economia statunitense dovrebbe continuare a registrare una crescita moderata mentre un eventuale aumento dei tassi di interesse da parte della FED sarà modesto, riteniamo che questa asset class offra una combinazione di rendimenti interessanti e una buona capacità di limitare la volatilità” sottolinea lo strategist mentre il suo collega, Scott Thiel, Deputy Chief Investment Officer Fundamental Fixed Income di BlackRock, nell’articolo“Riunione BCE, ecco le indicazioni per gli investitori”, ha rivelato: “All'interno della zona euro manteniamo la nostra preferenza per il debito pubblico portoghese e sloveno”. Nell’ambito dei cambi lo strategist rimane invece short (ribassista) sullo yen giapponese contro il dollaro USD mentre nei mercati emergenti è long (rialzista) su un paniere di valute tra cui il rand sudafricano (ZAR), il peso messicano (MXN), le rupie indiane (INR) e le rupie indonesiane (IDR) ma rimane short (ribassista) sul real brasiliano (BRL) dopo che la banca centrale del Brasile ha mantenuto il tasso Selic (Sistema especial de liquidação e custodia, il tasso d'interesse di riferimento adottato in Brasile) invariato questa settimana al 14,25%.

Carlo Benetti, Head of Market Research & Business Innovation di GAM Italia Sgr, nell’articolo “Un ritorno a prezzi un po’ più coerenti con il freno alla crescita globale”, ribadisce la preferenza, quasi obbligata, alle azioni e, selettivamente, alle obbligazioni societarie e delle economie emergenti. Con due raccomandazioni: disporre di un orizzonte temporale tale da poter osservare con imperturbabile sicurezza le prossime violente correzioni, ed essere consapevoli che le economie emergenti non costituiscono più una classe di investimento omogenea. Un approccio che permette di valutare con la dovuta calma le oscillazioni di breve termine ma che non esclude di acquistare, in modo tattico, sfruttando le occasioni che le correzioni creano sul mercato.

“Il deterioramento fondamentali in Cina non è così male come l'andamento degli indici di Borsa delle ultime settimane e il flusso di notizie suggerisce” fa sapere, per esempio, nell’articolo “Debito emergenti, un'occasione per l'investitore di lungo periodo”, Luc D’hooge, CFA, Head of Emerging Markets Bonds di Vontobel Asset Management, che poi aggiunge: “In realtà, dal momento che gli spread dei bond dei paesi emergenti trattano attualmente sopra i 400 punti base (cioè oltre il 4%), cioè nella parte alta del range degli ultimi anni, continuiamo a pensare che questi rappresentino buoni livelli di ingresso”. Lo strategist, tuttavia, non nasconde che persiste un’altra preoccupazione tra gli investitori: come reagirà il debito emergente al primo rialzo dei tassi da parte della Federal Reservein quasi un decennio? “Se la storia delinea un precedente valido, un aumento dei tassi USA non dovrebbe avere effetti particolarmente significativi. Questo, tuttavia, non significa che non vedremo periodi di volatilità per il futuro, ma noi continuiamo a credere che il grande carry (extra rendimento rispetto ai titoli governativi USA) dovrebbe ricompensare gli investitori con un orizzonte di più lungo periodo” conclude Luc D’hooge.

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