dollaro
Wall Street, ecco perché c’è chi preferisce le small cap
12 Agosto 2015 15:44

n molti a sostenere che anche nella seconda parte dell’anno Wall Street registrerà una performance inferiore a quella dei principali listini azionari Euro e dell’Asia come avvenuto nei primi sette mesi di quest’anno.
Tuttavia, se anche ciò fosse confermato dai fatti, a nessun asset manager verrebbe mai in mente di suggerire una azzeramento completo delle posizioni azionarie negli Stati Uniti. Infatti il peso specifico della Borsa USA (circa il 60% nell’indice azionario globale), il fatto di restare sempre e comunque un punto di riferimento per tutti i mercati finanziari e la specificità di alcuni settori (healthcare, hi tech, biotech, beni discrezionali), rendono Wall Street immancabile nei portafogli. Pertanto, anche se in misura inferiore al benchmark, tutti gli investitori azionari mantengono comunque una quota nell’azionario a stelle e strisce.
Detto questo, è tuttavia possibile adottare un approccio che consenta di mantenere il posizionamento nell’equity USA con un profilo più opportunistico. Secondo alcuni esperti tale approccio consisterebbe per esempio nel preferire le small cap americane.
Scopriamo insieme le loro motivazioni. Secondo questi osservatori, l'economia americana è in una posizione strutturalmente solida. È vero che alcuni fattori temporanei, come il maltempo e gli scioperi, hanno causato una contrazione dell'economia nel primo trimestre, tuttavia alcuni recenti dati evidenziano un ritorno del ritmo di crescita robusto. Il calo del tasso di disoccupazione, la stabilizzazione dell'inflazione e i buoni dati relativi alla produzione industriale evidenziano la forza dell'economia nazionale. Nei prossimi anni, ritengono questi esperti, è possibile che l’economia USA cresca in modo vigoroso e strutturale e trascini al rialzo anche i profitti societari che, a loro volta, saranno in grado di sostenere la performance del mercato azionario più sano. Un potenziale ostacolo a questo scenario è rappresentato dal dollaro forte che può ridurre la competitività delle grandi imprese operanti a livello internazionale. Ma questo contesto è però favorevole alle small cap statunitensi che, a causa delle loro dimensioni, offrono un'esposizione diretta per l'economia nazionale, limitando l'esposizione ai movimenti valutari sfavorevoli.
E come la mettiamo invece con l’impatto del prossimo rialzo dei tassi di interesse USA da parte della Fed? Le small cap richiedono maggiori finanziamenti esterni rispetto alle large cap e sarebbe quindi logico pensare che un rialzo dei tassi potrebbe aumentare il costo del capitale e, a sua volta, impattare negativamente sulle valutazioni dei titoli di piccola capitalizzazione. Tuttavia, guardando storicamente agli andamenti degli indici di Borsa durante le fasi di rialzo dei tassi, si può constatare che le small cap non hanno affatto sofferto di più. Negli ultimi due cicli di rialzo dei tassi (da ottobre 1998 a luglio 2000 e da giugno 2004 a giugno 2006), il Russell 2000 Index, rappresentativo delle small cap USA ha infatti registrato una performance superiore rispetto all'indice S&P 500.
Alla luce di tutte queste considerazioni non deve quindi sorprendere che c’è chi preferisce le small cap americane.
Tuttavia, se anche ciò fosse confermato dai fatti, a nessun asset manager verrebbe mai in mente di suggerire una azzeramento completo delle posizioni azionarie negli Stati Uniti. Infatti il peso specifico della Borsa USA (circa il 60% nell’indice azionario globale), il fatto di restare sempre e comunque un punto di riferimento per tutti i mercati finanziari e la specificità di alcuni settori (healthcare, hi tech, biotech, beni discrezionali), rendono Wall Street immancabile nei portafogli. Pertanto, anche se in misura inferiore al benchmark, tutti gli investitori azionari mantengono comunque una quota nell’azionario a stelle e strisce.
Detto questo, è tuttavia possibile adottare un approccio che consenta di mantenere il posizionamento nell’equity USA con un profilo più opportunistico. Secondo alcuni esperti tale approccio consisterebbe per esempio nel preferire le small cap americane.
Scopriamo insieme le loro motivazioni. Secondo questi osservatori, l'economia americana è in una posizione strutturalmente solida. È vero che alcuni fattori temporanei, come il maltempo e gli scioperi, hanno causato una contrazione dell'economia nel primo trimestre, tuttavia alcuni recenti dati evidenziano un ritorno del ritmo di crescita robusto. Il calo del tasso di disoccupazione, la stabilizzazione dell'inflazione e i buoni dati relativi alla produzione industriale evidenziano la forza dell'economia nazionale. Nei prossimi anni, ritengono questi esperti, è possibile che l’economia USA cresca in modo vigoroso e strutturale e trascini al rialzo anche i profitti societari che, a loro volta, saranno in grado di sostenere la performance del mercato azionario più sano. Un potenziale ostacolo a questo scenario è rappresentato dal dollaro forte che può ridurre la competitività delle grandi imprese operanti a livello internazionale. Ma questo contesto è però favorevole alle small cap statunitensi che, a causa delle loro dimensioni, offrono un'esposizione diretta per l'economia nazionale, limitando l'esposizione ai movimenti valutari sfavorevoli.
E come la mettiamo invece con l’impatto del prossimo rialzo dei tassi di interesse USA da parte della Fed? Le small cap richiedono maggiori finanziamenti esterni rispetto alle large cap e sarebbe quindi logico pensare che un rialzo dei tassi potrebbe aumentare il costo del capitale e, a sua volta, impattare negativamente sulle valutazioni dei titoli di piccola capitalizzazione. Tuttavia, guardando storicamente agli andamenti degli indici di Borsa durante le fasi di rialzo dei tassi, si può constatare che le small cap non hanno affatto sofferto di più. Negli ultimi due cicli di rialzo dei tassi (da ottobre 1998 a luglio 2000 e da giugno 2004 a giugno 2006), il Russell 2000 Index, rappresentativo delle small cap USA ha infatti registrato una performance superiore rispetto all'indice S&P 500.
Alla luce di tutte queste considerazioni non deve quindi sorprendere che c’è chi preferisce le small cap americane.
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