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Mercati emergenti, come scegliere quelli sui quali investire

4 Agosto 2015 16:01
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Nei 10 anni che vanno dal maggio 2003 al maggio 2013, gli investimenti in prodotti specializzati sui mercati emergenti hanno offerto le migliori soddisfazioni ai risparmiatori sia in ambito azionario che in quello obbligazionario.
Nell’ambito dei fondi azionari, per esempio, a fronte di un +42,14% (pari al +3,58% annuo composto) dell’indice generale dei fondi azionari, l’indice dei fondi azionari paesi emergenti ha messo a segno un +149,66% (ovvero il +9,58% su base annua).
Nel segmento obbligazionario, invece, i fondi obbligazionari paesi emergenti hanno registrato un +71,09% (cioè +5,52% medio annuo) mentre l’indice generale dei fondi obbligazionari non è andato oltre il +27,2% (+2,43% su base annua).

Ma negli ultimi due anni le cose sono profondamente cambiate, per la precisione dal maggio 2013, e cioè quando hanno cominciato a circolare le prime indiscrezioni a proposito di una imminente riduzione del quantitative easing della Fed negli acquisti di obbligazioni americane: è quello che, in gergo tecnico, è stato definito taper tantrum. Da allora, gli investitori (quasi esclusivamente quelli retail) hanno disinvestito dall’azionario e dall’obbligazionario dei paesi emergenti preferendo altre asset class.

Secondo gli analisti, d’ora in avanti sarà sempre più fisiologico non considerarli come in passato un universo indistinto, quanto piuttosto un realtà variegata con tante sfumature da riuscire a cogliere per poter individuare i paesi giusti sui quali investire.
“Secondo noi, l’eterogeneità rimane la caratteristica distintiva dei mercati emergenti” sottolinea infatti Monica Defend, Responsabile Global Asset Allocation Research di Pioneer Investments che poi aggiunge: “Il recente rallentamento della crescita sembra stia giungendo alla fine. I segnali di ripresa della domanda da parte dei mercati sviluppati e più in generale la ripresa del commercio mondiale sono elementi positivi che vanno nella giusta direzione”.

Le politiche interne e l’agenda delle riforme determinano grandi differenze tra le regioni ed i paesi dell’area influenzando le condizioni economiche, che , secondo la strategist, mediamente, stanno stabilizzandosi.
“In Cina, gli sforzi politici sono stati enormi e li consideriamo come una accelerazione della strategia sulle riforme, perciò nel complesso la nostra valutazione è costruttiva. I paesi con un settore manifatturiero dominante e quelli che sono grandi importatori di materie prime dovrebbero essere favoriti nell’attuale contesto, in particolare quei paesi che sono in grado di reagire in modo flessibile e adattarsi velocemente al cambiamento delle condizioni esterne” conclude Monica Defend.
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