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Oro: fede, emozione o investimento?
27 Luglio 2015 09:00

ente volatilità del metallo giallo ha messo a dura prova i nervi degli investitori più affezionati, quelli che vedono nell’oro l’unico vero rifugio dai mali che affliggono i mercati: bolle, speculazioni, insolvenze e crac improvvisi.
Ma per chi detiene oro in portafoglio in modo accorto e soprattutto misurato c’è in realtà poco da temere. In una asset allocation calibrata può e forse deve anche avere il suo posto, ma il posto di una polizza assicurativa, non di una scommessa da vincere a tutti i costi.
A scatenare le vendite degli ultimi tempi è stata la notizia che la Cina negli ultimi sei anni aveva comprato oltre 1.600 tonnellate metriche di oro. Era dal 2009 che Pechino taceva sugli acquisti di oro, il mercato aveva fatto i suoi conti e si era fatto la convinzione che gli acquisti fossero ammontati a oltre 3.500 tonnellate. Più del doppio della realtà. Spesso il mercato è posizionato per vendere, e aspetta solo la scusa per farlo.
Lo scenario generale non è favorevole all’oro: il dollaro è forte, il petrolio debole e l’inflazione è praticamente assente. Per il bene rifugio per eccellenza non proprio il massimo. E i principali esperti concordano. Come Ubs, che in un recente report sottolinea che il mercato resta abbastanza nervoso anche in presenza di un’apparente stabilizzazione in area $1,100 l’oncia, sui minimi degli ultimi 5 anni.
La domanda dell’investitore è: dove stanno andando i prezzi? La risposta di Ubs è che a questi livelli vedere ulteriori vendite sembra abbastanza improbabile. Ma aggiunge che senza un rimbalzo convincente non si possono escludere. E conclude che l’oro non merita di essere trattato sotto i $1,100 l’oncia per un periodo troppo lungo. La banca d’affari dà appuntamento a settembre, quando tornerà a riunirsi la Fed sui tassi dando la direzione non solo all’oro, ma a tutti i mercati.
Queste le risposte degli esperti, ma altre spiegazioni le troviamo semplicemente andando a guardare un grafico a lungo termine del prezioso metallo. Fino a poco più di 10 anni fa l’oro non era per tutti, ma riservato a pochi investitori istituzionali. Per gli altri c’erano le azioni dei titoli minerari dei grandi produttori, e poco altro. Poi, esattamente il 12 novembre 2004, quando a Wall Strett l’oro viaggiava intorno ai 400 dollari l’oncia, è stato lanciato GLD, un ETF che replicava esattamente l’oro, comprabile a poche decine di dollari. Il grafico da allora punta decisamente a Nord, come un razzo a due stadi, il primo lo porta a quota 1,000 dollari per poi ritracciare nel 2007.
Il secondo stadio parte con l’esplosione della crisi e gli investitori alla disperata ricerca di un rifugio e lo porta in vista della vetta dei 2.000 dollari tra il 2012 e il 2013. Poi una strada in discesa fino ai minimi toccati di recente. Quanta parte ha avuto l’allargamento del mercato a una base molto ampia in questi movimenti?
Ma per chi detiene oro in portafoglio in modo accorto e soprattutto misurato c’è in realtà poco da temere. In una asset allocation calibrata può e forse deve anche avere il suo posto, ma il posto di una polizza assicurativa, non di una scommessa da vincere a tutti i costi.
A scatenare le vendite degli ultimi tempi è stata la notizia che la Cina negli ultimi sei anni aveva comprato oltre 1.600 tonnellate metriche di oro. Era dal 2009 che Pechino taceva sugli acquisti di oro, il mercato aveva fatto i suoi conti e si era fatto la convinzione che gli acquisti fossero ammontati a oltre 3.500 tonnellate. Più del doppio della realtà. Spesso il mercato è posizionato per vendere, e aspetta solo la scusa per farlo.
Lo scenario generale non è favorevole all’oro: il dollaro è forte, il petrolio debole e l’inflazione è praticamente assente. Per il bene rifugio per eccellenza non proprio il massimo. E i principali esperti concordano. Come Ubs, che in un recente report sottolinea che il mercato resta abbastanza nervoso anche in presenza di un’apparente stabilizzazione in area $1,100 l’oncia, sui minimi degli ultimi 5 anni.
La domanda dell’investitore è: dove stanno andando i prezzi? La risposta di Ubs è che a questi livelli vedere ulteriori vendite sembra abbastanza improbabile. Ma aggiunge che senza un rimbalzo convincente non si possono escludere. E conclude che l’oro non merita di essere trattato sotto i $1,100 l’oncia per un periodo troppo lungo. La banca d’affari dà appuntamento a settembre, quando tornerà a riunirsi la Fed sui tassi dando la direzione non solo all’oro, ma a tutti i mercati.
Queste le risposte degli esperti, ma altre spiegazioni le troviamo semplicemente andando a guardare un grafico a lungo termine del prezioso metallo. Fino a poco più di 10 anni fa l’oro non era per tutti, ma riservato a pochi investitori istituzionali. Per gli altri c’erano le azioni dei titoli minerari dei grandi produttori, e poco altro. Poi, esattamente il 12 novembre 2004, quando a Wall Strett l’oro viaggiava intorno ai 400 dollari l’oncia, è stato lanciato GLD, un ETF che replicava esattamente l’oro, comprabile a poche decine di dollari. Il grafico da allora punta decisamente a Nord, come un razzo a due stadi, il primo lo porta a quota 1,000 dollari per poi ritracciare nel 2007.
Il secondo stadio parte con l’esplosione della crisi e gli investitori alla disperata ricerca di un rifugio e lo porta in vista della vetta dei 2.000 dollari tra il 2012 e il 2013. Poi una strada in discesa fino ai minimi toccati di recente. Quanta parte ha avuto l’allargamento del mercato a una base molto ampia in questi movimenti?
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