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Obbligazioni, tutte le implicazioni con i tassi in continuo rialzo
27 Luglio 2015 10:48

aprile al 10 luglio, in circa tre mesi, i bund tedeschi sono stati oggetto prevalentemente di vendite. Dopo essere stati per molti mesi tra le asset class più richieste dagli investitori, i governativi di Berlino hanno subito ingenti flussi di vendite al punto che i loro tassi sono saliti tra il mezzo e il punto percentuale con perdite per le quotazioni (che si muovono in direzione opposta ai rendimenti) tra il 2% e il 12% a seconda della durata del titolo.
Per esempio, il bund scadenza 15.2.2025 ha lasciato sul terreno il 7% a fronte di un rialzo dello 0,77% del rendimento (che è balzato dallo 0,07% del 15 aprile allo 0,84% di venerdi 10 luglio). Quello che è successo in questi tre mesi deve essere tenuto in seria considerazione dai risparmiatori più esposti sulle obbligazioni e sui titoli di stato.
Infatti diverse case d’investimento, se la Fed rialzerà i tassi a settembre e la ripresa dell’Europa prenderà slancio, ipotizzano che i tassi dei bund decennali possano convergere verso l’1,50% entro fine anno e portarsi verso il 2% entro fine 2016. Uno scenario rispetto al quale i risparmiatori investiti in obbligazioni dovranno attrezzarsi per evitare importanti contraccolpi. “Ultimamente i mercati obbligazionari hanno (fortunatamente) ricordato agli investitori che i mercati del reddito fisso non sono una scommessa unidirezionale” dichiara Stephanie Flanders, Chief Market Strategist per l’Europa di J.P. Morgan Asset Management.
Gli investitori speculativi hanno perso molto tra maggio e giugno sulle posizioni nei bund in una serie di sell-off (vendita massiccia sul mercato di titoli senza limitazione di prezzo e di quantità) che hanno visto vanificarsi in pochi giorni quanto accumulato in molto tempo.
In realtà, secondo JPMorgan AM si è trattato di una correzione favorevole.
Il movimento al ribasso dei rendimenti nella prima parte dell’anno, specialmente quelli con scadenze lunghe, è stato considerevole, se confrontato con gli standard storici, portandoli a livelli molto più bassi di quanto giustificato anche da una bassissima inflazione in Europa e dalla politica monetaria di allentamento. Il forte sell-off dello scorso trimestre ha indotto molti investitori a chiedersi se il lungo rally delle obbligazioni europee fosse finito. Potrebbe essere un bene per l’economia europea se i rendimenti avessero già registrato il loro punto di minimo del ciclo economico, ma è necessario ricordare che una significativa quantità di debito governativo evidenzia ancora un tasso di rendimento negativo e il 55% delle obbligazioni governative dell’Eurozona ha rendimenti più bassi dell’1%.
“Ci sono ancora sviluppi sconosciuti sul caso della Grecia e l’Europa potrebbe subire dei contraccolpi dal rialzo dei tassi negli Stati Uniti. Dall’altro lato, tuttavia, non riteniamo che la crescita e il tasso di inflazione attuali nell’Eurozona siano abbastanza solidi da giustificare nel prossimo futuro un continuo movimento al rialzo dei rendimenti” aggiunge Stephanie Flanders. Negli ultimi mesi si è visto la volatilità aumentare su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma il mercato azionario europeo è stato colpito maggiormente rispetto a quello degli Stati Uniti. Non c’è da sorprendersi in quanto l’incertezza negli Stati Uniti ora è più legata alle mosse della Fed e alle implicazioni sul reddito fisso dell’eventuale rialzo dei tassi.
“Con il rialzo dei tassi negli Stati Uniti quest’anno (e con la Banca di Inghilterra ch potrebbe muoversi a ruota), la volatilità nei mercati obbligazionari potrà solo aumentare” dichiara David Stubbs, Global Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management che poi aggiunge: “Quando i tempi si fanno difficili, per gli investitori risulta ancora più importante diversificare. I prezzi degli attivi subiscono scossoni su base giornaliera, ma ci sono buone ragioni per pensare che sia azionario che obbligazionario possano restituire rendimenti positivi nel medio termine”.
Per esempio, il bund scadenza 15.2.2025 ha lasciato sul terreno il 7% a fronte di un rialzo dello 0,77% del rendimento (che è balzato dallo 0,07% del 15 aprile allo 0,84% di venerdi 10 luglio). Quello che è successo in questi tre mesi deve essere tenuto in seria considerazione dai risparmiatori più esposti sulle obbligazioni e sui titoli di stato.
Infatti diverse case d’investimento, se la Fed rialzerà i tassi a settembre e la ripresa dell’Europa prenderà slancio, ipotizzano che i tassi dei bund decennali possano convergere verso l’1,50% entro fine anno e portarsi verso il 2% entro fine 2016. Uno scenario rispetto al quale i risparmiatori investiti in obbligazioni dovranno attrezzarsi per evitare importanti contraccolpi. “Ultimamente i mercati obbligazionari hanno (fortunatamente) ricordato agli investitori che i mercati del reddito fisso non sono una scommessa unidirezionale” dichiara Stephanie Flanders, Chief Market Strategist per l’Europa di J.P. Morgan Asset Management.
Gli investitori speculativi hanno perso molto tra maggio e giugno sulle posizioni nei bund in una serie di sell-off (vendita massiccia sul mercato di titoli senza limitazione di prezzo e di quantità) che hanno visto vanificarsi in pochi giorni quanto accumulato in molto tempo.
In realtà, secondo JPMorgan AM si è trattato di una correzione favorevole.
Il movimento al ribasso dei rendimenti nella prima parte dell’anno, specialmente quelli con scadenze lunghe, è stato considerevole, se confrontato con gli standard storici, portandoli a livelli molto più bassi di quanto giustificato anche da una bassissima inflazione in Europa e dalla politica monetaria di allentamento. Il forte sell-off dello scorso trimestre ha indotto molti investitori a chiedersi se il lungo rally delle obbligazioni europee fosse finito. Potrebbe essere un bene per l’economia europea se i rendimenti avessero già registrato il loro punto di minimo del ciclo economico, ma è necessario ricordare che una significativa quantità di debito governativo evidenzia ancora un tasso di rendimento negativo e il 55% delle obbligazioni governative dell’Eurozona ha rendimenti più bassi dell’1%.
“Ci sono ancora sviluppi sconosciuti sul caso della Grecia e l’Europa potrebbe subire dei contraccolpi dal rialzo dei tassi negli Stati Uniti. Dall’altro lato, tuttavia, non riteniamo che la crescita e il tasso di inflazione attuali nell’Eurozona siano abbastanza solidi da giustificare nel prossimo futuro un continuo movimento al rialzo dei rendimenti” aggiunge Stephanie Flanders. Negli ultimi mesi si è visto la volatilità aumentare su entrambe le sponde dell’Atlantico, ma il mercato azionario europeo è stato colpito maggiormente rispetto a quello degli Stati Uniti. Non c’è da sorprendersi in quanto l’incertezza negli Stati Uniti ora è più legata alle mosse della Fed e alle implicazioni sul reddito fisso dell’eventuale rialzo dei tassi.
“Con il rialzo dei tassi negli Stati Uniti quest’anno (e con la Banca di Inghilterra ch potrebbe muoversi a ruota), la volatilità nei mercati obbligazionari potrà solo aumentare” dichiara David Stubbs, Global Market Strategist di J.P. Morgan Asset Management che poi aggiunge: “Quando i tempi si fanno difficili, per gli investitori risulta ancora più importante diversificare. I prezzi degli attivi subiscono scossoni su base giornaliera, ma ci sono buone ragioni per pensare che sia azionario che obbligazionario possano restituire rendimenti positivi nel medio termine”.
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