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International Editor's Picks - 13 aprile 2015

13 Aprile 2015 10:05
financialounge -  BCE British Gas fusioni e acquisizioni grecia indice International Editor's Picks shell
Sul sito di CNBC si legge che finora il vero vincitore nell’azionario globale è l’Asia e il grande perdente, il mercato Americano. Lo S&P 500 guadagna poco più dell’1% percento da inizio 2015 mentre in India il BSE Sensex è in rialzo del 5% e in Giappone il Nikkei addirittura del 14%, in compagnia dell’indice Hang Seng di Hong Kong. Anche l’Europa fa meglio dell’America, non parliamo della Russia con il 27% messo a segno da inizio 2015. I soli indici europei che hanno fatto peggio bisogna cercarli in Romania, Croazia e Grecia, ironizza CNBC. E aggiunge che, mentre per l’America le previsioni sono abbastanza piatte, in Europa e in Asia ci sono ancora spazi di rialzo a due cifre. Tutto vero, per carità, ma anche molto relativo. Bisognerebbe ricordarsi che la Borsa di Tokyo vale ancora oggi la metà di quello che quotava nel 1989, più di un quarto di secolo fa, quando il Nikkei viaggiava vicino a 40.000 mentre oggi fa fatica a toccare 20.000. E intanto tutti gli indici americani sono in area record di tutti i tempi.

La Grecia in lotta per sopravvivere non finisce di stupire. Sul New York Times si legge che le principali banche del paese hanno incrementato fortemente le emissioni di debito. Ma chi lo compra? Le stesse banche è la stupefacente risposta. Si tratta di bond a breve con garanzia governativa. Le principali banche come Piraeus, Alpha e Eurobank ne hanno emessi, e acquistati, per oltre 13 miliardi di euro. Il giornale della Grande Mela nota che non si potrebbe immaginare un investimento più tossico. Le banche in questione, infatti, si tengono in vita grazie al programma di prestiti di emergenza cui sovrintende la Bce, grazie al quale, hanno accesso ai finanziamenti della banca centrale di Atene. Ma a fronte di questa linea di credito devono fornire un collaterale. Come, visto che hanno le casse vuote? Creandolo con emissioni di bond auto-acquistate. La banca centrale li accetta in quanto hanno la garanzia del governo. Ormai di questi titoli ce ne sono in giro (si fa per dire, in realtà restano esattamente, dove sono stati emessi) per circa cinquanta miliardi di dollari. Ultima cosa, rendono interessi molto elevati. Ma anche questo è irrilevante, perché sono soldi che escono da una tasca e entrano nell’altra degli stessi pantaloni.

La mega acquisizione di British Gas da parte di Shell ha bisogno di un aumento del prezzo del petrolio di oltre il 50% per funzionare. Almeno questa è la stima raccolta dal Times di Londra che ha interpellato gli analisti del settore. Per Neill Morton di Investec il premio del 50% pagato da Shell per BG diventa sensato solo con un prezzo del petrolio a 90 dollari al barile entro il 2018. Proprio questo inoltre, induce Morton a non vedere il deal Shell-BG come la prima di una serie di operazioni di M&A nel settore dell’energia. Se il petrolio non si risolleva dagli attuali 57-58 dollari per il Brent l’operazione si potrebbe ridurre a un semplice risparmio sui costi di esplorazione e all’incasso di qualche decina di miliardi derivante dalla cessione ai cinesi delle società specializzate proprio nella ricerca di nuovi giacimenti. Anche Michael Hulme di Carmignac vede la cessione di asset come uno degli esiti più probabili della fusione e indica come candidati soprattutto gli impianti, in parte obsoleti, del Mare del Nord o le operazioni in Australia.
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