fondi multi asset

Idee di investimento - Obbligazioni - 7 aprile 2015

7 Aprile 2015 08:45

financialounge -  fondi multi asset Fondi obbligazionari idee di investimento mercati emergenti
i multi asset vengono spesso presi in considerazione come una soluzione adeguata per sostituirsi o affiancarsi all’investimento diretto in Borsa (tramite titoli, ETF o fondi azionari). In realtà la loro sottoscrizione può rappresentare un’ottima opzione alternativa anche all’investimento obbligazionario.“Il mantenimento di un’esposizione diversificata ai mercati globali del credito può assicurare benefici significativi agli investitori che puntano a ridurre il rischio azionario, evitando al contempo i tassi anemici offerti dai titoli di Stato. Riteniamo che l’interessante potenziale di rendimento e la ridotta volatilità al ribasso associati a un approccio multi-asset all’investimento nei mercati del credito diventeranno probabilmente sempre più interessanti per gli investitori di lungo termine intenti a consolidare i guadagni ottenuti grazie al lungo rally dei mercati azionari” sottolineano infatti Eve Tournier, Executive Vice President Responsabile della gestione di portafogli obbligazionari paneuropei di PIMCO, e Loren Sageser, Senior Vice President Product Manager di PIMCO nell’articolo “Portafogli, tutti i plus del multi-asset obbligazionario”.

Tra le opzioni d’investimento a disposizione dei gestori obbligazionari flessibili figurano senza dubbio le asset class e i titoli sostenuti dalle politiche delle banche centrali. “Ci rendiamo conto che gli stimoli importanti e di lunga durata della Banca del Giappone hanno da molti anni un effetto deprimente sui premi a termine, però non è così facile spiegare l’improvvisa contrazione dei premi a termine dei bund tedeschi, scesi a livelli simili alle obbligazioni governative giapponesi (JGB.) Tuttavia, finché non cambierà qualcosa, manterremo una posizione orientata su attivi con una duration superiore in tutti i mercati internazionali” rivela Jim Caron, Managing director di Morgan Stanley Investment Management nell’articolo “Sovrappesare gli attivi sostenuti dalle politiche delle banche centrali”: per l’esperto, il punto fondamentale è che qualunque cosa accada ai premi al rischio nei mercati obbligazionari di alta qualità va a ripercuotersi sugli altri mercati.

A questo proposito è interessante ricordare cosa si aspetta Regina Borromeo, portfolio manager del fondo Legg Mason Brandywine Global Income Optimiser, a proposito dei rendimenti delle obbligazioni sovrane dei mercati sviluppati: “In un contesto che si mantiene caratterizzato da bassa inflazione e deflazione, in alcuni paesi, gli US Treasury a 10 anni e persino i bond sovrani britannici potranno apparire più redditizi, nel panorama dei titoli cosiddetti «safe heaven» (di emittenti solidi e ritenuti più sicuri dagli investitori internazionali)" fa sapere la manager nell’articolo “Bond sovrani, perché proseguirà l’appiattimento della curva”.

John Greenwood, Capo Economista di Invesco, dal canto suo raccomanda all’investitore europeo soprattutto due cose: la diversificazione (per asset class, geografica e valutaria) e l’allungamento dell’orizzonte temporale d’investimento. Grazie all’adozione di questo approccio, l’investitore potrà beneficiare degli effetti che il QE europeo sicuramente produrrà (tassi obbligazionari ai minimi e necessità di ricercare reddito altrove) ma senza assumere rischi eccessivi. John Greenwood, inoltre, nell’articolo “L’era a tasso zero schiude tante opportunità da cogliere” ritiene l’attuale rallentamento di alcuni importanti paesi emergenti un’interessante opportunità da cogliere puntando sulla trasformazione in atto nelle economie di questi paesi. “È importante tenere presente che molti dei paesi emergenti hanno avviato un processo di trasformazione della propria economia meno dipendente dalle esportazioni e dalla produzione a basso valore verso maggiori consumi interni e la realizzazione di produzione a più alto valore aggiunto. Il caso della Cina è il più evidente ma è possibile scorgerne i profili anche in altre economie emergenti. Per le industrie americane ed europee è quindi importante comprendere questa trasformazione e sapersi adattare ad essa in modo da coglierne le potenzialità in termini di esportazioni di beni e servizi che saranno necessari in queste aree geografiche: in particolare in Asia ma non solo” ha rivelato John Greenwood mentre Claudio Borrelli, Head of Equity Research di Union Bancaire Privée (UBP) ha ricordato come la costante volatilità, la debolezza dei dati cinesi e le continue tensioni in Medio Oriente e in Ucraina accrescano un sentiment negativo verso i titoli azionari dei mercati emergenti in generale.

“La recente correzione dei prezzi del petrolio e delle commodity, così come la forza del biglietto verde continueranno ad avere effetti negativi sui Mercati Emergenti in generale. Tuttavia, crediamo che la divergenza tra il complesso dei Mercati Emergenti aumenterà, poiché i Paesi non hanno la stessa sensibilità verso quei trend (Russia e Brasile rispetto a India e Turchia). Infine, dato l’importante intervento da parte delle Banche centrali, la volatilità delle valute continuerà ad essere un tema importante nel prossimo futuro” ha sottolineato Claudio Borrelli nell’articolo “Mercati emergenti, focus su India, Indonesia, Turchia e Filippine”.

Infine, per chi teme il possibile impatto delle mosse della Federal Reserve americana sui paesi in via di sviluppo ci sono gestori che non mostrano una eccessiva preoccupazione in merito: “Innanzitutto, riteniamo che la Fed abbia dato indicazioni precise sulle proprie intenzioni di politica monetaria, dando quindi tempo ai gestori di fondi specializzati nei Mercati Emergenti di correggere le proprie esposizioni. In secondo luogo, il nostro scenario di base prevede una graduale normalizzazione della politica monetaria, che non dovrebbe scoraggiare la maggior parte degli investitori nei Mercati Emergenti. La terza ragione, ancora più importante, è che la reazione degli spread sul debito emergente dipenderà dal catalizzatore del rialzo dei tassi di interesse statunitensi. Un inasprimento monetario della Fed indotto da una crescita più solida dovrebbe essere associato a una maggiore stabilità macroeconomica a livello globale, con implicazioni positive per i Mercati Emergenti. Per esempio, un’eventuale accelerazione della crescita statunitense sosterrebbe le esportazioni dei Mercati Emergenti, che a loro volta darebbero impulso alla crescita e alla riduzione dell’indebitamento di questi paesi” hanno puntualizzato gli esperti di Goldman Sachs Asset management (GSAM) nell’articolo “Perché il rialzo dei tassi Fed non farà deragliare i mercati emergenti”.

Trending