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Come generare alpha anticipando le mosse della Fed

13 Ottobre 2014 15:30
financialounge -  livello di rischio politica monetaria suggerimenti di investimento tassi di interesse tasso di disoccupazione
“Preferiamo sottopesare la duration delle scadenze a 3 e 5 anni dei Treasury Usa nei nostri portafogli. Una decisione che abbiamo preso in quanto riteniamo che i rischi di un aumento dei tassi a breve americani siano maggiori rispetto a quelli attualmente scontati dal mercato” afferma Jim Caron, Managing Director Morgan Stanley Investment Management che ha tenuto conto ed ha cercato di quantificare le conseguenze del maggior peso che la Fed ora attribuisce ai fattori strutturali, come traspare dalle sue comunicazioni ai mercati, rispetto a quelli ciclici per realizzare l’obiettivo del suo duplice mandato di piena occupazione e stabilità dei prezzi.

“Abbiamo riscontrato la presenza di un’asimmetria dei rischi nella funzione reattiva della politica monetaria della Fed che la spinge a reagire in maniera più restrittiva ai miglioramenti congiunturali rispetto all’atteggiamento espansivo assunto in caso di indebolimento dei dati economici” dice Jim Caron che, assumendo un approccio diverso alla valutazione dei rischi, è convinto di poter sfruttare questa asimmetria a vantaggio dei portafogli d’investimento per creare alfa. Cerchiamo di capire le fondamenta di questa sua convinzione.

“Da quando ha assunto la presidenza della Fed il 3 febbraio 2014, Janet Yellen ha sempre pensato e dichiarato che il calo del tasso di partecipazione alla forza lavoro più brusco del previsto e la lentezza del reinserimento dei disoccupati di lungo termine nel mercato del lavoro, fossero principalmente dovuti a fattori economici di natura ciclica” sottolinea il managing director. Tuttavia, il brusco calo e il mancato recupero del tasso di partecipazione alla forza lavoro dal 2007 in poi sarebbero invece principalmente dovuti a fattori di natura non ciclica, ma strutturale non spiegabili esclusivamente da fenomeni congiunturali.

“Se effettivamente la Fed ora attribuisse il minor tasso di partecipazione alla forza lavoro a fattori di natura strutturale, le conseguenze di questo cambiamento di rotta sarebbero significative, in quanto getterebbero le basi per una svolta della funzione di reazione della politica monetaria, ossia il modo in cui la Fed adeguerà le sue decisioni all’andamento dei dati economici” tiene a precisare Jim Caron.

Una delle variabili principali nella regola di Taylor è la stima del tasso di disoccupazione non inflazionistico, o NAIRU2, che la Fed ha fissato al 5,5% nel suo modello macroeconomico, livello di disoccupazione che soddisfa l’obiettivo del suo duplice mandato di piena occupazione e stabilità dei prezzi. Tale stima, tuttavia, è stata formulata supponendo la prevalenza di fattori ciclici. Supponendo che oggi predominino fattori di natura strutturale, è possibile stravolgere il modello econometrico della Fed aumentando di un punto percentuale il NAIRU al 6,5% (non è una previsione di Morgan Stanley Investment Management ma soltanto un fattore di shock), e calcolare la traiettoria dei tassi alla luce di tale scenario: tale traiettoria può essere utilizzata come mappa per iniziare a quantificare il cambiamento nella funzione reattiva della politica monetaria della Fed.

Dai risultati di questa analisi si evince che la funzione di reazione della Fed è asimmetrica, in quanto a parità di condizioni tende a reagire in maniera più restrittiva ai miglioramenti dei dati economici rispetto all’orientamento espansivo evidenziato dinanzi a un loro indebolimento. Le conseguenze per i mercati sono che i premi a termine dei rendimenti dei Treasury statunitensi a 3 e 5 anni dovranno salire per riflettere questa asimmetria dei rischi nella funzione reattiva della politica monetaria della Fed.

“Le proiezioni per i tassi a breve termine si mantengono comunque ben al di sotto della traiettoria dei tassi ipotizzata ed è per questo che a nostro avviso nelle sue dichiarazioni la Fed ha ribadito che i tassi resteranno bassi per un «periodo sostanzialmente lungo» al fine di allontanare ogni ipotesi di innalzamento a breve dei tassi. Tuttavia, quando i dati economici lo permetteranno, la Fed non esiterà a varare una vera e propria impennata dei tassi a breve. Per essere chiari, non stiamo prevedendo un brusco aumento dei tassi all’inizio del 2015, bensì stiamo illustrando la sensibilità della funzione reattiva della politica monetaria della Fed nel momento in cui quest’ultima attribuisce maggiore peso ai fattori strutturali nei suoi modelli econometrici, come riteniamo stia facendo ora” puntualizza Jim Caron per il quale la decisione della banca centrale di alzare i tassi si baserà su calcoli molto complessi che terranno conto delle sue stime della capacità inutilizzata e della rapidità con cui ritiene che l’output gap verrà colmato.

“Il divario tra politica monetaria della Fed per il biennio 2015-2016 e la traiettoria da noi ipotizzata fornisce un’informazione preziosa perché ci serve per misurare e valutare i tempi e la portata dei cambiamenti della politica monetaria in funzione dell’andamento dei dati economici. Questo approccio ci aiuta a prevedere il momento in cui i tassi inizieranno a risalire e la successiva velocità dei loro incrementi ed è utile anche per individuare l’asimmetria dei rischi per i tassi a breve termine, un’informazione che possiamo sfruttare per creare alfa nei portafogli” conclude Jim Caron.
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