Maurizio Novelli
Azioni dei Paesi emergenti pronte al rimbalzo
12 Giugno 2014 14:00

a pena di acquistare titoli dei mercati emergenti in previsione di un loro prossimo rimbalzo. Ne è convinto Ryan Larson, analista di Research Affiliates LLC, per il quale lo scarto di performance tra l’S&P500 e l’Msci emerging markets non è stato tanto ampio da molti anni.
Confrontando i rendimenti totali, che includono anche i dividendi distribuiti nel periodo, dell’MSCI Emerging Markets Index e dello Standard & Poor 500 Index per il triennio conclusosi il 10 giugno scorso, si nota infatti che a fronte di un +0, 9% del primo basket azionario, l’indice di Wall Street ha messo a segno un guadagno complessivo di 63 punti percentuali.
Un gap così ampio è stato registrato l'ultima volta negli anni successivi la crisi valutaria in Asia nel 1997 e dopo il default del debito della Russia nel 1998, ha fatto notare Larson in un rapporto di due giorni fa aggiungendo: "I titoli dei mercati emergenti possono essere pronti per un significativo apprezzamento", facendo esplicito riferimento al potenziale di maggiore profitto a favore delle società emergenti e di valutazioni inferiori rispetto alle azioni degli Stati Uniti.
Il rapporto prezzo/utili nei paesi in via di sviluppo risulterebbe, secondo Larson, il 10% inferiore a quello storico, mentre al contrario il p/e dell’azionario degli Stati Uniti sarebbe del 50% superiore a quello indicato dalla performance storica.
Tesi che trova d’accordo anche Russ Koesterich, Global Chief Investment Strategist di BlackRock e Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset Management.
Il primo, nell’articolo “Giappone ed emerging markets le prime scelte” ha specificato che , in un contesto limitato dal punto di vista delle opportunità d’investimento, gli investitori devono cercare di trovare reale valore aggiunto con un approccio prudente: Russ Koesterich individua queste caratteristiche all'interno del mercato azionario, in Giappone e, appunto, nei mercati emergenti Maurizio Novelli, dal canto suo, nell’articolo “Avanti tutta su azioni e bond emerging markets” partendo dal calo della domanda globale proveniente dal rallentamento della crescita in Cina, Asia e America Latina e che indica come il fattore di freno all’Europa prevalentemente orientata all’export, e da un PIL americano che difficilmente supererà il 2% per tutto l'anno 2014 rispetto al 2,7% atteso, ritiene che ci siano tutte le condizioni per una seconda parte dell’anno favorevole alle azioni e alle obbligazioni dei paesi emergenti.
Confrontando i rendimenti totali, che includono anche i dividendi distribuiti nel periodo, dell’MSCI Emerging Markets Index e dello Standard & Poor 500 Index per il triennio conclusosi il 10 giugno scorso, si nota infatti che a fronte di un +0, 9% del primo basket azionario, l’indice di Wall Street ha messo a segno un guadagno complessivo di 63 punti percentuali.
Un gap così ampio è stato registrato l'ultima volta negli anni successivi la crisi valutaria in Asia nel 1997 e dopo il default del debito della Russia nel 1998, ha fatto notare Larson in un rapporto di due giorni fa aggiungendo: "I titoli dei mercati emergenti possono essere pronti per un significativo apprezzamento", facendo esplicito riferimento al potenziale di maggiore profitto a favore delle società emergenti e di valutazioni inferiori rispetto alle azioni degli Stati Uniti.
Il rapporto prezzo/utili nei paesi in via di sviluppo risulterebbe, secondo Larson, il 10% inferiore a quello storico, mentre al contrario il p/e dell’azionario degli Stati Uniti sarebbe del 50% superiore a quello indicato dalla performance storica.
Tesi che trova d’accordo anche Russ Koesterich, Global Chief Investment Strategist di BlackRock e Maurizio Novelli, Global Strategist di Zest Asset Management.
Il primo, nell’articolo “Giappone ed emerging markets le prime scelte” ha specificato che , in un contesto limitato dal punto di vista delle opportunità d’investimento, gli investitori devono cercare di trovare reale valore aggiunto con un approccio prudente: Russ Koesterich individua queste caratteristiche all'interno del mercato azionario, in Giappone e, appunto, nei mercati emergenti Maurizio Novelli, dal canto suo, nell’articolo “Avanti tutta su azioni e bond emerging markets” partendo dal calo della domanda globale proveniente dal rallentamento della crescita in Cina, Asia e America Latina e che indica come il fattore di freno all’Europa prevalentemente orientata all’export, e da un PIL americano che difficilmente supererà il 2% per tutto l'anno 2014 rispetto al 2,7% atteso, ritiene che ci siano tutte le condizioni per una seconda parte dell’anno favorevole alle azioni e alle obbligazioni dei paesi emergenti.
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