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Valore dietro alle correzioni in Asia

4 Luglio 2013 20:00
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I mercati Asia-Pacifico ex Giappone sono precipitati nel pieno del sell-off dal mese di aprile, con l’indice AC Asia Pacific ex MSCI Japan che ha registrato una perdita del 13,2% dal 30 aprile al 21 giugno scorso. Le recenti comunicazioni del Federal Open Market Committee (FOMC), confermati in precedenza dalla Federal Reserve (FED), hanno fatto capire agli investitori che la riduzione delle politiche di quantitative easing possa cominciare prima del previsto: tanto è bastato per spingere le vendite delle attività di rischio, in particolare le obbligazioni dei mercati emergenti, le azioni e le posizioni valutarie.

All'interno della regione asiatica, inoltre, i dati deludenti sulla crescita della Cina (inferiore alle attese) e le preoccupazioni per i rischi del settore finanziario a seguito di un picco nei tassi interbancari nazionali, hanno prodotto ulteriori impatti negativi sui mercati. Tra le asset class chiave, le azioni cinesi offshore in Hong Kong sono state tra le più colpite.

Hong Kong, uno dei mercati più grandi e più liquidi nella regione, è infatti tradizionalmente più vulnerabile durante i periodi di generalizzata avversione al rischio e deflusso estero. Le preoccupazioni per la Cina hanno determinato un significativo sell-off in azioni cinesi quotate a Hong Kong. In un contesto di accresciuta incertezza sui tassi degli Stati Uniti, il collegamento esplicito alla politica monetaria degli Stati Uniti attraverso il dollaro di HK ha anche suscitato una ondata di vendite sui titoli finanziari e altri titoli sensibili ai tassi di interesse.
Oltre a Hong Kong, le vendite hanno colpito le Filippine (-15%), la Tailandia (-12,9%), l’Indonesia (-12,4%), Singapore (-7,9%), la Corea del Sud (-7,6%) e l’India (-5,7%).

L'avversione al rischio da parte degli investitori e i cospicui deflussi dai mercati hanno generato una forte volatilità sulle valute più deboli. Inoltre, il calo dei prezzi delle materie prime, ha avuto ripercussioni sulle divise legate alle commodity come il dollaro australiano, il ringgit malese e la rupia indonesiana e in economie con posizioni esterne in qualche modo più deboli, come l'India e la Thailandia.

Le attese del mercato sono ora per un'uscita dagli acquisti complessivi (QE americano) per la metà del 2014, con aumenti dei tassi di interesse non prima del 2015. Inoltre, le migliori prospettive di crescita degli Stati Uniti, che sarebbero il presupposto per uscire dalla conclusione del quantitative easing, dovrebbero sostenere le attività di rischio, tra cui i mercati emergenti, i titoli azionari e le valute asiatiche, senza inoltre trascurare che, in uno scenario più positivo, gli esportatori asiatici potrebbero beneficiare di valute indebolite.

I fondamentali restano forti
Sebbene non si possa escludere un'ulteriore folata di volatilità sui mercati in quanto gli investitori devono ancora adattarsi alla nuova politica monetaria delle banche centrali da un lato e alla traiettoria di crescita inferiore della Cina, vale la pena sottolineare come i fondamentali in Asia ex-Japan siano ancora sostanzialmente robusti. Prima della comparsa di fluttuazioni del mercato, la maggior parte delle economie della regione era pronta ad esprimere una moderata ripresa per quest'anno con rischi inflazionistici più bassi.

I governi asiatici sono quasi privi di debito estero, grazie alle lezioni apprese dalla crisi finanziaria asiatica del 1997, e sono molto meglio posizionati rispetto ad altre aree emergenti come l’America Latina e l’Est Europa. Infine, ma non certo per importanza, c’è un altro fattore positivo da prendere in considerazione in funzione della correzione attuale: le valutazioni regionali restano attraenti rispetto al loro standard storico.

Alle attuali quotazioni, il rapporto prezzo / utili (p/e) dell’indice Asia ex Giappone è ora scambiato a 10,8 , in base al consenso sulla crescita degli utili 2013 pari al 15,4%. La regione risulta altrettanto favorevole anche in base al rapporto prezzo / patrimonio netto (P / B) pari a 1,6 contro la media a 10 e 30 anni di 1,8.
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