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Crisi dell’Eurozona, tre possibili soluzioni

18 Dicembre 2012 20:00
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Il 2013 si porta in dote molti dei problemi strutturali dell’area euro e quella che può essere definita come la fase intermedia nella strada di piena integrazione monetaria e fiscale.

“La BCE acquisterà bond triennali se gli Stati UE chiedono l’attivazione dell’Esm (il fondo salva stati). Inoltre c’è la proposta per una Unione Bancaria con funzioni di vigilanza e garanzia dei depositi. Al contempo, però, non c’è ancora un Tesoro comune nell’Eurozona e nessuna base comune per imposte e o entrate. Nessun controllo nemmeno sulla spesa pubblica ma soltanto regole e patti di bilancio più restrittivi. I trasferimenti federali sono minimi e non sono previsti gli eurobond” riferisce John Greenwood, Chief Econimist di Invesco, che poi indica a FinanciaLounge tre possibili soluzioni per la crisi dell’Eurozona.

“La prima consiste nel default unilaterale con conseguente uscita dalla UE della Grecia. Una soluzione che ripristina la competitività, favorisce la crescita e consente un parziale rimborso del debito”. Tutti da definire, invece, i possibili contraccolpi sui mercati finanziari di questo scenario".

“La seconda opzione" prosegue John Greenwood “è rappresentata dal mantenimento dell’unione monetaria europea come peraltro concordato nei summit UE. Una soluzione che prevede un’espansione di Efsf / Esm (cioè dei fondi salva stati europei) per acquistare i titoli di stato delle economie europee in crisi accompagnata da un programma di riforme strutturali per Irlanda, Grecia, Portogallo, Italia e Spagna. In questo quadro, c’è spazio per un parziale abbuono del debito greco e una ricapitalizzazione delle banche. Un opzione che, da un lato, comporta regimi prolungati di austerità per le economie in crisi e, dall’altro, non risolve i problemi della competitività, della crescita e del rimborso del debito”.

La terza soluzione poggia infine sulla transazione verso la completa unione fiscale con la creazione di un Tesoro dell’Eurozona che controlli entrate e uscite mentre il debito degli stati periferici diventa debito dell’Eurozona. “Ma anche in questo scenario non si risolverebbe il problema della competitività, della crescita economica e del rimborso del debito” sottolinea John Greenwood.
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