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Idee di investimento – Azioni – 10 giugno 2019

Gli ultimi sviluppi portano a pensare che la guerra commerciale possa durare: c’è chi incrementa i settori più difensivi e punta sulle infrastrutture. Altri scommettono ancora sui mercati emergenti e su tecnologici e ciclici

di Redazione 10 Giugno 2019 09:22

IL RALLENTAMENTO NON È L’ANTICAMERA DELLA RECESSIONE


Quindi è in arrivo un periodo di recessione? La risposta di Martin Arnold, economist di Schroders, è che la fase di rallentamento dell’economia americana sarà prolungata, ma non porterà a una recessione, anche se la valutazione dei rischi connessi allo scenario base messo a punto dalla storica grande casa d’investimento londinese indica che la recessione è comunque una possibilità, soprattutto se i policymaker non rispondono alla minaccia. Cosa potrebbe significare un rallentamento per le performance degli asset finanziari? Se si escludono le recessioni, le fasi di rallentamento del ciclo economico hanno storicamente comunque avuto implicazioni notevoli per le perfomance delle varie asset class. L'economist di Schroders, nell’articolo Per l’economia Usa solo rallentamento, ma con implicazioni sulle asset class, illustra come l’asset class risulti di solito la maggiormente penalizzata dai rallentamenti sia quella delle azioni in compagnia dei bond high yield, mentre, sempre in media, le obbligazioni investment grade sostanzialmente tengono e i prezzi delle commodity salgono.

UNA POSIZIONE TATTICAMENTE PIÙ DIFENSIVA


Nel frattempo, gli ultimi sviluppi nella disputa Usa-Cina portano a pensare che la guerra commerciale possa durare parecchio, spingendo alcuni asset manager a modificare il posizionamento nei portafogli. Certo c’è anche chi, come Scott Minerd, direttore generale degli investimenti di Guggenheim Investments, è convinto che se il costo per gli Stati Uniti sarà elevato quello per la Cina lo sarà ancora di più. Ma la questione, come si legge nell’articolo Guerra commerciale… di trincea: strategie di resistenza, per chi investe è sapere chi resisterà meglio a queste turbolenze. Lindsey Bell, investment strategist presso CFRA, all’inizio di maggio si è spostata su una posizione ‘tatticamente più difensiva’ sovrappesando il settore dell’assistenza sanitaria e aumentando il peso dei titoli del settore dei beni di prima necessità. Secondo Bell, c’è molta incertezza sugli impatti che una duratura battaglia commerciale potrebbe avere per i profitti aziendali. È vero che la crescita degli utili per le imprese dell’S&P 500 per il 2019 è prevista ora al 2,5% – rispetto all’1,9% stimato quando la stagione degli utili del primo trimestre è iniziata l’11 aprile scorso – mentre le aspettative per i profitti aziendali per il 2020 sono passate dal 12,7% all’11,8% nello stesso periodo. “Riteniamo che ci sia un rischio al ribasso per le prospettive di crescita degli utili nel secondo semestre”, ha infatti puntualizzato Bell. Anche i gestori di Wells Fargo si sono spostati su una posizione più ‘neutrale’ nei loro portafogli, ma con una sostanziale differenza nelle scelte di portafoglio rispetto a quelle di Bell: hanno infatti favorito i settori tecnologici, industriali e di consumo discrezionali. Il motivo? Preferiscono mantenere l’esposizione a settori economicamente sensibili aspettandosi che l’espansione abbia ancora spazio nei prossimi trimestri.

VALUTAZIONI DA PRIVATE EQUITY


Resta il fatto che anche chi adotta una selezione bottom-up come AllianceBernstein deve prendere in considerazione gli scenari politici che possono influire sugli utili, con l’avvertenza però di pesarli per individuare le società di valore. L’eccessivo peso dato dai mercati allo scenario politico può creare delle opportunità di investimento. Andrew Birse, gestore di AllianceBernstein, nell’articolo Un approccio da private equity per guardare oltre i rischi politici ricorda che durante la crisi finanziaria del 2012, i timori legati alla Francia provocarono un calo indiscriminato delle quotazioni delle società francesi. Più in generale, la strategia di investimento che Andrew Birse adotta per i fondi da lui gestiti, AB Eurozone Equity Portfolio e AB European Equity, è paragonabile a quella di un imprenditore rivolto al private equity. “Cerchiamo aziende con quotazioni convenienti, sottovalutate, sui cui intendiamo investire per cinque anni per poi reimmetterle sul mercato”. Un aspetto che caratterizza questo approccio rispetto ad altri gestori “fondamentali”, è l’impiego del tasso di rendimento interno (IRR) nella valutazione delle aziende. L’IRR rappresenta il tasso di sconto implicito che il mercato sta applicando sui futuri flussi di cassa. In AllianceBernstein l’analisi dell’IRR è proiettata sui successivi cinque anni, calcola i dividendi e i flussi di cassa che risultano in tutto il periodo di detenzione dei titoli ed elabora previsioni sul prezzo a cui poterli rivendere.

FOCUS SUI MERCATI EMERGENTI


Un altro approccio interessante è quello illustrato nell’articolo Perché il debito societario cinese è un osservato speciale, nel quale il team International Equity di Morgan Stanley IM esamina i rischi collegati al nuovo debito societario cinese alla luce del ruolo più moderato dello shadow banking. Il portafoglio allestito dal team permette di avere un’esposizione alle prospettive di crescita a lungo termine dei mercati emergenti in generale e della Cina in particolare, rimanendo concentrati nella preservazione del capitale. Emerge un sovrappeso nei Paesi in via di sviluppo con una predilezione per aziende che generano circa il 31% del fatturato nei mercati emergenti, contro il 22% del mercato nel suo complesso. Inoltre i portafogli globali di MSIM evidenziano un’esposizione ai ricavi ottenuti direttamente in Cina pari a circa il 6%. “Questa esposizione è concentrata su beni di consumo primari e sanità, due settori che a nostro avviso sono meno esposti ai principali rischi” dichiara il team di MSIM, che poi spiega: ”Se la crescita di Pechino dovesse rallentare questi settori dovrebbero riuscire a limitare l’erosione degli utili in modo molto più efficace rispetto alla media di mercato, grazie ai ricavi ricorrenti e al potere di determinazione dei prezzi. Inoltre, anche in caso di una nuova crisi finanziaria, questi comparti dovrebbero dimostrarsi più resistenti in virtù della loro minore leva finanziaria”.

LE CHANCE NELLE INFRASTRUTTURE


Infine si segnala Vauban Infrastructure Partners, la nuova affiliata di Natixis Investment Managers, interamente dedicata agli investimenti azionari nel settore delle infrastrutture. “Il prossimo lancio di Vauban Infrastructure Partners – afferma nell’articolo Prendere il meglio dalle azioni legate alle infrastrutture Jean Raby, ceo di Natixis Investment Managers – darà un contributo sostanziale alla nostra gamma di asset alternativi e reali. In un momento in cui il mercato degli investimenti infrastrutturali sta crescendo in modo significativo, la creazione di una affiliata specializzata indipendente, con un approccio imprenditoriale e una comprovata esperienza, consentirà agli investitori globali di accedere più facilmente agli investimenti infrastrutturali che soddisfano le loro esigenze e vincoli specifici”.
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