Tecnologia e mercati

Intelligenza artificiale tra maxi investimenti e scenari futuri

La rivoluzione dell’AI sta alimentando una corsa da trilioni di dollari. Per H2O Asset Management la sfida non è evitare la bolla ma capire chi resterà in piedi quando l’euforia passerà

di Stefano Silvestri 11 Novembre 2025 11:04

financialounge -  H2O Asset Management intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale ha ormai assunto il ruolo di motore della nuova economia globale. E dopo il cloud e la transizione green, è l’IA ad aver preso il posto di principale forza trainante dei mercati, alimentando una corsa agli investimenti che sta ridisegnando gli equilibri industriali e finanziari. Secondo PwC, l’impatto economico complessivo dell’intelligenza artificiale potrebbe superare 15,7 trilioni di dollari entro il 2030, un dato che spiega l’entusiasmo e la rapidità con cui i capitali si stanno muovendo verso il settore.
E secondo le stime di H2O Asset Management, gli investimenti diretti in infrastrutture e progetti legati all’intelligenza artificiale sono destinati a tradursi in un programma industriale da oltre 3 trilioni di dollari entro il prossimo decennio.

IL TRAINO AMERICANO E I SUOI LIMITI


Finora la spinta è arrivata soprattutto dagli Stati Uniti. L’ondata di investimenti ha contribuito a mantenere viva la crescita americana, compensando in parte il rallentamento della domanda globale, gli effetti dei dazi e la minore immigrazione, che ha ridotto l’afflusso di nuova forza lavoro e quindi la capacità produttiva del Paese.
Ma un incremento tanto rapido non può durare all’infinito e i mercati reagiscono alla variazione degli investimenti, più che al loro volume assoluto. In altre parole, l’impulso maggiore lo si è già visto: nel 2024 gli investimenti sono esplosi fino a 400 miliardi di dollari, e un aumento a 500 nel 2025 avrebbe un effetto molto meno dirompente sull’economia. C’è poi un’altra questione: la redditività. Anche ipotizzando, come osservano in H2O Asset Management (da vedere il video-podcast realizzato da H2O Asset Management con il CIO Vincent Chailley) che l’intelligenza artificiale possa aumentare la produttività complessiva dell’economia di circa il 15% in dieci anni, come accadde con la rivoluzione di Internet e delle telecomunicazioni, i ritorni non sarebbero immediati. Ci vorrebbero almeno quattro o cinque anni per vederne gli effetti e un decennio intero per recuperare gli investimenti iniziali. In un periodo tanto lungo, le incognite macro e quelle tecnologiche non mancano: una recessione, una fiammata dei prezzi dell’energia o la concorrenza della Cina, che non resterà certo spettatrice. Per non parlare dell’obsolescenza dei chip e che secondo alcuni potrebbero richiedere sostituzioni ogni biennio, con costi sempre più alti di addestramento e inferenza.

IL VIDEO-PODCAST DI H2O ASSET MANAGEMENT


Ecco il podcast con il CIO Vincent Chailley:



 

GLI ATTORI DELL’IA


Nel nuovo ecosistema dell’intelligenza artificiale si distinguono tre protagonisti. I primi sono i fornitori: produttori di chip, server e infrastrutture energetiche, che incassano per primi perché rendono possibile la costruzione dei data center. Gran parte di questi profitti si concentra in Asia, dove si trova la filiera produttiva dell’hardware. Poi ci sono gli utilizzatori, cioè gli utenti finali e le imprese che applicano l’IA ai processi produttivi e organizzativi. Qui si nasconde il vero valore di lungo periodo, con un incremento di produttività, accessibile a costi sempre più bassi e con un effetto trasversale su tutti i settori. Più incerta invece la posizione dei “costruttori” di IA, ovvero le Big Four statunitensi, che stanno bruciando miliardi per costruire infrastrutture e modelli fondazionali senza una chiara prospettiva di ritorno a breve. Per ora il mercato le premia ma resta da capire quanto potrà durare l’effetto entusiasmo.

DOVE GUARDANO OGGI GLI INVESTITORI


H2O Asset Management non rileva al momento indicatori concreti che facciano pensare a un imminente scoppio di una bolla. Le grandi piattaforme, affermano, stanno investendo principalmente risorse proprie, senza fare ricorso a leva finanziaria diretta. I bilanci delle Big Four restano dunque solidi e secondo i dati Bloomberg, Microsoft, Alphabet, Amazon e Meta dispongono complessivamente di oltre 500 miliardi di dollari di liquidità, un tesoretto sufficiente a finanziare internamente gran parte dei progetti legati all’intelligenza artificiale. Ma la corsa all’IA sta generando una leva di sistema, diffusa e spesso opaca, che si alimenta di capitali incrociati, credito e speculazione. Dalle partnership circolari fra OpenAI, Nvidia e Microsoft, ai project bond emessi per la costruzione dei nuovi data center, fino alle startup sostenute da round di finanziamento su valutazioni sempre più elevate, l’intero ecosistema dell’intelligenza artificiale si sta espandendo con una dinamica che amplifica i rischi macroeconomici complessivi.
In questo senso, il paragone con la bolla dot-com del 2000 torna d’attualità: più che per l’euforia dei listini, per la fragilità potenziale di un settore dove la liquidità è abbondante ma sempre più interconnessa. Da qui il consiglio di H2O Asset Management di evitare di inseguire i titoli delle grandi piattaforme ai massimi e guardare altrove. L’attenzione si sposta così verso i mercati emergenti, non solo in Asia ma anche in Messico e America Latina, che beneficiano di valutazioni più eque e di una minore esposizione speculativa. Non si tratta di investimenti che promettono rendimenti immediati ma di una strategia di medio-lungo periodo con basi industriali solide.

COSA RESTERÀ DOPO LA CORSA


La storia suggerisce che ogni bolla porta con sé anche il seme del progresso. Il che è quanto accadde dopo il 2000, quando la bolla Internet lasciò spazio ai pochi sopravvissuti (Amazon, Google e poche altre), che hanno poi definito l’economia digitale dei vent’anni successivi. Se il ciclo dell’IA dovesse rallentare, non sarebbe allora la fine dell’innovazione ma l’inizio della sua maturità. Dopo la fase espansiva arriverà così quella della selezione naturale, e a sopravvivere saranno i modelli e le imprese capaci di integrare davvero l’intelligenza artificiale nel loro tessuto economico. Il percorso dell’IA non sarà comunque lineare e dopo l’attuale fase di euforia arriveranno inevitabilmente periodi di assestamento e correzione. Ma la direzione ormai è tracciata.

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