Tecnologia
Forum Ambrosetti, 150 mila occupati in Italia nel prossimo decennio grazie a Data Center e Intelligenza Artificiale
Uno studio congiunto TEHA – A2A mette in rilievo che la Data Economy quadruplicherà da qui al 2035 anche nel nostro Paese, con un’impennata dei consumi elettrici per circa 5 GigaWatt
di Paolo Gila 5 Settembre 2025 16:50

In Italia la Data Economy vale circa 60 miliardi di euro e al ritmo di crescita previsto andrà a superare i 200 miliardi entro il 2030. I data Center e l’Intelligenza Artificiale sono i motori di questa accelerazione. Sono segmenti dove saranno richieste nuove competenze, tanto che nello stesso si potranno creare da 77 mila a 150 mila posti di lavoro, con ricadute positive anche sul Prodotto Interno Lordo. Le stime previsionali, frutto di una ricerca congiunta TEHA-A2A sono state presentate durante il meeting Ambrosetti in corso a Cernobbio
Se una ventina di anni fa la percentuale di popolazione mondiale connessa a Internet non arrivava al 16%, oggi la percentuale è salita al 67%. Vuol dire che due abitanti della Terra su tre conoscono le applicazioni web, utilizzano computer e smartphone per comunicare, lavorare, fare ricerca, memorizzare, dare sicurezza ai sistemi. Tutto ciò ha moltiplicato l’esigenza di costruire Data Center, tanto che oggi sono 10300 nel mondo. Circa 5 mila sono negli Stati Uniti, 2300 in Europa e 168 in Italia. “In Lombardia – precisa Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A – si concentra il 60% degli impianti nel nostro Paese e il 40% è nell’area milanese. E comunque al Servizio Elettrico Nazionale sono giunte 67 richieste di connessione a Terna per nuovi centri di stoccaggio dati”.
Il fabbisogno di energia elettrica per alimentare i sistemi di intelligenza artificiale e di elaborazione dei dati è visto in crescita, sia a livello mondiale e sia a livello nazionale. “Il nostro sistema vedrà un aumento di potenza installata di una cifra compresa tra 2,3 e 4,6 Gigawatt da qui ai prossimi anni”, sottolinea Lorenzo Tavazzi, il partner di TEHA che ha coordinato i lavori della ricerca. Si dovrà pensare a nuove centrali, termoelettriche soprattutto, perché sono quelle più veloci da realizzare, e poi si dovranno potenziare le rinnovabili e, laddove è possibile, l’idroelettrico e il nucleare.
I Data Center hanno bisogno di essere raffreddati e l’acqua calda che esce dagli impianti può essere utilizzata per il teleriscaldamento. Il calore di scarto diventa una risorsa in un’ottica di economia circolare e su questo è possibile fare leva perché anche i Comuni e le istituzioni locali si attivino per favorire gli investimenti e incentivare la scelta innovativa. In definitiva, considerando gli effetti diretti, quelli indiretti, e l’indotto, “le infrastrutture tecnologiche a supporto dell’information technology sono in grado di coprire – e forse superare – i livelli occupazionali che si potrebbero perdere per l’automazione dei processi produttivi con l’intelligenza artificiale”, sostiene Mazzoncini.
Tuttavia la diffusione dei Data Center deve seguire criteri di prossimità, suggerisce la ricerca. “È fondamentale che la distribuzione dei nuovi Data Center che si andranno a realizzare sia diffusa e ordinata su tutto il territorio nazionale”, indica Roberto Tasca, presidente di A2A. In tal modo si possono aiutare a crescere le diverse aree del Paese. Piuttosto, si dovranno aiutare le università e le scuole a creare le competenze e le figure professionali che questo nuovo mondo richiederà. Un pensiero strategico di sviluppo cognitivo che non deve essere tralasciato, se l’Italia vuole restare nel solco dello sviluppo innovativo.
UN’IMPENNATA MONDIALE DI DATI
Se una ventina di anni fa la percentuale di popolazione mondiale connessa a Internet non arrivava al 16%, oggi la percentuale è salita al 67%. Vuol dire che due abitanti della Terra su tre conoscono le applicazioni web, utilizzano computer e smartphone per comunicare, lavorare, fare ricerca, memorizzare, dare sicurezza ai sistemi. Tutto ciò ha moltiplicato l’esigenza di costruire Data Center, tanto che oggi sono 10300 nel mondo. Circa 5 mila sono negli Stati Uniti, 2300 in Europa e 168 in Italia. “In Lombardia – precisa Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A – si concentra il 60% degli impianti nel nostro Paese e il 40% è nell’area milanese. E comunque al Servizio Elettrico Nazionale sono giunte 67 richieste di connessione a Terna per nuovi centri di stoccaggio dati”.
FAME DI GIGAWATT
Il fabbisogno di energia elettrica per alimentare i sistemi di intelligenza artificiale e di elaborazione dei dati è visto in crescita, sia a livello mondiale e sia a livello nazionale. “Il nostro sistema vedrà un aumento di potenza installata di una cifra compresa tra 2,3 e 4,6 Gigawatt da qui ai prossimi anni”, sottolinea Lorenzo Tavazzi, il partner di TEHA che ha coordinato i lavori della ricerca. Si dovrà pensare a nuove centrali, termoelettriche soprattutto, perché sono quelle più veloci da realizzare, e poi si dovranno potenziare le rinnovabili e, laddove è possibile, l’idroelettrico e il nucleare.
EFFETTI DESIDERATI
I Data Center hanno bisogno di essere raffreddati e l’acqua calda che esce dagli impianti può essere utilizzata per il teleriscaldamento. Il calore di scarto diventa una risorsa in un’ottica di economia circolare e su questo è possibile fare leva perché anche i Comuni e le istituzioni locali si attivino per favorire gli investimenti e incentivare la scelta innovativa. In definitiva, considerando gli effetti diretti, quelli indiretti, e l’indotto, “le infrastrutture tecnologiche a supporto dell’information technology sono in grado di coprire – e forse superare – i livelli occupazionali che si potrebbero perdere per l’automazione dei processi produttivi con l’intelligenza artificiale”, sostiene Mazzoncini.
NECESSITÀ DI ORDINE TERRITORIALE
Tuttavia la diffusione dei Data Center deve seguire criteri di prossimità, suggerisce la ricerca. “È fondamentale che la distribuzione dei nuovi Data Center che si andranno a realizzare sia diffusa e ordinata su tutto il territorio nazionale”, indica Roberto Tasca, presidente di A2A. In tal modo si possono aiutare a crescere le diverse aree del Paese. Piuttosto, si dovranno aiutare le università e le scuole a creare le competenze e le figure professionali che questo nuovo mondo richiederà. Un pensiero strategico di sviluppo cognitivo che non deve essere tralasciato, se l’Italia vuole restare nel solco dello sviluppo innovativo.
Trending