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L'analisi

Investire in Cina? Per Lazard AM ''serve un approccio attivo''

Secondo James Donald, direttore e responsabile dei mercati emergenti di Lazard AM, per gli investimenti cinesi bisogna rivolgersi a “determinate aziende con una serie specifica di caratteristiche, inclusi livelli elevati di produttività finanziaria”.

di Redazione 12 Settembre 2023 15:45
financialounge -  James Donald Lazard mercati People's Bank of China

La crisi immobiliare cinese e il calo dell’export, non bilanciato da un aumento dei consumi interni, preoccupa non poco gli analisti economici. E sebbene la People's Bank of China abbia ridotto i tassi d'interesse, i tagli non sono stati così ampi come previsto, considerando le tendenze deflazionistiche. Ma come si è arrivati a questo punto? E ha senso oggi investire sulla Cina?

NON SOLO CRISI DEL MERCATO IMMOBILIARE


Domande a cui rispondere James Donald, Managing Director e Head of emerging markets equity Team Lazard Asset Management, che spiega: “Il settore immobiliare è responsabile di un quarto o un terzo della crescita economica e rappresenta fino al 70% della ricchezza delle famiglie cinesi. Ma i problemi economici si sono estesi ben oltre il mercato immobiliare. Negli ultimi anni, l'attuale gestione ha perseguito con coraggio il concetto di "prosperità comune" - ricorda Donald - dimostrando la volontà di stravolgere i campioni nazionali nella ricerca di una maggiore uguaglianza dei redditi. Questo ha portato a cambiamenti significativi in settori come l'e-commerce, l'istruzione online e il rideshare-hailing, in quanto le aziende sono state costrette a dare priorità al controllo dello Stato rispetto a una rapida crescita delle entrate e dei profitti”.

LE TENSIONI CON L’OCCIDENTE


“In contemporanea - aggiunge il manager di Lazard AM - l'Occidente ha risposto alla crescente importanza della tecnologia come preoccupazione per la sicurezza nazionale isolando attivamente i propri mercati dai prodotti tecnologici cinesi. Inoltre, l'alleanza strategica della Cina con la Russia durante il conflitto in Ucraina ha esacerbato le tensioni con i Paesi occidentali, innescando un forte calo degli investimenti diretti esteri. La combinazione di questi fattori interni ed esterni non solo ha ostacolato la crescita del settore tecnologico cinese, ma ha anche spinto le aziende ad adattarsi e riallinearsi agli obiettivi del governo”.

QUALI SOLUZIONI ADOTTATE DAL GOVERNO CINESE?


Per James Donald, direttore e responsabile dei mercati emergenti di Lazard AM, le soluzioni messe in campo dal governo cinese non bastano per invertire la rotta e posizionarsi sulla crescita: “A nostro avviso - spiega - la Cina non ha ancora implementato misure adeguate a stimolare i consumi interni e indirizzare gli investimenti verso le industrie in crescita. Anche se non prevediamo un impatto sostanziale sui tassi di crescita economica complessivi per il 2023, contrariamente alla credenza popolare, la mancanza di politiche efficaci rappresenta una potenziale minaccia di una spirale di debito e deflazione se non si innesca una ripresa entro il 2024. Le proiezioni del FMI mostrano che la Cina dovrebbe crescere del 5,2% per il 2023, un obiettivo che riteniamo possa essere raggiunto. Con il calo delle esportazioni e il raffreddamento della spesa al consumo, le prospettive economiche del Paese dipendono da una potenziale inversione di tendenza. Le autorità cinesi hanno segnalato un significativo allentamento delle condizioni precedentemente restrittive volte a frenare la speculazione immobiliare, ma il pubblico deve ancora rispondere con un aumento della spesa. La Cina ha optato per aggiustamenti minori, come la riduzione dei tassi di interesse e l’aumento della liquidità del mercato, che non sono riusciti a rafforzare la fiducia dei consumatori e delle imprese".

LA CINA E’ INVESTIBILE?


Alla luce di questo scenario, molti analisti ritengono il Paese “non investibile”. Non è il caso di James Donald di Lazard AM: “Non consideriamo la Cina non investibile - dice - ma pensiamo che l’esodo di capitali e il peggioramento del panorama economico sollevino preoccupazioni. A nostro avviso, identificare le opportunità più interessanti in Cina richiede un approccio attivo che si rivolga a determinate aziende con una serie specifica di caratteristiche, inclusi livelli elevati e sostenibili di produttività finanziaria”.

L’INCOGNITA TAIWAN


Per capire se il Paese orientale riuscirà a uscire dalla crisi, è importante tenere sotto controllo anche la situazione politica e in particolare cosa succederà con Taiwan: “La preferenza della Cina - analizza Donald di Lazard AM - sarebbe probabilmente il risultato di una ‘unificazione pacifica’ che eviti un’invasione violenta con conseguenze devastanti, non solo per le catene di approvvigionamento dei semiconduttori ma anche per la crescita economica globale. Sebbene l’unificazione sia impopolare e politicamente impraticabile a Taiwan, Pechino sembra credere che se continua ad aumentare i suoi vantaggi economici, militari e diplomatici, sarà in grado di persuadere, fare pressione e/o costringere Taiwan ad un’unificazione negoziata, a lungo termine. In caso di riunificazione con la forza militare, le catene di approvvigionamento taiwanesi verrebbero interrotte e la Cina sarebbe probabilmente soggetta a sanzioni occidentali severe e coordinate, con forse una sorta di risposta militare guidata dagli Stati Uniti”.
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