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Ripensare la globalizzazione: la lezione Usa tra scosse e sogni di grandezza

Ormai è sempre più chiaro: bisogna ripensare il sistema-mondo così come lo abbiamo sempre inteso. Gli States sono in prima linea in questo cambiamento, e da superpotenza ne stanno subendo tutti gli effetti. Senza però abbandonare i sogni di gloria

di Lorenzo Cleopazzo 28 Maggio 2023 10:00
financialounge -  cina globalizzazione sunday view USA

Ridurre le intensità delle onde. Questo è il compito principale dei frangiflutti, quei giganteschi ammassi di pietra sotto forma di lastroni, cubi o prismi che si trovano in qualsiasi porto di mare.

Sono lì, e volenti o nolenti devono sorbirsi le mareggiate e la salsedine, senza neanche potersi docciare per togliersi il sale di dosso. Sono lì e continuano a starci, in prima linea contro la spuma che lentamente erode le coste. Un esempio inanimato di resilienza, che si contrappone a un altro spunto dato dall’iperattivismo degli Usa degli ultimi tempi. Una potenza che sta vivendo un momento di assestamento, scossa dalle questioni attorno alla guerra in Ucraina, la battaglia interna per le presidenziali, l’inflazione che cavalca e la Fed che si contrappone, oltre che dalle continue tensioni con la Cina. In più, come se non bastasse, c’è anche chi ha annunciato un default del debito per i primi di giugno. Cosa peraltro già successa e smentita più volte dalla storia.

La Casa Bianca deve presidiare diversi limes, e forse non bastano delle palizzate in legno, come insegnavano gli imperi di un tempo. Forse perché i tempi cambiano, e siamo di fronte a una globalizzazione 3.0, dove i legami si fanno più flebili e la propagazione di certi effetti più ampia.

Il mondo sta cambiando di fronte a noi e super potenze come gli States ne stanno pagando il prezzo più alto, facendo da frangiflutti per il continente Europeo.

LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE


La citiamo spesso, ma purtroppo è un fattore che continua a essere importante: la guerra tra Russa e Ucraina è uno dei catalizzatori geopolitici ed economici di questi tempi. Mosca è imprevedibile e gli Usa – e come loro, molti altri – non sanno che direzione prenderà. Gli aiuti militari alle forze ucraine sono arrivati, un minimo ma importante sforzo per sottolineare la compattezza di tutti gli “Stati Uniti d’Occidente”, che stanno così spingendo il Cremlino tra le braccia della Cina. E non è certo una cosa positiva per gli Usa, che rischiano di trovarsi i loro due nemici alleati tra di loro. Si aprono così diversi scenari, e tra questi non sarebbe così assurdo vedere un domani la stessa Russia corteggiata proprio dagli americani, per contrastare lo strapotere di Pechino, come afferma Dario Fabbri, importante analista geopolitico e direttore di Domino, ospite al convegno organizzato da Amundi sgr in occasione del Salone del Risparmio.

Attorno a questa equazione ballano altri temi molto caldi, a partire dalla gestione dei dati da parte di TikTok, unica piattaforma non occidentale diffusa in occidente. Le amministrazioni americane la combattono, vorrebbero avere i suoi server sul suolo a stelle e strisce, ma intanto i dati di milioni di utenti sfrecciano sulla direttissima verso Pechino. Poi c’è un'altra questione che preoccupa il governo Usa e i governi di tutto il mondo, ed è la transizione energetica. Al di là delle tematiche ambientali, è chiaro che un movimento simile sposta non pochi interessi, specialmente se andiamo ad analizzare le motivazioni che muovono in diverse misure e in diverse direzioni i Paesi del globo.

Il panorama appare sempre più frammentato. Ė la crisi della globalizzazione? Oppure è solo una transizione?

IMPERI EGOCENTRICI


“L’universo è mutamento: la nostra vita è come la creano i nostri pensieri”. Lo scrive Marco Aurelio, saggio imperatore romano del secondo secolo dopo Cristo. Un gran bell’aforisma, che spunta fuori proprio da una civiltà che definiva la sua capitale come ‘Caput Mundi’ e il Mediterraneo ‘Mare Nostrum’. E in effetti ne aveva ben donde, visto che accentrava all’ombra del Colosseo tantissime popolazioni differenti.

Trovare un sistema imperiale che non fosse egocentrico è difficile, quantomeno in occidente. Forse perché storicamente abbiamo la tendenza ad accentrare nel Vecchio Continente - e successivamente anche negli Usa – la storia del mondo. Basta leggere sui libri di storia, quando si parla di ‘scoperta’ dell’America come se fosse stato l’Occidente a far nascere un nuovo continente semplicemente mettendoci piede per sbaglio.

Ci vien da dire che la globalizzazione è nata in seno al Mediterraneo, ma il regno Cinese commerciava in lungo e in largo ben prima di Marco Polo. Allo stesso modo lo strapotere dell’impero britannico settecentesco non ha ‘creato’ la globalizzazione, ma semplicemente ha iniziato un nuovo corso che assieme al declino della monarchia inglese ha perso anch’esso di quota.

Chiudiamo il libro di storia, ché a posteriori sono tutti bravi a fare delle analisi. Ma siamo pronti a giocare le nostre carte su un nuovo mutamento del modello globale oggi?

RITROVARE L’EQUILIBRIO


Lo conferma anche Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali all'Università Cattolica di Milano, che ai microfoni di FinanciaLounge.com ha parlato di nuove alleanze e nuovi equilibri che porteranno a un mutamento degli scambi commerciali.

Mutamenti esterni a tanti Paesi, Usa in primis, che però devono fare i conti anche con problematiche interne, come una campagna presidenziale agguerrita e che convoglia interessi differenti tra Democratici e Repubblicani. Lo scontro Trump-DeSantis sempre più acceso da una parte, mentre dall’altra Biden ha dalla sua moltissimi interventi a creare e rinsaldare diverse alleanze mondiali. Tutti movimenti che fanno nascere network diplomatici differenti da quelli a cui eravamo abituati, dove le relazioni commerciali rimangono – giocoforza – centrali, ma gli obbiettivi nelle diverse zone del globo si differenziano.
Vietato parlare di fine della globalizzazione, dunque. Perché se è vero quello che diceva Lavoisier, che in natura nulla si distrugge ma tutto si trasforma, allora questo vale anche per il substrato geopolitico che da sempre accompagna l’uomo.

Occidentale o meno che sia.

A leggere tra le righe la citazione di Marco Aurelio di poco sopra, diremmo che in fondo lui e Lavoisier non la pensavano poi così diversamente. Che forse è solo questione di cambiare prospettiva. Ma meglio farlo in fretta, che il mondo non aspetta.

BONUS TRACK


Cambiare forma al nostro sguardo, al nostro modo di pensare il mondo. Un po’ come i frangiflutti cambiano profilo da un porto all’altro. Che poi chissà che sagome hanno i frangiflutti in Cina.
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