La sbornia del Covid è ormai un ricordo. Il mondo sta tornando più o meno alla normalità (guerre permettendo) e le aziende tecnologiche, grandi o piccole, devono dire addio alla crescita inarrestabile del 2020-2021.
I big tech soffrono di più, perché più grande è l'albero più forte è il rumore quando cade, ma anche le start-up ultra innovative stanno soffrendo, e molte non riescono ad approdare in Borsa.
BOLLA TECNOLOGICA 2.0
La bolla tech sta dunque scoppiando? Gli indizi non mancano. Il primo arriva dalla più famosa bolla degli ultimi decenni: quella delle dotcom. Oggi siamo entrati in una
bolla tecnologica 2.0, con caratteristiche diverse, ma la sostanza resta la stessa: aziende che sembravano imbattibili che cominciano a licenziare e tagliare i costi. È la dura legge del mercato: la crescita non può durare per sempre e servono, perlomeno, dei momenti di pausa.
IL MEGLIO DEL NASDAQ IN DIFFICOLTÀ
I nomi delle aziende in difficoltà richiamano il meglio del Nasdaq, l'indice tecnologico di Wall Street che a fine maggio ha chiuso in calo per la sesta seduta consecutiva. Una cosa che non si vedeva, appunto, dalla bolla tech del 2000-2001. Da inizio anno il
Nasdaq è in calo del 22%, Meta (Facebook) segna perdite del 40%. Amazon, che sta affittando i magazzini a terzi, è in calo del 25%. Apple, che da qualche giorno non è più l'azienda più capitalizzata del mondo, nel 2022 ha perso il 17%.
LA RISCOPERTA VERSO IL VALUE
Numeri che sembravano impensabili fino a qualche mese fa, che stanno costringendo questi big della tecnologia a licenziare (come nel caso di
Netflix) a ridurre le assunzioni (Snap) o a limitare gli investimenti, come sta facendo
Meta. La sensazione è che si stia cominciando a preferire i "cari vecchi" titoli value rispetto ai growth. Un fenomeno di cui
abbiamo già parlato, non aiuta i titoli tecnologici, che storicamente sono investimenti più "futuribili" che soffrono nei periodi di rallentamento del mercato. Ma dietro la brusca frenata dei big tech potrebbe nascondersi una crisi più profonda.