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Investire in obbligazioni

Debito emergente, la rivalutazione sotto la lente Esg

Per i mercati emergenti la crisi da Covid-19 non è da sprecare ma ora è indispensabile un approccio Esg. Scenari sempre favorevoli al credito anche dopo il voto Usa

di Leo Campagna 9 Novembre 2020 09:33
financialounge -  idee di investimento obbligazioni Scenari

MAI SPRECARE UNA BUONA CRISI


La pesantezza di una crisi varia da persona a persona e da paese a paese. Nell’anno del Covid-19, la performance del credito emergente è stata più solida del previsto. Sia gli indici corporate che sovrani hanno ottenuto rendimenti positivi da inizio 2020. E da qui in avanti, l’elemento chiave di differenziazione tra i vari Paesi emergenti saranno i meccanismi che verranno adottati per affrontare la situazione, vale a dire, la qualità delle politiche e la capacità di gestire le sfide fiscali dei prossimi 12 mesi. L’analisi di Polina Kurdyavko, Head of Emerging Market Debt di BlueBay Asset Management, illustrata nell’articolo “Perché per i mercati emergenti il Covid è una crisi “da non sprecare” sottolinea come sia stata gestita la pandemia. Un numero alto di Paesi è stato in grado di adottare misure di allentamento quantitativo e provvedimenti a sostegno di aziende e consumatori, che si riflettono in indici PMI in solida ripresa solida, mentre l’aumento del debito è inferiore a molti Paesi sviluppati. Kurdyavko prevede che quasi un quarto dei mercati emergenti potrebbe chiudere l’anno con una crescita annua del Pil positiva.

ESG NELLA SELEZIONE DEGLI EMITTENTI SOVRANI


Per Aberdeen Standard Investments, l’analisi dei fattori ambientali diventa strategica quando si parla di analisi creditizia dei mercati emergenti. In pochi hanno provato un’integrazione sistematica delle metriche Esg nel processo di selezione degli emittenti sovrani e “noi siamo fra questi”, precisano nell’articolo “I titoli di Stato dei mercati emergenti sempre più Esg”, gli analisti di Aberdeen Standard Investments. Mettere al centro le metriche Esg, inoltre, significa ottenere un quadro più completo dei rischi. “Esistono prove empiriche a sostegno del concetto secondo cui i fattori Esg possono aiutare a ottenere un quadro più completo dei rischi concreti di credito in cui incorrono gli emittenti dei mercati emergenti sul lungo termine”, prosegue l’analisi di ASI. Non mancano ricerche in grado di dimostrare che i fattori Esg sono correlati al rischio sovrano dei mercati emergenti. Per Aberdeen Standard Investments, “a punteggi Esg compositi più alti, si associano spread creditizi più bassi e costi del credito inferiori”. La governance è la variabile più significativa per il rischio sovrano dei paesi emergenti. “Questa conclusione è in linea con numerose evidenze storiche, da cui emerge un chiaro legame tra insolvenze dei mercati emergenti e cattiva gestione economica e di bilancio” specificano i manager di
Aberdeen Standard Investments.

RENDIMENTI MIGLIORI NEGLI USA


Intanto, secondo Christian Hantel, Senior Portfolio Manager di Vontobel Asset Management, dato il periodo di maggiore volatilità alle porte, gli investitori possono trarre vantaggio da errori di valutazione e inefficienze del mercato. A parte le opportunità di raccolta dei rendimenti all’interno di obbligazioni dello stesso emittente denominate in valute diverse, l’aumento dell’attività delle banche centrali negli Stati Uniti e nel credito europeo ha fatto sì che gli spread in alcuni mercati si siano comportati in maniera diversa dal solito, creando opportunità di acquisto per gli investitori globali. “Qualsiasi debolezza del mercato può trasformarsi in un’opportunità di acquisto – le parole del manager di Vontobel nell’articolo “Voto Usa, l’incertezza dei mercati sarà temporanea: le aziende possono resistere alla volatilità” – a condizione che i fondamentali del credito degli emittenti siano oggetto di un’analisi approfondita”. Mentre l’economia statunitense è ancora in fase di ripresa, secondo l’esperto di Vontobel è probabile che il mercato del Nord America continui a offrire una raccolta di rendimento decente rispetto ad altri mercati locali in Europa o in Asia. Inoltre il costo per la copertura dell’esposizione valutaria è in diminuzione, fattore questo che ha attirato verso il mercato del dollaro statunitense investitori da tutto il mondo, come ad esempio quelli asiatici, interessati soprattutto alle obbligazioni societarie con rating IG.

SCENARI SEMPRE FAVOREVOLI AL CREDITO


Al momento, un gradino più su nella piramide del rischio potenziale c’è il coronavirus, con gli interrogativi sulla gravità che potrà raggiungere la seconda ondata in Europa e in Nord America e su quanto si può essere sicuri che nei prossimi due mesi arriverà un vaccino efficace. Se le notizie dovessero essere negative, gli investitori potrebbero prestare maggiore attenzione all’esito del voto americano, perché la necessità di rinnovare in modo consistente il supporto fiscale diventerà impellente. In caso contrario, spiegano nell’articolo “Voto USA, scenario positivo per il credito a prescindere dall’esito” gli esperti di Neuberger Berman, i mercati potranno concentrarsi nuovamente sui fondamentali economici e aziendali in attesa di riaperture e ripresa, con gli stimoli che tornerebbero in secondo piano, anche perché le misure già varate miravano a sostenere l’economia solo fino all’arrivo del vaccino o di trattamenti efficaci anti-virus. Quindi i primi due livelli della piramide sono favorevoli al credito, con un rischio minimo in caso di notizie negative sul versante del vaccino e dei contagi.

FIDUCIA NEL DEBITO CORPORATE


Infine, nell’articolo “Nuove misure Bce, fiducia nella curva dei tassi dell’euro” Mark Holman, CEO di TwentyFour AM, non si spinge a concludere che sia “via libera all’acquisto di titoli di Stato dell’Eurozona”, anche se un caso ragionevole può essere costruito per i Btp, dove lo spread sui Bund si è rapidamente contratto, ma raccomanda di avere fiducia nella curva dei rendimenti. Dal momento che i rendimenti dei titoli di Stato sono fortemente sostenuti, secondo Holman gli investitori possono acquistare il debito in euro delle imprese con fiducia anche a scadenze più lunghe. Questo perché, spiega ancora Holman, ci si aspetta che gli spread del debito corporate si riducano nel medio termine, mentre lo stesso non si può dire della curva dei rendimenti USA, dove il caso dei titoli del Tesoro più datati è più equilibrato, con una tendenza a rendimenti moderatamente più alti. Un fatto ulteriormente supportato dalla differenza sempre maggiore dei tassi di inflazione tra Eurozona e Stati Uniti. Secondo il CEO di TwentyFour AM inoltre la Bce è anche preoccupata per l’inasprimento delle condizioni del credito bancario. Succede in ogni recessione, ma fa parte del lavoro della Bce neutralizzare questo fenomeno con le sue politiche, per ottenere costi del credito più bassi per la maggior parte possibile dell’economia.
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