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Attese & Mercati – Settimana dal 21 gennaio 2019

Insight su cosa ci aspetta e cosa potrebbe sorprenderci nelle economie e sui mercati. Attesa per Draghi che darà la linea sullo stato dell’economia. Davos sottotono con tante assenze dei big. Cina e USA potrebbero mandare in pensione il WTO.

21 Gennaio 2019 08:33

IN ARRIVO UN GIOVEDI' DA DRAGHI


Il save the date della settimana è su giovedì 24, quando Mario Draghi presiede la riunione del board della Bce con il compito di fornire ai mercati un assessment aggiornato dello stato dell’economia europea dopo una seconda metà decisamente poco brillante di un 2018 che era partito nel segno dell’euforia. Draghi avrà a disposizione due nuovi numeri importanti: l’indice PMI flash di gennaio, che esce proprio giovedì mattina e che misura la salute dell’attività manifatturiera, e l’indice di fiducia ZEW, che invece esce martedì. Il PMI europeo è sceso a dicembre a 51,4 da 51,8 a novembre, sempre più vicino a 50, lo spartiacque che divide espansione da recessione. Lo ZEW, che misura il sentiment sull’economia sia in Germania che nella zona euro, è in caduta da tre mesi consecutivi. Finora Draghi ha mantenuto che rischi al ribasso (rallentamento e deflazione) e rischi al rialzo (surriscaldamento e inflazione) restino sostanzialmente bilanciati. Suggerirà che il minimo del ciclo è stato toccato? O che lo scivolamento in recessione è più vicino? Dopo aver chiuso ufficialmente il QE non gli restano molti strumenti da attivare. Ma potrebbe allontanare ancora nel tempo la fine dello stimolo monetario, che resta vivo con il riacquisto dei titoli a scadenza e con i tassi zero, e che ora ha come orizzonte la fine del 2019. Draghi ha anche a disposizione il mini-bazooka del Tltro, finanziamenti alle banche a condizioni particolarmente vantaggiose, una specie di pronti termine ma sulla scadenza di diversi anni.

DAVOS 2019, I GRANDI ASSENTI MA GIUSTIFICATI


Non è particolarmente originale il tema scelto dal World Economic Forum quest’anno per la discussione che da martedì 22 a venerdì 25 gennaio impegnerà i grandi del pianeta sulle nevi svizzere di Davos: Globalizzazione 4.0 (!). All’edizione 2019 le defezioni sono più vistose delle partecipazioni. Non ci saranno gli americani, a cominciare dal segretario al Tesoro Mnuchin che l’anno scorso aveva mosso il Forex affermando che un dollaro debole era nell’interesse USA, trattenuto a Washington insieme a tutti gli altri esponenti dell’Amministrazione da Donald Trump, con la scusa della serrata governativa. Ma non ci sarà neanche Xi Jinping, che due anni fa aveva scelto Davos come tribuna per proporsi come salvatore del mondo dal protezionismo di Trump appena eletto alla Casa Bianca. Allora gli europei si spellarono le mani per applaudire il nuovo leader globale, due anni dopo devono accontentarsi del vice Wang Qishan, mentre sembra che Pechino sia vicina a chiudere l’accordo commerciale bilaterale alle condizioni di The Donald. Non mancheranno il premier giapponese Shinzo Abe, la cancelliera Angela Merkel e neppure l’italiano Conte, ma saranno assenti Theresa May (per i britannici c’è il principe William) impegnata nel tormentone Brexit, insieme a Napoleon-Mignon Macron, alle prese con le giubbe gialle che da due mesi stanno mettendo sottosopra Parigi.

WTO A RISCHIO CON L’ACCORDO USA-CINA


Ancora non si sa come andrà a finire il negoziato sul commercio tra americani e cinesi, ma più si entra nel vivo e nei dettagli più una cosa sembra chiara: se si arriva a un accordo, davanti al WTO di Ginevra potranno appendere un cartello con su scritto ‘chiuso a tempo indeterminato’. I termini che gli americani stanno chiedendo di accettare ai cinesi sono infatti l’esatto opposto di come funziona l’Organizzazione ginevrina del commercio mondiale, che una volta si chiamava GATT, vale a dire General Agreement on Tariffs and Trade. Gli americani infatti non solo chiedono di mettere nero su bianco quanti e quali beni e servizi possono essere scambiati tra i due paesi e a quali condizioni. Vogliono anche che i termini fissati vengano sottoposti a verifica regolarmente, con tariffe e dazi sempre pronti a scattare se la controparte non rispetta gli accordi. Un meccanismo che somiglia a quello delle sanzioni: se non fai quello che ti impegni a fare scatta la punizione. A Ginevra invece se uno dei 164 membri ritiene di essere discriminato da un altro si rimette al giudizio di una commissione ad hoc. Per il WTO sarebbe una vera a propria nemesi storica perché fu proprio a Ginevra che alla Cina fu concesso l’ingresso a dicembre del 2001 nonostante la sua economia non offrisse molte garanzie di poter rispettare le regole di un commercio leale e senza trucchi. Il bilancio dei 17 anni passati da allora è misto: è esplosa la globalizzazione, la Cina ha messo a segno una crescita economica senza precedenti della storia, ma il resto del mondo e soprattutto i paesi sviluppati hanno di fatto sussidiato quella crescita imbarcando deflazione.
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