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Fondi comuni, nel 2019 gestione attiva e capacità di selezione faranno la differenza

Lo scenario macroeconomico più complesso e la volatilità tornata su livelli più elevati creano maggiore dispersione delle performance tra i diversi titoli. La capacità di selezione farà la differenza

2 Gennaio 2019 09:18
financialounge -  fondi comuni gestione attiva gestione passiva raccolta netta

I dati di Assogestioni sulla raccolta mensile dei fondi comuni in Italia del mese di novembre mostrano un mercato in forte decelerazione. Dopo i -4,37 miliardi di ottobre, lo scorso mese i fondi comuni hanno accusato deflussi per 3,38 miliardi: dal primo gennaio al 30 novembre 2018 il saldo totale si è attestato a 1,6 miliardi. Insomma, dopo tre anni da incorniciare, i fondi comuni stanno per chiudere un anno in forte contrazione in termini di raccolta netta. Basti pensare che nel 2015 furono capaci di raccogliere 87,7 miliardi, nel 2016 34,9 miliardi, e 77,3 miliardi lo scorso anno. In attesa di conoscere i dati del mese di dicembre che sigilleranno definitivamente l’intero 2018, vanno approfondite alcune questioni che impatteranno l’industria italiana del risparmio gestito il prossimo anno.

LO SCENARIO MACRO ECONOMICO


La prima riguarda lo scenario macro economico. E’ vero che, almeno per ora, si può parlare solo di rallentamento dell’economia e non di una recessione ma il quadro d’insieme mostra dati molto meno brillanti (soprattutto in Europa e Giappone) di quelli che si potevano constatare 12 mesi fa: se a questo si aggiunge che anche negli Stati Uniti verrà a scemare nel corso del 2019 la spinta fornita dal taglio fiscale promosso dall’amministrazione Trump, ecco che le prospettive macro risultano molto meno favorevoli anche per gli investimenti finanziari.

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LA VOLATILITÀ È TORNATA


La volatilità che è tornata sui mercati resterà e, forse, aumenterà di intensità a mano a mano che affioreranno notizie meno positive sull’economia, sui consumi e sul credito alle aziende e alle famiglie. Tuttavia , la maggiore volatilità tenderà a scompaginare i mercati, aumentando la dispersione di performance tra un titolo e un altro, anche all’interno dello stesso indice e settore.

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L’HABITAT NATURALE DEI GESTORI ATTIVI


E qui scatta la seconda questione. L’ambiente che si va configurando rappresenta l’habitat naturale dei gestori attivi che, tramite la ricerca di mercato, l’analisi dei bilanci, le valutazioni prospettiche delle aziende, dovranno selezionare con cura i titoli che si muoveranno meglio rispetto agli indici e alla media di mercato. In altre parole i gestori attivi che richiedono commissioni annue molto superiori a quelle dei fondi a gestione passiva (come per esempio gli ETF e i fondi indicizzati) sono chiamati a dimostrare che la lunga parentesi delle politiche monetarie ultra espansive, che ha inondato di liquidità i mercati incrementando in modo indistinto le valutazioni dei titoli, è finita. D’ora in poi conterà solo la bravura a scegliere i titoli delle società con le migliori prospettive evitando invece quelli sopravvalutati o destinati a accusare in modo significativo il rallentamento dell’economia e il rialzo dei tassi di interesse.
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