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Dazi, gli investitori sperano in un accordo USA-Cina al G20

Trump si è detto ottimista dopo la risposta di Pechino, ma restano ancora alcuni capitoli insoluti e la partita a scacchi potrebbe proseguire

20 Novembre 2018 09:32

Non è possibile stabilire quanto abbia inciso la guerra commerciale portata avanti dall’amministrazione Trump, ma è fuori discussione che sull’azionario cinese e sullo yuan ci siano stati impatti non trascurabili. L’indice MSCI China segna un -17% da inizio anno mentre la contrazione dello yuan sul dollaro è del 7% nel 2018, con un’accelerazione della tendenza al ribasso in primavera, in concomitanza dello slancio da parte di Washington sui dazi commerciali.


ECONOMIA CINESE IN CRESCITA TRA IL 6,5% E IL 6,6%


Ci si attendeva un rallentamento nell’economia di Pechino ma, almeno per ora, si è trattato solo di una lieve contrazione dal momento che il tasso di crescita del PIL cinese su base annua oscilla ancora tra il 6,5% e il 6,6%. “Potremmo assistere a qualche ulteriore alleggerimento nell’economia nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno e nel primo semestre del 2019, ma restiamo persuasi che le autorità cinesi mantengano un certo margine di manovra” dichiara Michael Lai, direttore degli investimenti, Cina e Asia-Pacifico di GAM Investments.


MARGINI PER CONTROBILANCIARE LA DECELERAZIONE


L’esperto resta infatti convinto che esistano spazi per controbilanciare ulteriori contrazioni del tasso di crescita cinese alla luce di alcuni provvedimenti adottati dalle autorità di Pechino: dalla riduzione dei coefficienti di riserva bancaria ai tagli fiscali più pronunciati nell’ambito delle spese per istruzione, della salute e cura della persona e negli interessi sui mutui. D’altra parte, come fa notare Michael Lai, l’economia di Pechino è sempre più orientata sui consumi interni e questo dovrebbe contribuire a ridurre gli impatti della guerra commerciale.

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GRANDE ATTESA PER IL G20


A questo proposito, il presidente Trump ha dichiarato nello scorso fine settimana di essere ottimista riguardo alla risoluzione della disputa commerciale con la Cina dopo aver ricevuto una risposta da Pechino alle sue richieste, in vista di un incontro con il presidente cinese Xi Jinping in Argentina a fine mese in occasione del G20.


SULLO SFONDO DAZI PER 267 MILIARDI DI DOLLARI


Trump ha tuttavia anche sottolineato ai giornalisti che, sebbene la risposta cinese sia stata in gran parte completa, mancavano ancora quattro o cinque importanti capitoli da affrontare. Il presidente Trump ha in ogni caso tenuto a ribadire che, in mancanza di un accordo con Pechino, gli Stati Uniti procederebbero con la minaccia di imporre tariffe addizionali per $ 267 miliardi di prodotti cinesi concludendo, però, che ci sono ancora margini per non muoversi in tal senso: i commenti del presidente statunitense segnalano il grande divario che rimane ancora tra le due parti.


LE DIVISIONI STRUTTURALI TRA USA E CINA


Michael Lai teme che le posizioni possano restare distanti per motivi strutturali. Da un lato la Cina difficilmente si incamminerà nel percorso liberal democratico di riforma politica che è stato tracciato nei decenni scorsi nel mondo occidentale. Dall’altro lato, l’amministrazione attuale di Washington, sia nella persona del presidente che dei propri collaboratori, evidenzia posizioni forti e inclini soprattutto a contenere le mire espansionistiche di Pechino piuttosto che relazionarsi con essa.


RIFLETTORI SULLA FEDERAL RESERVE


Alla luce di queste considerazioni Michael Lai, pur ammettendo il ruolo dominante della politica in Cina, non esclude uno scenario favorevole agli asset degli Emergenti, compresi quelli di Pechino. Uno scenario che si potrebbe configurare nel caso in cui la Federal Reserve ammorbidisse la propria politica monetaria facendo indebolire il dollaro.
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