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Anniversario del crac Lehman Brothers, tutte le lezioni

10 anni dopo Maria Paola Toschi illustra il nuovo scenario di mercato nel quale dobbiamo confrontarci anche per i prossimi anni e tutte le lezioni che gli investitori dovrebbero aver recepito

11 Settembre 2018 09:58
financialounge -  Crac credit crunch J.P. Morgan Asset Management Leman Brothers Maria Paola Toschi

Il 15 settembre di 10 anni fa, la banca d’affari Lehman Brothers portava i libri contabili in tribunale decretando il crac che avrebbe contribuito a scatenare la grande crisi economico – finanziaria 2008 – 2009. In questa intervista esclusiva, Maria Paola Toschi, Executive Director Market Strategist di J.P.Morgan Asset Management, illustra i cambiamenti avvenuti in questo decennio, le lezioni da trarne e l’analisi dell’attuale situazione in attesa della prossima recessione.

A distanza di 10 anni dal crac Lehman Brothers, quali sono i più importanti cambiamenti (in termini economici e finanziari) con i quali dobbiamo confrontarci anche per i prossimi anni?


La lunga e profonda crisi economica ha prodotto molti insegnamenti. In primo luogo ha insegnato quanto una recessione, che ha origine da forti squilibri dei mercati finanziari, possa avere delle implicazioni molto negative per effetto dell’aumento delle interconnessioni tra le varie economie. Il concetto della globalizzazione può sembrare un pò abusato ma mette bene in evidenza come dei problemi in una economia o in un settore possono produrre effetti molto più ampi di quanto ci si possa immaginare. Questo tema è emerso chiaramente non solo durante l’effetto a catena del credit crunch (riduzione delle concessioni di finanziamenti a imprese e privati, ndr) ma anche nel corso della crisi europea. All’epoca della crisi del debito sovrano europeo, abbiamo visto come i problemi di un paese relativamente piccolo e poco rilevante dal punto di vista economico come la Grecia abbiano avuto ripercussioni molto ampie su tutta l’Europa e tali in un certo momento da mettere addirittura a rischio l’intero progetto europeo.

Tuttavia dalle crisi, per quanto possa essere una parziale consolazione, si impara anche molto. Cosa ci può dire a tale proposito?


Restando in Europa, possiamo dire che le conseguenza della crisi finanziaria globale sull’Europa hanno prodotto un nuovo impulso portando alla creazione di una serie di strumenti e di istituzioni che oggi rendono l’Europa meno vulnerabile alle crisi finanziarie. Ha fatto riflettere su quanto sia stato fatto o non fatto in Europa e su come più Europa (e non meno) sia la strada da percorrere per rilanciare l’economia dell’area Euro. Dopo dieci anni dallo scoppio della crisi l’economia mondiale è più solida e sta viaggiando al di sopra del potenziale. Forse l’aspetto che rende il quadro globale ancora vulnerabile è più legato alla sfera politica. Abbiamo visto di recente un forte ritorno del populismo in molti paesi. Ciò sembra ancora la conseguenza dei problemi causati dalla crisi economica globale ed è una conseguenza della lunga crisi unita al tema delle migrazioni globali.

Quali invece sono le principali lezioni che un investitore (in particolare italiano) dovrebbe aver recepito?


Una delle principali lezioni è che bisogna stare attenti alle evoluzioni dei fondamentali ed evitare eccessi nelle proprie scelte d’investimento. I mercati possono avere dei periodi di volatilità legati a fasi d’incertezza, ma alla fine prevalgono i fondamentali ovvero i dati macroeconomici che sono di gran lunga le variabili che influenzano i mercati nel medio e lungo termine.

Adesso una sua personale valutazione: partendo dalle attuali condizioni economiche, sociali e finanziarie, in quali circostanze potrebbe materializzarsi una nuova profonda crisi come quella del 2008- 2009?


Le economie si muovono a cicli e quindi è possibile che prima o poi arrivi una fase di rallentamento o recessione. Ciò è assolutamente normale. E’ molto difficile prevedere con anticipo le fasi di recessioni proprio a causa di quel tema di globalizzazione già accennato. Inoltre la lunga fase di allentamento quantitativo che hanno portato avanti le banche centrali potrebbe aver portato a qualche distorsione sui mercati rendendo più difficile che alcuni indicatori che in passato funzionavano bene per predire le recessioni oggi siano meno attendibili. Questo è il caso per esempio della curva dei tassi americana (data dal differenziale tassi a lungo e breve termine) che in passato ha segnalato in modo piuttosto attendibile l’arrivo di una recessione nel momento in cui la curva mostrava un’inversione. Oggi questo indicatore potrebbe essere meno sensibile a causa della forte compressione dei tassi alimentata dall’azione delle banche centrali. In ogni caso, al momento non ci sono segnali o rischi di recessione. L’economia USA è molto forte e sta ancora guidando il trend a livello globale. Molte banche centrali sono ancora accomodanti (BCE, BOJ). Riteniamo che un nuovo periodo di recessione non sarà come quello visto nel 2008 che è stato eccezionale.

Un consiglio che si sente di fornire agli investitori?


Importante per gli investitori sarà cominciare a pensare a come prepararsi in futuro per rendere i portafogli più solidi di fronte ad uno scenario di recessione che al momento non è imminente. Ci sono molte strategie che si possono attuare. Una regola fondamentale resta la diversificazione. Inoltre si potrà cominciare a pensare a un approccio più prudente ai mercati azionari eventualmente limitando l’esposizione a quei settori e strategie che sono premianti soprattutto nelle fasi di espansione dei cicli economici (come settori ciclici o strategie growth o esposizione a small caps). Inoltre bisognerà introdurre strategie di portafoglio che possano essere meno correlate per rendere i portafogli meno esposti all’andamento dei mercati azionari.

Azioni, perché restano ancora la prima scelta (ma con giudizio)


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